Madre della Misericordia di Tizio  

Descrizione

Descrizione

Santuario di Tizio detto anche Santuario della Madonna delle Tese o della Misericordia che è sempre stato al centro di una viva devozione popolare.

Fu costruito verso la fine del’400 quasi a dominare dall’alto la frazione della Piazza. Purtroppo su questo monumento, per quanto riguarda la fase più antica, sappiamo ben poco.

Notizie più precise abbiamo nel 1578 quando il 15 gennaio, forse per voto di peste in via di scomparire, vengono eletti tre deputati perché seguano l’ampliamento della chiesa “della Gloriosa Madre Maria di Tizio”.

Osservando la datazione dei dipinti parietali, si può affermare che anteriormente al 1578 esisteva la zona presbiteriale, i due altari ai lati dell’arcone sacro e la prima campata dell’aula vicina al coro, perché gli affreschi votivi scoperti con i restauri del 1983/85 voluti dal parroco don Alfio Venturoni ed eseguiti dai Fratelli Scalvini di Bagolino recano date degli ultimi decenni del XV e dei primi del XVI secolo.

Distrutta da un incendio il 24 febbraio 1697 assieme a tutta la contrada di Tizio venne poi ricostruita ed abbellita

Ha una facciata linearmente semplice con un portale in pietra e con un rosone e archetti pensili di pietra di singolare bellezza e semplicità.

Si propone ad una sola navata con pareti suddivise in quattro spazi da tre lesene in pietra.

L’altare, acquistato nel 1812, appartenne probabilmente alla chiesa di S. Chiara in Brescia.

Lo sviluppo ad aula unica ed il semplice portale in pietra con alto architrave coronato dal timpano triangolare, rimandano a un architettura religiosa piuttosto diffusa sul territorio bresciano nella prima metà del ‘500.

Tra le manifestazioni di devozione più vive è la festa della “Madonna del Bavorgo” istituita a compimento di un voto nel momento in cui il 31 agosto 1757 il paese era minacciato da una tremenda inondazione, assieme all’altro di edificare la parrocchia di Collio. Il voto della festa venne rinnovato nel 1850 e nel 1882 in occasione dell’ultima alluvione.

I dipinti murali conservati nella chiesetta sussidiaria di Tizio, oggi purtroppo deteriorati nelle tonalità originarie, costituiscono un tesoro particolarmente prezioso, per la qualità esecutiva.

Lungo la parete destra dell’aula, in corrispondenza dell’ultima campata abbiamo tre riquadri dipinti in sequenza: Sant’Antonio abate, la Madonna in trono con Gesù Bambino e San Luca e la Madonna in trono con Gesù Bambino e San Giovanni Battista che riportano nelle rispettive iscrizioni le date 1537, 1537 e 1545.

Sulla parete sinistra del presbiterio abbiamo altri tre dipinti sovrapposti: la Natività di Gesù affiancata da Sant’Apollonia nel livello inferiore, la Madonna in trono con Gesù Bambino e i santi Rocco e Antonio abate. Nella lunetta superiore, si leggono solo due iscrizioni che documentano le date 1545 e 1550.

La Sant’Apollonia, sebbene non datata, è da collocare comunque negli stessi anni.

Nell’insieme tutti i soggetti – tranne le rappresentazioni a figura intera di sant’Antonio abate e di sant’Apollonia – rimandano a un ciclo quasi esclusivamente mariano, scelta che si rivela a maggior ragione comprensibile se si tiene conto della dedicazione della chiesa.

In totale il tema della maternità di Maria, è proposto per ben nove volte nella variante della Madonna “in trono con Gesù Bambino” steso sul grembo o seduto sulle ginocchia, codificato in un genere iconografico infinitamente replicato sull’intero territorio provinciale.

In particolare, il Bambino affiancato dai santi Rocco e Antonio abate, che porta al collo e ai polsi una collanina e due braccialetti di grani di corallo rosso, ripropone una simbologia medievale che considerava questo materiale un amuleto con caratteristiche apotropaiche (non a caso san Rocco è invocato contro le pestilenze).

A partire dal ‘400 le sante Apollonia, Agata, Caterina e Lucia, oltre che ai santi Antonio abate, Rocco e Sebastiano sono poste per il loro valore taumaturgico a protettrici dalle epidemie, e delle carestie.

Sebbene le raffigurazioni siano prettamente legate alla devozione popolare – chiaramente esplicitata in alcune iscrizioni: […] PER PIA GRATTA FO DIMANDANDA RE; […] I545.6.ZUGNO/ […] EX VOTO) -, esse si inseriscono pienamente nella cultura artistica val-trumpina di metà Cinquecento, che a sua volta si innesta sulle personalità di spicco della tradizione pittorica bresciana (Foppa, Pietro da Gemmo, Romanino, Moretto ecc.).

Sull’arco trionfale si intravede l’immagine del Padre Eterno coperto dalla volta aggiunta in seguito e che ha mutilato l’affresco.

Ai lati a destra è la B. V. Annunciata e a sinistra l’angelo annunciante.

L’ambiente raffigurato è tradizionalmente la casa di Maria composta da due stanze collocate a sinistra e a destra dell’ arco trionfale: a sinistra l’Arcangelo Gabriele inginocchiato tiene nella mano destra il giglio – simbolo dell’Immacolata Concezione – mentre con l’indice dell’altra mano indica Dio Padre mantenendo lo sguardo verso Maria che occupa la stanza a destra.

Anche lei è inginocchiata con le mani incrociate sul petto e il capo chino, affiancata dallo scrittoio e dal leggio che fungono da quinta ai due coniglietti bianchi, allusione alla Castità e alla Vittoria sulle passioni.

Sulle pareti laterali di sinistra in corrispondenza della prima campata troviamo sei frammenti di figure di santi e che rappresentano, dall’alto a sinistra in basso a destra procedendo a zig-zag: Antonio abate, Fermo, Pietro apostolo, Paolo apostolo, Carlo Borromeo e Francesco di Sales.

E veniamo ora alle pareti del presbiterio. Sulla parete di destra (guardando l’altare) abbiamo in basso la fuga in Egitto divisa da una finestra mentre in alto l’Annunciazione. Sulla parete di sinistra in alto una Natività di Gesù e sotto la Visita dei Re Magi (o adorazione dei re magi).

In totale quindi abbiamo 4 scene.

Nelle vele della volta sono ritratti S. Gregorio e S. Girolamo, mentre degli altri due Padri della Chiesa occidentale, cioè S. Agostino e S. Ambrogio, non restano che esilissimi frammenti.

Dal punto di vista stilistico tutte le raffigurazioni possono essere riferite a un’unica mano, come dimostrano la qualità sempre alta dell’esecuzione.

Questi affreschi su alcuni testi fra cui l’enciclopedia Bresciana di Don Fappani sono attribuiti a Bernardino Gandino che li avrebbe eseguiti nel 1617.

Recentemente il sopral1uogo (vedi a tal proposito il libro… a firma di … ) tale attribuzione è contestata in quanto la data riportata non è “1617″ bensi “1677″, mentre purtroppo non sono più leggibili le due righe inferiori nelle quali Fappani interpretava il nome del Bernardino Gandino. Posticipare l’esecuzione dei dipinti di sessant’anni esclude però la mano del pittore bresciano morto più di vent’anni prima.

Mi sembra che il ciclo vada piuttosto collocato nell’ambito della tradizione veneto-bresciana postmanierista. In effetti le tinte rosate e terse tipiche del colorire veneto collocano i nostri affreschi in una sorta di ~snodo artistico” tra Pietro Avogadro (Brescia, 1667-1737) e Pompeo Ghitti (Marone, 1631-1703), suo primo maestro, anche in virtù della qualità del disegno che delinea con cura i volti, i capelli, i decori delle stoffe, indice della particolare attenzione da parte di questo pittore verso il segno grafico.

E veniamo all’altare maggiore dove il milanese Giuseppe Nuvoloni, detto il Panfilo, firmò, datandola 1677, (“Assunta”), racchiusa in una fastosa ancona commissionata nel 1675 a Faustino Bonomi di Avenone e a Giacomo Faustini di Chiari.

Il centro del santuario è sempre stata la piccola icona della Madonna Bizantina una tempera particolarmente venerata del XVI sec. rappresentante la Madonna col Bambino tempera su tavola cm. 75 x 48 dell’area culturale della Scuola di Nicola Tzafouris, artista locale del secolo XV.

Il pregio dell’opera è dato dal fatto che a Creta non si conserva alcun esemplare della produzione.

L’icona è racchiusa in un tabernacolo di preziosa eleganza, oggetto di particolare venerazione.

Difficile è sapere per quali vie il dipinto sia approdato al santuario di Tizio di Collio. Potrebbero essere stati dei devoti locali, addetti alle galee della Serenissima, o dei reduci della battaglia navale di Lepanto o – forse con più probabilità – dei mercanti o degli stampatori avvezzi a frequentare Venezia.

Secentesche sono le due tele “S. Michele” e “Decollazione di S. Giovanni Battista”, la prima collocata sull’altare laterale di destra e l’altra sulla parete sinistra della navata.

Entrando sulla parete di destra si trova una tela raffigurante la B.V. col Bambino e, ai piedi, i SS .Sebastiano, Lorenzo, Rocco e Antonio ab.

Una seconda tela raffigura la Madonna col Bambino fra gli angeli con ai lati S. Giovanni B. e S. Gerolamo.

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