Beata Vergine della Misericordia

Descrizione

Descrizione

Il Santuario di Santa Maria della Misericordia, costruito dal 1513 al 1525 su disegno dell’architetto S. Agostino de Fondutis, sorge sul luogo delle quattro apparizioni della Madonna ad una pia donna castelleonese, Domenica Zanenga, nei giorni 11, 12, 13, e 14 maggio dell’anno 1511.

Le fonti storiche sulle sacre apparizioni e sul Santuario sono da ricercare in alcuni documenti di archivio e in due scritti di indubbio valor storico: la “Castelleonea” di don Domenico Fiameni del sec. XVII e la “Castelleonea sacra” di Mons. Alessandro Pagani Parroco di Castelleone dal 1800 al 1820.
I tempi in cui avvengono i fatti prodigiosi, che nella vita religiosa di Castelleone lasceranno un segno profondo, sono inquieti, tumultuosi.

Castelleone fu sempre terra di confine, quindi di contrasti e di lotte violente tra Crema e Cremona, tra Milano e Venezia; fu perciò periodicamente oppressa e molestata da truppe mercenarie dell’una e dell’altra parte. Per gli abitanti del borgo queste frequenti contese erano causa di vessazioni, di distruzioni materiali e di dolorose rovine spirituali.

Il 15 maggio 1509 giungono sotto le mura del Castello, che si ergono possenti sotto la vigile ombra della torre d’Isso, le truppe armate che combattono al servizio del re di Francia. Dopo un’eroica resistenza i castelleonesi si arrendono onorevolmente, conservando i privilegi loro concessi dalla Serenissima nel 1499.

E’ tuttavia una breve parentesi: tre anni dopo Castelleone sarà ripresa dai veneziani.

E in questa alterna vicenda storica che si inserisce la sequenza delle quattro apparizioni della Vergine Maria Madre di Misericordia.

 

LA VEGGENTE

Umile protagonista di questa grandiosa vicenda è una donna del popolo: Domenica Zanenga. Nasce nel settembre del 1461 dai coniugi Antonio e Orsola Cominetti, nella contrada Boffalora di Castelleone.

La sua è una vita semplice, serena, anche se tribolazioni e difficoltà le procurano amarezze e lacrime: la sua religiosità profonda sempre la sostiene e la conforta. Rimasta presto vedova, con i due figli Lorenzo e Comino, attende al lavoro dei campi. Coltiva una vigna a nord di Castelleone, oltre la roggia Orfea, di proprietà del Parroco Paolo Omodei.

Domenica era ricca di fede e di timor di Dio, di spirito di penitenza; gli stessi fatti prodigiosi di cui fu protagonista e che riempirono tutta la sua vita, nulla tolsero o aggiunsero alla sua attività quotidiana.

Dopo la straordinaria avventura del suo incontro con la Vergine, Domenica rientra nell’ombra, nel silenzio: più intenso è solo il ritmo della sua preghiera e delle sue penitenze.

Nel maggio del 1520 Domenica muore. Nel suo ultimo pellegrinaggio alla Misericordia era stata accompagnata da una folla orante. La sua salma, da allora, riposa nel Santuario della dolce sua Signora. Sulla tomba una iscrizione latina ricorda ancora oggi al pellegrino la grande missione compiuta in umiltà da questa donna: QUI NELLA PACE DEL SEPOLCRO
RIPOSA COLEI ALLA QUALE
UN TEMPO LA MADRE DI DIO
PIÙ VOLTE APPARVE
E MUOVENDOLE INCONTRO
LE RIVOLSE LA PAROLA.

LE SACRE APPARIZIONI

Là nella vigna, in una pausa del suo lavoro, mentre nel silenzio quieto della campagna Domenica prega, la Vergine le appare avvolta da luce singolare.
È l’11 di maggio 1511. Alla meraviglia attonita della pia donna fa riscontro la dolcezza serena di Maria che fa di lei, umile e semplice, la messaggera della Misericordia Divina.
“Alzati, Domenica, non temere! Io sono la Madre di Misericordia.
– Tutti preghino Dio e facciano penitenza dei loro peccati. Troppo è offeso il Signore.
– Assicura tutti che io non mancherò mai di intercedere per i peccatori pentiti e di ottenere per loro perdono e misericordia.
– Si facciano pubbliche preghiere e rigorosi digiuni nei giorni di mercoledì, venerdì e sabato.
– Siano santificati e non profanati i giorni di festa.
– È mio desiderio che si costruisca in questo luogo una chiesa e sia chiamata Santa Maria della Misericordia”.
La celeste visione scompare. Domenica ritorna al paese e va, secondo l’indicazione della Madonna, a portare il suo Messaggio.
Nessuno però le crede: non il vice parroco Matteo da Ponte, non i Consoli; anzi la trattano da pazza e le ordinano di tornare alla sua casa e di guardarsi bene dal mettere in giro voci di presunte visioni.

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Il giorno seguente, 12 di maggio, Domenica, tutta rattristata, ritorna al suo lavoro. La Vergine le appare la seconda volta; riconferma le sue richieste e le domanda una collaborazione di sofferenza; porterà due segni di dolore nel suo povero corpo: è resa muta e storpia.
“Torna al Castello – dice la Vergine – rinnova le mie richieste. Sarai creduta ed io ti ridarò la salute.”
Domenica, muta, con la mano rattrappita e il corpo mezzo paralizzato, faticosamente si trascina alla chiesa parrocchiale; il vice parroco e i Consoli sembrano attenderla. E un dialogo penoso; le autorità la interrogano e Domenica risponde con gesti e con segni.
Narrano le cronache che un prete, Don Giacomo Zoveni, buono, ma incredulo, presente all’interrogatorio, prende per mano Domenica, come a scuoterla e richiamarla alla gravità delle sue affermazioni; ma egli stesso rimane menomato nella mano e nel braccio. Viene steso un rapporto intorno ai fatti e inviata una delegazione a Cremona perché riferisca al Vicario della Diocesi Mons. Baldassarre Cavagnino.
Intanto la popolazione, conosciuti i fatti, vuol vedere Domenica, parlarle. A malapena i figli riescono a difenderla dalla curiosità dei concittadini.
Il 13 maggio, Domenica sente il richiamo del luogo del suo incontro con la Madonna. Accompagnata dai figli e da una folla orante va alla vigna. C’è anche quel povero prete provato dolorosamente nel corpo a causa della sua incredulità. Dopo un po’ di tempo, trascorso in preghiera sia dalla veggente che dalla folla, ecco per la terza volta lì, accanto a Domenica, la Madonna, la conforta, la rassicura e le ripete: “Ritorna al Castello, ripeti i miei desideri. Tutto ti sarà creduto”. In quell’istante Don Zoveni è guarito. D’ora in avanti sarà il più ardente difensore di Domenica.
Da Cremona intanto sono tornati i Delegati del Prevosto e dei Consoli con la risposta del Vicario Generale: “Si osservi tutto quanto Domenica ha domandato a nome della Madonna”.
Il notaio Giacomo Arnolfo scrive l’ordine dei Consoli per il giorno seguente: “Tutto il popolo si rechi alla vigna delle sacre apparizioni”.

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Il 14 maggio tutta Castelleone è la, oltre la roggia Orfea. Ci sono i confratelli del Consorzio di Maria Vergine e quelli di S. Pietro Martire; ci sono i Monaci di Santa Maria in Bressanoro; c’è tutto il Clero della Parrocchia guidato da don Matteo Da Ponte; ci sono al completo le Autorità del Borgo. Infine c’è Domenica, condotta su un rustico carretto e seguita da una folla immensa.
Per la quarta volta ella vede la Madonna che, come segno della sua presenza le ridona la salute; anche moltissimi ammalati, là convenuti in quel giorno, guariscono improvvisamente. La Madonna rinnova le richieste e le promesse fatte nella prima apparizione, poi scompare.

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Ora che la Madonna ha parlato, la terra castelleonese risponde. Ed è una risposta che, iniziata in quel lontano 11 maggio 1511 è continuata e si è allargata nei secoli fino ai giorni nostri.
Il Santuario sorse quasi subito nella verde pianura, a gloria di Maria e come asilo di pace ai tribolati, agli erranti, ai sofferenti che in lunghe file vi accorsero per deporre ai piedi della Madre Celeste le loro pene, le loro angosce, i loro peccati.
E in questo luogo santo la Madre della Misericordia ha continuato a largheggiare in benedizioni e grazie come nei giorni delle sue apparizioni.

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Quasi a confermare gli avvenimenti prodigiosi e come a garantire la vita e gli sviluppi del Santuario, quasi subito iniziarono e poi continuarono le visite autorevoli dei Vescovi: quella di Gerolamo Trevisano nel 1522; di Benedetto Accolti nel 1543; di Federico Cesio nel 1558; nel 1556 di Nicolò Sfondrati che poi divenne Papa Gregorio XIV; nel 1600 quella di Cesare Speciano; del Card. Paolo Sfondrati nel 1608; di Giovanni Brivio nel 1620; del Card. Pietro Campori nel 1623. Presenze così frequenti e così qualificate alle quali si aggiunsero nel tempo Bolle e Brevi Apostolici dei Pontefici, in diverse occasioni e tempi, confermano, chiarificano e rendono più sicuri i favori elargiti dalla Madonna e la considerazione in cui era tenuto il Santuario.
In tempi anche più vicini e fino ai nostri giorni, Pastori venerati ed insigni e folle e organizzazioni cattoliche sono accorsi a questo asilo di pace a portare omaggio di fede e di pietà a Maria e a ricevere da Lei la materna carezza della Misericordia.

L’ARTE

A poco più di un chilometro dal paese, in mezzo al verde dei campi, si innalza il Santuario della Misericordia.
L’insieme della costruzione colpisce per l’equilibrio dei volumi che si muovono agilmente nello spazio, per la grazia degli ornati che ne alleggeriscono e rendono mosse le murature.
L’11 di maggio del 1513, ricorrendo il secondo anniversario delle apparizioni, fu benedetta e posta la prima pietra da Don Matteo Da Ponte con licenza del Vescovo di Cremona e per delega del Parroco di allora, il milanese Don Paolo Omodeo.
L’architetto autore di questo gioiello artistico è Agostino Fondulo o De Fondutis, che progettò e diresse la costruzione dall’anno 1513 al 1525.

 

L’ESTERNO DEL SANTUARIO

Il corpo della fabbrica presenta attualmente uno spiccato sviluppo a croce latina per l’aggiunta di una campata agli inizi di questo secolo (nel 1910 su progetto dell’Ing. Valcarenghi di Castelleone). L’aggiunta della campata di accesso, se da un lato poteva essere giustificata da una maggiore esigenza di spazio, dall’altro ha nuociuto all’unitarietà dell’insieme della costruzione, alterando le intenzioni dell’Architetto che ne aveva elaborato l’originario progetto.

 

LA FACCIATA E IL CORPO CENTRALE

La facciata non è perciò quella originaria: allungandosi di una campata la chiesa, la primitiva fu abbattuta. L’attuale fu costruita molto simile a quella precedente. In essa si ripetono i motivi ornamentali in cotto delle nicchie, delle cornici, dei rosoni, delle losanghe che in successione ritmica si sviluppano nelle campate originarie come nei due transetti e nelle pareti del corpo absidale a forma pentagonale. Elegantissima poi la cupola poligonale che si innalza all’incrocio dei transetti.

 

L’INTERNO

La costruzione è ad una sola navata con volte a vela. La prima campata, legata al rifacimento effettuato all’inizio del secolo, è decorata a motivi geometrici monocromi, eseguiti ad imitazione degli ornati ottocenteschi che rivestivano tutto l’interno prima dei restauri del 1965.
Al limite della seconda campata (ove con intenzionale rispetto è stata lasciata allo scoperto nel pavimento la sagoma della primitiva facciata) è visibile, in tutta la sua bellezza ed armonia, la linea del disegno del De Fondutis: le due campate distinte da lesene, i due transetti e il presbiterio, gli archi sobriamente decorati, il tamburo e la cupola. Il tutto è scandito da cornici in cotto di squisita fattura, riportate alla semplice eleganza della loro originale funzione decorativa. Il pavimento, realizzato nel 1965 in sostituzione del primitivo in cotto, è in marmi policromi: le pareti sono state tinteggiate in modo da dare singolare risalto alle modanature.
Stando sotto la cupola si gode la visione più completa e più bella del Santuario: i volumi dell’abside, dei transetti e della navata, sono la base di un ardito tamburo e di una cupola che richiamano la matrice insuperabile di Santa Maria delle Grazie in Milano.
Nel tamburo si aprono tredici nicchie (raffiguranti gli Apostoli e il Cristo). La cupola, a calotta distinta in tredici spicchi, è in laterizio a vista.

 

LA DECORAZIONE PITTORICA

Subito dopo la morte dell’architetto De Fondutis era stato chiamato a lavorare in Santuario un pittore certamente dotato di notevole sensibilità artistica, cui appartengono le tredici figure che compaiono nelle nicchie del tamburo: il Cristo e gli Apostoli (la figura di Giuda è sostituita da quella dell’Apostolo Paolo). Sotto ogni nicchia compare il nome della figura corrispondente. Gli studiosi attribuiscono questo lavoro ad un Anonimo Bramantinesco.
Nei quattro pennacchi sono invece le figure degli Evangelisti, eseguite da Pietro Mariani, castelleonese, nel secolo XVIII.
Nelle ancone degli altari laterali appaiono pregevoli resti di una decorazione del tardo ‘500. Le due composizioni superstiti rappresentano la Crocefissione e la Trasfigurazione (quest’ultima di evidente ispirazione romana, essendo parzialmente copia della famosa opera di Raffaello).
In presbiterio sono visibili due tele di Angelo Bacchetta (1862), che raffigurano la Deposizione e la Resurrezione di Cristo. Nella fascia centrale dell’arco del presbitero sono dipinte le quattro scene dell’apparizione della Madonna a Domenica Zanenga.

 

IL PRESBITERO E L’ALTARE

La sistemazione del presbitero è stata realizzata nel 1936 in occasione del primo cinquantenario dell’Incoronazione, su progetto dell’Architetto Ing. Aresi di Milano. Se il lavoro appariva abbastanza riuscito allora, ora risulta fuori luogo per l’evidente contrasto che balza immediato fra la semplicità e l’eleganza della navata e la pesantezza dei marmi di rivestimento e dell’altare.
L’anno 1989 sono state tolte le Balaustre, posto un nuovo altare, dove si celebra la S. Messa, un nuovo Ambone con i quattro Evangelisti e un nuovo Crocifisso.
Le tre opere in bronzo dello scultore Maurizio Zurla di Crema.

 

PENITENZIERIA

Se ne sentiva un gran bisogno e l’anno 1992 si è realizzata la PENITENZIERIA. I due artistici confessionali sono opera di Sonni Giovanni, artigiano castelleonese, del 1860.

 

VIA CRUCIS

Nel 1995 sono state poste le Via Crucis, scolpite in legno, opera di un Maestro di Ortisei.

 

LA STATUA DELLA MADONNA

Non erano ancora trascorsi cinquant’anni dall’apparizione (1560) che i castelleonesi “desiderosi di far sempre qualcosa alla detta Chiesa si risolsero di far intagliare a rilievo una immagine di Maria Vergine”. I Reggenti andarono a Cremona e “accordati con l’eccellente scultore Giovanni Paolo Maltempo cremonese, ebbero la bella e desiata immagine che spira certo misericordia et modestia et nobiltà talché mai viddi una simile et portata a Castelleone fu benedetta dall’allora Prevosto don Gian Battista Pozzi et trionfalmente accompagnata alla Misericordia”. E il Fiammeni annota che oltre ai castelleonesi vi presero parte “quasi infiniti forestieri”.
Mons. Pagani nella sua “Castelleonea Sacra”, dopo averla detta “bellissima, pregiabile”, così descrive la statua: “la altezza può dirsi al naturale ed è tutta ben intagliata nei suoi panneggiamenti, e dipinta, così che non occorrerebbe vestirla. Ma come il popolo amava vedere le statue vestite.., così anche questa vedesi vestita”.
Purtroppo, condiscendendo all’uso del tempo, per adattarle degli abiti preziosi, la statua venne sfiancata, mutilata e quindi rovinata. Ed è un vero miracolo che si sia rispettato il volto dall’espressione soavissima, spirante materna bontà. La statua è stata restaurata grazie al contributo locale del Mercatino piccolo dell’antiquariato, che ha provveduto anche al restauro dell’abito e del manto a ricami d’oro.

 

LE TAVOLETTE VOTIVE

Tra i dipinti in possesso del Santuario c’è una serie di ex voto, ora depauperata in seguito ad un furto sacrilego avvenuto alcuni anni fa: sono la testimonianza di una devozione secolare e un segno della gratitudine della gente di Castelleone per favori spirituali ottenuti dalla loro Celeste Patrona.

– In preparazione all’ANNO SANTO del 2000 è stato rifatto il tetto del Santuario e del chiostro. Un nuovo impianto di illuminazione e di riscaldamento per il Santuario e alcuni locali per l’ACCOGLIENZA.
– In occasione del V Centenario delle Apparizioni (11-14 maggio 2015) sono stati restaurati gli affreschi della cupola dell’abside e delle cappelle laterali.

 

IL VIALE

Il borgo di Castelleone è collegato con il Santuario da un bellissimo viale asfaltato, ingentilito da un duplice filare di ippocastani.
La primitiva strada di collegamento fra il paese e il Santuario partiva da Porta Isso, e fu abbandonata nel 1817, quando venne aperto il nuovo viale eseguito su progetto dell’Ing. Carlo Venturelli e per volontà del Dott. Antonio Cogrossi, deputato provinciale, il quale raccolse il suggerimento dato dall’Imperial Regio Governo che stimolava i Comuni e le Provincie a compiere opere pubbliche al fine di incrementare la massima occupazione della mano d’opera locale. Il viale fu completato definitivamente nel 1821.

 

3- LA DEVOZIONE ALLA MADRE DI MISERICORDIA

Madre di Misericordia: questo è il titolo che la Madonna ha scelto per sé nel Santuario di Castelleone. Custodi di questo titolo sono tutti i castelleonesi, ma in particolare i Sacerdoti.
Dal 1516 al 1527 il Santuario fu custodito da un Eremita; dal 1527, da Sacerdoti diocesani il cui incarico è illustrato e definito da una Bolla di Paolo III; dal 1617 al 1780, dai Padri Agostiniani, che all’inizio del secolo XVII costruirono il loro Convento di cui resta una parte, recentemente restaurata, che abbraccia la zona absidale del Santuario; dal 1780 ad oggi, da una serie ininterrotta di Sacerdoti diocesani. Oggi è responsabile del Santuario un Sacerdote appartenente al Clero della Parrocchia di Castelleone.

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