Maria SS. Addolorata

Descrizione

Descrizione

La Chiesa dell’Addolorata si trova in Via Cesare Battisti a Gradisca d’Isonzo, comune in provincia di Gorizia e rappresenta uno degli edifici d’arte sacra più importanti della città.

Con la trasformazione di Gradisca in Fortezza dal 1476 al 1498, la Serenissima decise di affidare la cura religiosa della cittadella e delle guarnigioni ai Servi di Maria, ordine in grande espansione che Venezia stava favorendo. Così durante la luogotenenza del cavalier Giovanni Emo i frati si stabilirono a Gradisca nel 1481, dopo che già erano giunti a Udine (1479), poi ad Aviano (1480) e in seguito a Valvasone (1484).

Come sappiamo da un documento dell’8 marzo 1481 conservato all’archivio di Venezia, i serviti ebbero il compito di fondare un convento e ad esso annessa una chiesa, nei pressi di una “chiesiola” già esistente, da intitolare al Santissimo Salvatore alla cui protezione era dedicata la fortezza.

Giunti i padri da Venezia alla fine del 1481, i lavori cominciarono e coprirono il periodo di tempo fino al 1498. Su sollecitazione del Doge Mocenigo, papa Sisto IV concesse l’indulgenza plenaria a quanti vi lavorarono o la finanziarono.

L’edificio con il convento venne inserito negli isolati creati dalla struttura cittadina della fortezza, che ricalca il sistema ortogonale del campo romano, quindi in allineamento con le altre case. Il complesso conventuale è posto sulle due strade principali di collegamento alle mura. Non essendoci ancora il il castello che verrà costruito nel 1585, rappresenta l’edificio più importante, pensato anche come estrema difesa in caso di caduta delle mura.

Il 6 agosto 1505 si giunse alla consacrazione della chiesa, realizzata in forme gotico-rinascimentali e che aveva anche una torre campanaria con una campana. Sembra che il progetto sia da attribuire ad Alberto da Lugano.

Di come fosse anticamente la disposizione interna disponiamo di una relazione del 1570 redatta dall’abate Bartolomeo conte di Porcia che ci dice che vi erano quattro altari laterali e dei manoscritti di Gasparo Baldini del 1747 che ci informano che i due altari laterali di destra erano dedicati a San Girolamo, Sebastiano e Rocco il primo e ai santi Marco, Giorgio e Martino il secondo. Questi altari accolsero le reliquie dei santi martiri Felice e Gerone.

Nel 1568 il conte Giacomo d’Attems, quinto capitano della fortezza, decise che l’edificio a fianco della chiesa sarebbe stato destinato a residenza ufficiale dei capitani, al posto della Casa dei Provveditori. Vi furono fatte delle modifiche architettoniche.

Nel 1601 viene dotata di un organo e nel 1603 vi fu una radicale riforma interna, con rifacimento degli altari che cambiarono anche intitolazione. Nel 1621 il capitano barone Antonio de Rabatta fa chiudere il vicolo che divide la chiesa dalla vicina residenza del capitano, facendo poi unire i due edifici. Tramite un’apertura al I piano, il capitano poteva accedere direttamente alla chiesa dalla sua residenza. Nel 1670 si restaura la sacrestia, mentre nel 1698 è la volta del coro che viene anche dotato di un nuovo organo.

Nel 1748, su progetto di Paolino Zuliani, si procede ad una ristrutturazione generale della chiesa in chiave più barocca, che interessa la facciata, le finestre, il portale, il soffitto e sostituisce l’arco gotico prima del presbiterio con uno a tutto sesto.

Nel 1769, all’indomani della divisione del Patriarcato di Aquileia nelle arcidiocesi di Udine e Gorizia, dovuto agli atriti tra Venezia e l’Austria, i Servi di Maria che provenivano per lo più dall’area veneta, vengono sostituiti per volere di Maria Teresa d’Austria con quelli provenienti da Innsbruck. Il vicino palazzo sarà acquistato in seguito dall’imperatrice per 8000 fiorini e donato il 29 marzo 1770 ai padri serviti.

Si ebbe una nuova ristrutturazione del convento nel 1771, mentre un decreto cesareo interesserà il complesso nel 1778, impedendovi le sepolture che avevano ormai raggiunto il numero di quattrocento.

Sul finire del secolo, nel 1797, giunsero le truppe francesi guidate da Napoleone che occuparono tutta la repubblica di Venezia e invadendo parte dei domini arciducali. Gli equilibri secolari vennero sconvolti. Nel 1810 durante il regno italico francese (1805-1814) venne ordinata la soppressione di tutti i conventi e la confisca da parte del demanio di tutte le proprietà dei religiosi. Tra questi il convento di Gradisca che verrà chiuso con l’allontanamento dei serviti. Si riuscirà a portare in salvo in duomo l’altar maggiore prima della vendita del bene.

Nel convento in seguito verrà allocata la farmacia con la sua residenza, mentre la chiesa rimarrà in stato di abbandono sino al 1845, periodo durante il quale la chiesa venne adibita anche a stalla e magazzino. In quell’anno i coniugi Coassini l’acquistarono donandola al comune con l’obbligo di riaprirla al pubblico. Il 16 settembre del 1850 la chiesa viene riconsacrata al culto ed intitolata alla Beata Vergine Addolorata, che dal 1744 era la protettrice della città. Inoltre da moltissimi anni vi era un contrasto con il clero secolare perché anche il duomo era intitolato al Salvatore ed essendo stato fondato prima, ne pretendeva l’esclusiva. La domenica successiva alla riconsacrazione vi fu la solenne processione per la deposizione della statua dell’Addolorata dal duomo alla sua chiesa.

Trovatasi Gradisca a ridosso del fronte nella Prima guerra Mondiale, verrà coinvolta negli eventi bellici. Durante la rotta di Caporetto, il 27 ottobre 1917 nella chiesa dell’Addolorata scoppiò un vasto incendio che la distruggerà pressochè completamente.

Su impulso del Genio Civile, venne ricostruita tra il 1921 e il marzo del 1923 ad opera della ditta Vittori-Gherdol-Michelazzi, che rifarà la copertura e ristrutturerà l’edificio, coprendo i finestroni della facciata e restituendo l’occhio sulla sommità dove era stato posto un orologio. Il pavimento verrà fatto alla veneziana. L’altare maggiore è dedicato all’Addolorata mentre il primo di destra, che è quello del 1548, a San Giuseppe. Il secondo di destra dal 1940 è intitolato a Sant’Antonio. Il primo di sinistra è intitolato a Santa Rita mentre il secondo, del 1940 è dedicato ai Sette Santi Fondatori dell’ordine dei Servi di Maria.

Nel 1954 la chiesa dell’Addolorata verrà dotata di una sala parrocchiale e nel 1956 dall’ex convento verrà ricavata una sala cinematografica. La costruzione dell’ingresso alla sala costringerà alla demolizione dell’ala nord del convento, in pessime condizioni, facendo perdere però la lettura dell’unità architettonica del complesso.

Il 18 maggio 2010 nella chiesa dell’Addolorata si è verificato il crollo di una parte del soffitto della navata centrale. Dopo la messa in sicurezza, nel 2015 si cominciato il restauro, tramite i finanziamenti pubblici e il concorso economico dei fedeli.

Le origini di una devozione e della statua

L’origine della devozione alla Madonna Addolorata è molto antica e si può ben pensare che non sia di molto successiva a quel 6 agosto 1505, quando Girolamo de Franceschi, suffraganeo del patriarca di Aquileia consacrava la chiesa dedicandola al Ss.mo Salvatore. Il tempio, eretto su indicazione del Doge Giovanni Mocenigo, sarebbe dovuto servire per i bisogni spirituali della nascente cittadella gradiscana.
Poco o nulla è dato sapere sulle origini della statua della Madonna Addolorata, in quanto la storia diventa leggenda: “Una pia tradizione racconta, che le acque dell’Isonzo trasportassero la statua di legno, rappresentante la B.V. dei dolori  presso le mura della città, e precisamente dietro la Chiesa dei PP. Serviti, di dove venne levata dalle acque ed onorevolmente trasportata e posta sull’altare de’ Santi Marco, Giorgio e Martino, che in seguito alla Vergine benedetta fu dedicato. Di qui ebbe i suoi inizii quella devozione che crebbe mirabilmente, quando, istituita l’Arciconfraternita dedicata a questa Beata Vergine, Papa Clemente VII, con Breve 21 aprile 1603, concedeva speciali privilegi ed indulgenze”.
La devozione all’Addolorata crebbe a tal punto da convincere la Deputazione gradiscana a proclamarla, nel 1744, Patrona e Protettrice della città. Da quel fausto avvenimento si stabilì di istituire una processione da farsi con regolarità la Domenica di Passione; questa consuetudine venne mantenuta per parecchi decenni, mentre dal 1850 – a ricordo della riapertura della chiesa dopo la devastazione napoleonica – si passò alla terza domenica di settembre, come tutt’ora è tradizione.

Musica per l’Addolorata

Da sempre le celebrazioni dell’Addolorata sono state accompagnate dalle note di valenti cantori e musicisti: le cronache parrocchiali annotano sin dal 1783 che “nella chiesa dei Padri Serviti, per la solennità di Maria Vergine Addolorata, previo l’invito, cantò messa solenne il parroco, accompagnato da bellissima musica”, mentre nel 1784 la Messa fu “accompagnata da bella musica eseguita da questi signori dilettanti gradiscani, e da diversi musici della banda militare di Gorizia”; nel 1798, invece, si segnala “Musica dei dilettanti gradiscani e dei musici del Reggimento ungherese Alvinzy”.
Anche nel corso dell’Ottocento numerose sono le annotazioni dei vari cronisti che menzionano sempre la presenza di cantori e musicisti per la festa dell’Addolorata. Ad esempio nel 1805 “la messa fu accompagnata da scelte musiche tanto di questi dilettanti che di altri musici venuti da Gorizia”. Notizie più dettagliate nel 1814 quando si legge che “il parroco ebbe la messa solenne accompagnata con musica di strumenti di arco e fiato”, mentre nel 1870 è annotata una Messa cantata e l’“orchestra fu composta da dilettanti esclusivamente del luogo”. Nel 1898, “Il giorno 18 settembre, invitato dal parroco si degnava di venire a tenere un solenne pontificale e a guidare la solita processione l’amatissimo Principe Arcivescovo Giacomo dott. Missia, che celebrò la messa accompagnata da un coro robusto e rinforzato da buone voci di fuori. Il coro cantò la messa “Hoc est corpus meum” a tre voci del maestro don Lorenzo Perosi, che per Gradisca rappresenta una novità”.
Nel Novecento le descrizioni si fanno sempre più dettagliate ed interessanti: nel 1923 “Messa  celebrata al mattino con grande assistenza di clero e col canto della messa perosiana, la Pontificalis, accompagnata dalla ormai celebre orchestra dell’Itala sotto la esperta direzione del signor maestro Slanisca. La “Schola cantorum” di Bruma, coadiuvata da uno stuolo di fanciulle eseguì alla perfezione la parte di canto. All’Offertorio le fanciulle eseguirono con grande effetto parte dello “Stabat Mater” a due voci del Bottazzo”.
Durante la processione “la banda gradiscana suonava ad intermezzi il tradizionale “Stabat Mater”, impressionando religiosamente i cuori di tutti quelli con quella patetica melodia”.

Nel 1927 “accompagnò il rito sacro un robusto coro, che sotto la direzione del bravo maestro Marcello Slanisca, eseguì la Messa Pontificale Prima del m.o Perosi, come pure dei bellissimi mottetti al Graduale e all’Offertorio. Rientrata la processione in chiesa fu eseguito, sotto la direzione di un sacerdote molto appassionato per l’arte dei suoni, il Molto Rev.do parroco della chiesa di Santo Spirito don Sisto Avian, da poderoso coro distribuito a quattro voci, lo Stabat Mater del m.o Rheinberger. L’esecuzione di questa composizione, che nella festa dell’Addolorata è fatta sentire annualmente anche nella chiesa della SS. Annunziata a Firenze, fu ascoltata con vera e devota attenzione dalla folla che gremiva la vasta chiesa”.
Nel 1933 “la schola cantorum locale eseguì la Missa Pontificalis II del m.o Perosi. Nel pomeriggio, dopo la predica, uscì devota ed ordinata la tradizionale processione che, guidata dal Rev.mo dott. Delfabro, tra le dolenti e patetiche note dello Stabat Mater del Haydn-Tartini, ben sostenuto dalla banda cittadina, percorse le vie Battisti, Dante, Piazzale Unità e per via Ciotti fece ritorno in chiesa. Veniva quindi esposto il Santissimo ed impartita la Benedizione Eucaristica. Alla funzione pomeridiana venne eseguito “O salutaris” del Nider, “Stabat Mater” del Tomadini e “Tantum ergo” del Perosi, sotto la direzione del sig. C. Delfabro, con all’organo il m.o Valentino Patuna. Il canto popolare del “Mira il tuo popolo” pose termine alla bella solennità”.

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