Maria SS. d’Alemanna

Descrizione

Descrizione

La chiesetta del santuario di Maria SS. dell’Alemanna o della Manna fu edificata nel XII secolo; si ha notizia che essa già nel 1243 era retta dall’Ordine Militare dei Religiosi Teutonici iniziatori probabilmente del culto della suddetta santa. Nel 1540, dopo che la chiesetta fu abbandonata dal menzionato Ordine, il Pontefice Paolo III, dietro istanza del Marchese Don Giovanni Tagliavia e Aragona, ne concesse il patronato agli abitanti di Heraclea-Terranova. Intorno al 1550 la chiesetta fu quasi interamente diroccata e ricostruita. Maria SS. dell’Alemanna è Patrona della città di Gela sin dal 1627. La chiesetta, resasi pericolante per  l’usura del tempo, fu diroccata negli anni Sessanta per essere riedificata. Fu riaperta al culto il 15 settembre 1985.

Trasferimento dell’icona della Madonna in città tre volte l’anno in corteo solenne, “presenti il Governatore e i Magistrati in eleganti carrozze” e seguita da tutto il popolo -in gennaio alla chiesa del Carmine, in occasione dell’annuale ricorrenza del terremoto del 1693; -nel mese di maggio esposizione solenne in chiesa Madre; -nell’ultima domenica di agosto per i festeggiamenti patronali del successivo otto di settembre; Dopo tali tradizionali riti il quadro della Patrona era riportato al santuario in processione. Durante la Seconda Guerra Mondiale e da diversi decenni a oggi l’icona bizantina della Vergine ha avuto ed ha casa nella Chiesa Madre.

Dalle cronache storiche si sa che nei vari secoli fu demolito e ricostruito ben cinque volte (fonte Luigi Aliotta) 1241 nascita di una probabile cappella; 1400 ricostruzione cappella-santuario; (1) (dopo 159 anni) 1540 ancora ricostruito tranne l’abside della cappella; (2) (dopo 140 anni) 1700 demolito e ancora ricostruito; (3) (dopo 160 anni) 1860 minacciando rovina, fu demolito; 1865 ricostruzione in stile neo-classico; (4) (dopo 165 anni) Su un cartiglio dell’arco interno si leggeva: “D.O.M. Alla Gran madre d Dio – L’unica patrona di Terranova – Il popolo devoto questo precipuo tempio riedificava – 1865” 1911-1912 adibito a lazzaretto durante l’epidemia di colera; 1943 saccheggiato durante lo sbarco Alleato; Nel dopoguerra ospita diverse famiglie indigenti; 1948 viene restaurato e riaperto al culto; 1951 la cura del santuario è affidata alle Suore Cappuccine del Sacro Cuore; 1969 chiuso al culto perché pericolante; 1973 demolizione; 1984 Ricostruzione su progetto dell’Ing. Ugo Granvillano (5) (dopo 108 anni) Settembre 1985 benedizione e riapertura al culto; Riconferma affidamento, custodia e cura alle Suore Cappuccine; 2011 chiusura al culto. TOTALE N. 5 RICOSTRUZIONI con una media di 146,4 anni tra una ricostruzione e l’altra. Dal 2017, per iniziativa del rinato Comitato Pro Santuario Maria SS. D’Alemanna, sono riprese le attività di promozione e valorizzazione del luogo di culto per una rapida riapertura.

Autori che nel tempo si sono riferiti al santuario Mongitore in Monumenta Historica sacrae dumus mansionis, scrive di aver letto nelle tavole del notar Pietro de Fronda di Adernò che il “presbitero Filippo Francesco, previo testamento del 22 aprile 1243 istituiva suo erede “Fr. Fridericum Teutonicum pro parte Ecllesiae  S. Mariae Theutonicorum quae est in Eraclea (Terranova)”. Rocco Pirro in Sicilia Sacra scrive: “Siracusanae Ecclesiae notizia: Terranova – 9 – Ord. Milt. Religiosorum Theutonicorum S. Mariae de Alemanna seu vulgo de Menna magnae devotionis in feudo Marganae  aedes hospitalis olim erat nunc subjicitur praeceptori ejiusdem ord. sacrae mansionis Panormi”. Vito Amico (1697-1762) nel Dizionario Topografico della Sicilia (di Gioacchino Di Marzo) scrive: “Nel feudo di Morgana, giusta il mantovano Pirri, sorgeva la casa di S. Maria de Alemania dei Teutonici, suffraganea alla sacra magione di Palermo. Oggi appresso la Porta Caltagirone tragittato per un ponte un fiumicello, osservasi l’elegantissima chiesa della Madonna volgarmente della Manna, dove si venera dai cittadini con religiosa pietà l’antico quadro della Beata Vergine del medesimo titolo, di cui sicccome patrona si celebra solenne festività con fiera nel giorno 8 settembre”.

Damaggio Navarra nel libro Maria dell’Alemanna in Terranova del 1915, scrive delle varie tradizioni intorno alla provenienza dell’effigie bizantina: …Vogliono alcuni appartenesse in epoca assai remota a viandanti ebrei, i quali ne fecero dono agli avi nostri, che chiamarono della Manna, forse dal cibo che nutrì gli israeliti nel deserto. La dicono altri rinvenuta sotterra, ove poi sorse la chiesetta, e presso una pianticella di “lamanna” (carduus vulgaris), donde il suo nome, ivi nascosta durante la persecuzione degli Iconosclasti o nel dominio de’ Saraceni in Sicilia… Io tralasciando siffatte leggende, ricordo ai lettori  che secoli or sono ergeasi , con la chiesuola, un Ospizio di Religiosi Teutonici di Santa Maria de Alemanna i cui Frati prestavan culto alla Diva Signora, da essi certamente arrecata… …venuto meno l’Ordine dei Teutonici e ruinato il Cenobio, rimase in cura ai cittadini che ne proclamarono la Titolare nostra Avvocata, protettrice e Patrona…”. Giuseppe Pitrè.

MARIA SS. DELL’ALEMANNA – Sec. XIII – Autore anonimo – Dipinto su tavola di quercia di cm. 67 X 52 con uno spessore di cm. 1,5Icona bizantina (la cui arte si è sviluppata nell’arco di un millennio, tra il IV ed il XV secolo) di Maria SS. d’Alemanna che è chiamata protettrice e Patrona della città di Gela. Dipinto bizantino su fondo oro dove spicca la Madonna vestita di maphorion (mantello) color marrone, con un manto blu adornato di decorazioni e fregi a girali in oro blu cosparso di stelle dorate, che mostra il Bambino già grande; il volto della madonna è leggermente reclinato, una dolcezza tutta materna. I racconti popolari, tramandati da generazione in generazioni, parlano del rinvenimento della venerata icona di Maria SS. d’Alemanna in un modo miracoloso intorno al 1476. Si narra infatti che un contadino mentre arava la terra si accorse che i suoi buoi non proseguivano più; pensando che si trattasse di un ostacolo proveniente da qualche corpo duro sottostante il terreno, il contadino si mise a scavare, anche con la segreta speranza di trovare un tesoro nascosto, ma quale non fu la sua meraviglia quando le sue mani cominciarono a tirar fuori una tavola sulla quale s’intravvedeva una immagine dipinta: era l’effige della Beata Vergine nascosta lì per evitare la distruzione degli iconoclasti. Nel momento stesso in cui estrasse dal terreno l’intero quadro, il contadino si accorse che i due buoi si erano inginocchiati. Si ipotizza che l’icona sia stata portata qui tra il 1220 e il 1243 dai Cavalieri Teutonici (gli Alemanni) che fondarono una magione per i pellegrini che andavano in Terrasanta.

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