Basilica Collegiata di S. Maria ad Martyres

Descrizione

Descrizione

Il Pantheon (dal greco Πάνθεον [ἱερόν] Pántheon [hierón], “[tempio] di tutti gli dei”) è un edificio della Roma antica situato nel rione Pigna nel Centro storico, costruito come tempio dedicato a tutte le divinità passate, presenti e future. Fu fondato nel 27 a.C. da Marco Vipsanio Agrippa, genero di Augusto. Fu fatto ricostruire dall’imperatore Adriano tra il 120 e il 124 d.C., dopo che gli incendi dell’80 e del 110 d.C. avevano danneggiato la costruzione precedente di età augustea.

L’edificio è composto da una struttura circolare unita a un portico in colonne corinzie (otto frontali e due gruppi di quattro in seconda e terza fila) che sorreggono un frontone. La grande cella circolare, detta rotonda, è cinta da spesse pareti in muratura e da otto grandi piloni su cui è ripartito il peso della caratteristica cupolasemisferica in calcestruzzo. La cupola ospita al suo apice un’apertura circolare detta oculo, che permette l’illuminazione dell’ambiente interno. L’altezza dell’edificio calcolata all’oculo è pari al diametro della rotonda, caratteristica che rispecchia i criteri classici di architettura equilibrata e armoniosa. A quasi due millenni dalla sua costruzione, la cupola intradossata del Pantheon è ancora oggi una delle cupole più grandi di tutto il mondo[1], e nello specifico la più grande costruita in calcestruzzo non armato.[2]

All’inizio del VII secolo il Pantheon è stato convertito in basilica cristiana(con l’editto di Costantinopoli) chiamata Santa Maria della Rotonda[3] o Santa Maria ad Martyres, il che gli ha consentito di sopravvivere quasi integro alle spoliazioni apportate agli edifici della Roma classica dai papi. Gode del rango di basilica minore ed è l’unica basilica di Roma oltre a quelle patriarcali ad avere ancora un capitolo[4]. Gli abitanti di Roma lo chiamano la Rotonna, o Ritonna[5] (“la Rotonda”), da cui deriva anche il nome della piazza antistante.

Il Pantheon è una proprietà del demanio italiano gestito dal MIBACT; nel 2013 è stato visitato da 6.579.988 persone; dal marzo del 2015 è in gestione del Polo Museale del Lazio[6]; il direttore è Giovanni Belardi[7].

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