Madonna dell’Acqua

Descrizione

Descrizione
L’attuale Chiesa della Madonna dell’Acqua, ex-chiesa parrocchiale di Mussolente, dichiarata “Santuario” con decreto del Vescovo di Treviso dell’8-12-1964 e affidata ai sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù (Dehoniani), è situata sul colle Castellaro (230 metri s.l.m.), il colle più elevato di Mussolente da cui si gode una panoramica eccezionale sulla pianura sottostante. Poco al di sopra della Chiesa  troviamo un capitello dedicato a San Nicolò (mezzo rovinato) a livello dell’agile Campanile dal basamento in pietra e dalla parte terminale conica in cotto.

BREVI CENNI STORICI DELLA CHIESA 

18 ottobre 1185
Rappresenta la prima data di un documento papale nel quale la pieve di Mussolente  viene citata. Questo documento è una bolla di Papa Lucio III, nella quale si dice che “Plebs S. Petri de Musculento cum cappellis et castrum et pertinentiis suis tam in spiritualibus quam in temporalibus”, cioè in sostanza che la Pieve di San Pietro di Mussolente è munita di chiesa, fonte battesimale, cimitero e quindi una comunità a se stante sia religiosamente che territorialmente, la cui giurisdizione sia religiosa che civile viene riconosciuta, nella stessa bolla, ai vescovi di Belluno.
Il documento dice che vi sono altre strutture religiose, ma non dice quali.  E’ probabile che si riferisse almeno alla chiesa di San Nicolò allora situata nell’area della fortezza del Castellaro, ritenendo che l’attuale capitello settecentesco posto nelle vicinanze del campanile dedicato proprio a san Nicolò sia un ricordo della vecchia chiesa.
Periodo precedente al 1636, anno del ritrovamento della statua lignea miracolosa.
Come già scritto,  in questa chiesa vi era certamente un altare dedicato alla Vergine e decorato con “la Madona e el bambin in figura”, significando che vi era una statua in legno della Madonna e di Gesù con un corredo di vari vestiti.
Vi è anche certezza che Jacopo dal Ponte nel 1541 stipulò un contratto per l’esecuzione di una  pala  (immagine sovrastante) raffigurante  Santi Orsola, San Valentino e  San Giuseppe (attualmente al Museo Civico di Bassano del Grappa), e di un pavimento dietro il quadro per proteggerlo dalla umidità, per lire 142 e 12 soldi e che ricevette il saldo per questi lavori  il  6 agosto del 1543.  Per questa chiesa la bottega dei Dal Ponte aveva già realizzato  altri lavori, ma nessuno di questi ad oggi è stato rintracciato.
Sia gli aspetti devozionali alla Madonna nei secoli precedenti alla prima documentazione sia le vicende della collocazione dell’altare e della immagine lignea sia le motivazioni del grande interesse dei Dal Ponte per questa chiesa finora non sono stati sufficientemente esplorati.
Nel 1695 vi fu un grande terremoto e la chiesa, già da tempo bisognosa di restauri, venne seriamente danneggiata. Non fu tuttavia demolita ma, restaurata, continuò la sua funzione di luogo di culto. Crollò anche il campanile, che venne ricostruito nel luogo attuale, mentre la chiesa di San Nicolò fu irrimediabilmente rovinata e venne quindi abbattuta. Al suo posto si edificò un “capitello” tutt’ora esistente.
Da Metà del Settecento (o più tardi) alla metà del Novecento
Si attuò una ricostruzione su progetto attribuito all’abate bassanese Danielo Bernardi (1729-1806): si abbatté una parte del vecchio edificio e si attuò un grande ampliamento. Quale fosse il risultato non ci è dato a sapere con certezza.  Viene citata  la presenza in un libro di preghiere della fine del ‘700  di un disegno raffigurante una chiesa ed un campanile: l’immagine che ne risulta è assai dissimile da quella attuale. (immagine sottostante). La Chiesa venne consacrata il 25 aprile 1802 dal vescovo di Belluno Sebastiano Alcaini.
I lavori di ristrutturazione e di ampliamento si protrassero per oltre un secolo: nel 1884 la chiesa mancava ancora della facciata, che fu ultimata solo nel 1898.
In questi stessi anni venne spostato il cimitero e fu ampliata una precedente via (la via Rotta, l’attuale Via XI Febbraio) per rendere  più facile l’accesso alla Chiesa parrocchiale.
Nonostante queste migliorie, iniziava a rendersi sempre più evidente il problema di una chiesa insufficiente all’aumento della popolazione  e il problema della sua collocazione isolata e distante ormai dai centri economico-sociali che nel frattempo venivano realizzati nella parte pianeggiante del comune.  Questi problemi potevano essere risolti con un nuovo centro religioso, ma per realizzare ciò si richiedeva una univoca volontà e un mucchio di soldi.
Passarono i decenni non tanto per il denaro ma per le divergenze sul luogo, sulla formulazione del progetto, ecc.
La Prima Guerra Mondiale sfiorò miracolosamente questo paese e in occasione dei ringraziamenti alla Madonna dell’Acqua con l’incoronazione della Madonna e di Gesù bambino, fu deciso di costruire nel centro topografico territoriale (allora deserto sia per costruzioni che per anime) il nuovo asilo a ricordo dei Caduti della immane tragedia del ’15-18. (Infatti il giorno successivo alla Incoronazione di Gesù e della Madonna il cardinale La Fontaine benedisse la prima pietra di questo asilo).
Nelle vicinanze poi venne innalzata un’ampia sala per il teatro e per le riunioni delle associazioni cattoliche. Questa struttura venne dedicata a San Pio X.  La sala progettata dall’ingegner Stecchini di Bassano aveva anche la possibilità di venir utilizzata come cappella per celebrare la Santa Messa, volendo con questo rappresentare un primo nucleo per il nuovo centro religioso del paese. Ma passarono ancora tanti anni di discussioni sul luogo dove erigere la nuova Chiesa e in questi anni continuava a crescere lo sviluppo sociale ed economico di Mussolente con nuove imprese di tipo industriale e di tipo artigianale e quindi con una diffusa migliore condizione di vita.
Nel 1935 si decise finalmente di dare il via al progetto di una nuova chiesa parrocchiale dedicata alla “Immacolata Concezione di Maria” in un luogo denominato da tempo come “braida” cioè come pianura aperta e non coltivata, luogo che nella realtà andava bene a tutti perché non scontentava nessuno!
Ma l’arciprete di allora don Giuseppe Capitanio, pur attivandosi nella raccolta di fondi e anche di massi per la costruzione, non aveva in mano nessun progetto avendone in un certo qual senso solo parlato con l’architetto Scudo di Crespano. La situazione precipitò quando nel 1938 per dissapori con i parrocchiani e sue difficoltà personali l’arciprete dette le dimissioni e si trasferì nella parrocchia di Borgo Montenero nel comune di San Felice Circeo nell’Agro Pontino che era stato bonificato da tanti contadini e braccianti veneti colà trasferiti nella speranza di migliorare le loro condizioni economiche.
Il vescovo di Treviso Monsignor Antonio Mantiero nominò nuovo arciprete don Fortunato Marchesan che, come vedremo in un altro lavoro, aveva per il suo passato una spiccata personalità, intelligenza e tenacia.  Oltre ad essere un eccezionale predicatore, era un grande organizzatore e in breve tempo seppe risollevare gli animi, risvegliare la religiosità dei suoi parrocchiani, e tessere quei rapporti personali che sempre possono aiutare nel raggiungere il fine desiderato tanto che il progetto di massima era già pronto nell’autunno del 1939, ma l’inizio dei lavori ritardò alla primavera del 1940 quando poi tutto si fermò per l’imminente entrata in guerra dell’Italia.
Don Marchesan non si perse d’animo e riuscì a mantenere sempre vivo il progetto della nuova chiesa, ma anche, nel frattempo, a convogliare le energie verso alcuni lavori di sistemazione e di decorazione della vecchia chiesa parrocchiale, significando con ciò come la vecchia chiesa, così importante nel cuore di tutti i misquilesi, non sarebbe mai stata abbandonata e che avrebbe avuto un ruolo sempre preminente nella vita religiosa del paese.
Così per tutta la guerra questa chiesa divenne il centro della fede e della religiosità.  Su idea di don Marchesan furono affidati alla Madonna tutti i giovani misquilesi chiamati alle armi, e con le offerte ricevute dai soldati e dalle famiglie l’arciprete dette inizio a dei lavori di abbellimento e di restauro affidati per la parte strutturale esterna ed interna agli architetti Luigi Maria Caneva (1895-1988) di Milano e   Fausto Scudo (1898-1977) di Crespano del Grappa; per un pavimento maiolicato nella Cappella della Madonna al ceramista Luigi Zortea di Bassano (questo progetto però non fu attuato); per  una serie di formelle marmoree formanti un ciclo della preghiera allo scultore Francesco Rebesco (1897-1985) di San Zenone degli Ezzelini; per  la realizzazione di un tabernacolo con chiusura dorata a sbalzo e di un crocefisso ugualmente dorato al gioielliere Antonio Gentilin di Treviso (1882-1966); per una serie di affreschi della vita della Madonna e di Gesù al pittore Luigi Bizzotto  (1903-1969) di Rossano Veneto; per  altri affreschi e monocromi nelle pareti del presbiterio e nella volta del medesimo con una dipintura generale e restauro dei già presenti affreschi del pittore Sebastiano De Boni (1763-1835) al pittore Valerio Giacobbo (1894-1979) di San Zenone degli Ezzelini.
Da questi lavori ci è giunta l’attuale Chiesa della Madonna dell’Acqua.

LA STATUA DELLA MADONNA DELL’ACQUA di Vasco Bordignon

I dati storici indicano che già nel XVI secolo all’interno della Pieve ad unica navata di forma rettangolare, oltre all’altare maggiore posto alla parete orientale del presbiterio decorato con la Pala di Andrea da Murano (di cui parleremo nel “Santuario”), vi era certamente un altare dedicato alla Vergine e decorato con “la Madona e el bambin in figura”, significando che vi era una statua in legno della Madonna e di Gesù con un corredo di vari vestiti.
Questo dato ci dice che a Mussolente, ancor prima del miracoloso ritrovamento della statua della Madonna dell’Acqua, vi era una consolidata tradizione di venerazione della Madonna.
Che questo fosse vero, nel 1635, in occasione di una visita pastorale, si trova annotato: “Sta in devozion di queste genti in tempo di arsura dopo esser molto che non habbi piovuto, di portar in processione l’immagine della SS.ma Vergine facendola portare a quattro donzelle non maritate”. Si sottolinea 1635, vale a dire un anno prima della scoperta sul torrente Volon di Mussolente della Statua miracolosa della Madonna dell’Acqua.
Per comprendere il “miracolo” dobbiamo precisare due situazioni: una di tipo religioso nella Valle di Santa Felicita, ed un’altra di tipo idrografico.
Parliamo della Valle di Santa Felicita. Essa prende il nome di una monaca padovana, badessa del monastero di Santa Giustina, morta nel 500 d.C.  In questa località certamente vi era un monastero, ma non si sa da quale anno. Certamente esisteva nel 1404 quando per scarsità di disciplina e incuria della struttura le suore furono costrette ad andarsene e vennero sostituite da eremiti Gerolimini. Ma anche tra i frati nel tempo non mancarono litigi, imbrogli, beghe, insubordinazioni tanto che intervenne sia Roma che Venezia.  Il 1° giugno del 1524 “il NH Angelo Querini, procuratore del monastero di santa Felicita in Romano, diocesi di Padova e territorio di Asolo, faceva commettere dai capi del Consiglio dei Dieci al Podestà, di dar ordini, perché le porte poste preso quel monastero rimangano chiuse”. Questo disordine secondo quanto viene riportato da Bortoli  suscitò la collera del cielo “ il quale, nei suoi giusti giudici, aveva preparato il flagello che doveva far scomparire per sempre l’Abbazia di S. Fidà”. (1)
Per quanto riguarda la situazione delle acque del territorio di Romano e di Mussolente, coinvolto nella storia, è interessante quanto scrive il Prof. Gabriele Farronato. Per quanto riguarda la situazione di Mussolente  l’autore  ricorda come  ci fosse “… un polo produttivo dell’arte della lana, sviluppatasi lungo la valle del Volon… Presso la località Sega c’era una segheria di legname, ma fin dal suo ingresso in territorio di Mussolente il Volon è stato suddiviso in mille rivoli, tali da selezionare poca acqua per tutti gli artigiani. La sua portata è limitata, in grado di muovere le ruote a pala poco a monte della strada Marosticana. Il problema di poneva nel periodo estivo in tempo di siccità, seguito da qualche piena  come avviene periodicamente. Oggi ci sono le esondazioni, ma allora il crescere improvviso del livello dell’acqua oltre un metro mandava in rovina molte ruote idrauliche che dovevano essere tenute a pelo d’acqua.”
Ora il suddetto flagello si verificò il 15 luglio 1636: uno spaventoso ciclone con una eccezionale caduta di pioggia si riversò con grande potenza dai dirupi della montagna spazzando via tutto quanto trovava nel suo percorso: il monastero fu distrutto e gli eremiti messi in fuga. L’effige della Madonna che veniva venerata nella chiesetta del monastero, dopo essere stata travolta alla furia delle acque e del vento, veniva ritrovata poco tempo dopo tra le sabbie del torrente Volon a Mussolente, da un certo Favero Sebastiano, in località Prefil, poco distante a nord del Borgo Faveri.
Si gridò al miracolo! Infatti l’acqua di Santa Felicita (dalla quale ha origine la Lugana) non avrebbe mai potuto  penetrare nel bacino del Volon , che trova la sua alimentazione dalla Fontana Alta di Borso (oggi Molini) e dalle piene tra il Covolo di Crespano e Borso.
La già presente  costante devozione popolare della Madonna  quale unica protettrice dei vari fenomeni atmosferici venne da questo “miracoloso” ritrovamento ancor più cementata nella fede popolare. L’effige della Madonna, battezzata “Madonna dell’Acqua o del Volon o del temporale”,  confermò ancor più la sua provenienza divina  da un successivo miracolo della guarigione di una donna gravemente ammalata e ormai moribonda, miracolo tramandato dalla gente di generazione in generazione.
Nel 1639 la statua della Madonna trovò dimora nella Chiesa parrocchiale sul colle Castellaro.
Nel 1882 vi fu una epidemia di “angina” con numerose morti tra i bambini. La gente si votò alla Madonna e l’epidemia cessò. Il voto della gente si concretizzò nella lampada che pende in mezzo al suo altare. [questa angina chiamata nei testi coevi come “angina maligna” è stata successivamente identificata con l’angina difterica, per la scoperta negli essudati nel 1883 da parte di Edwin Klebs di un batterio chiamato Corybacterium diphtheriae]
Un altro voto durante la guerra 1915-1918  per aver scongiurato alla popolazione il  minacciato sgombero per le vicine battaglie sul Monte Grappa e sul fiume Piave, trovò compimento nella incoronazione della Madonna e di Gesù , compiuta domenica 8 agosto 1920 dal cardinale di Venezia Pietro La Fontaine.
All’inizio della Seconda Guerra Mondiale si fece un altro voto alla Madonna, quello di realizzare una opera grande in suo onore se li avesse preservati dalla distruzione della guerra. Già nel 1942 si realizzò l’artistico tabernacolo della Madonna con i nomi di tutti i soldati misquilesi in guerra. Finita la guerra si procedette ad un abbellimento della Chiesa : all’esterno si pose la balaustra con le statue, le cui colonnine hanno le stesse misure di quelle in legno presenti nel parapetto del Ponte degli Alpini [questo fu voluto proprio dal parroco Don Fortunato Marchesan che mandò un giorno il signor Mario Baccega a Bassano a prendere le misure esatte]; e all’interno la Chiesa fu arricchita dalle opere dei pittori Rebesco e Bizzotto [da Vita del Popolo del 29/07/1979 riportato in “Ricordando Mons. Fortunato Marchesan..”]. (in realtà con Rebesco si intende Francesco Rebesco scultore di San Zenone degli Ezzelini e con Bizzotto si intende Luigi Bizzotto pittore di Rossano Veneto: ne parlerò più ampiamente nel lavoro sul Santuario)
La Chiesa della Madonna dell’Acqua divenne Santuario con un decreto dell’8-12-1964 del vescovo di Treviso e fu affidata ai sacerdoti del Sacro Cuore.
La festa della Madonna dell’Acqua cade ogni domenica e successivo lunedì di agosto, ogni anno.

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