Madonna Bianca (Chiesa Abbaziale degli Olivetani)

Descrizione

Descrizione
Nel 1480 fu eretta la chiesa abbaziale dei monaci Olivetani i quali costruirono l’annesso convento.
Ad ornare lo scalone del monastero vennero portate due statue raffiguranti la Madonna e l’Arcangelo Gabriele. Ma successivamente il complesso abbaziale subì diverse occupazioni e saccheggi che fecero disperdere le due statue.
Ritrovata la statua della Madonna Bianca, nel 1836 il parroco Gelmini la fece restaurare e collocare nell’ex sacrestia Grande trasformata in cappella per l’occasione.

LA STORIA

Il sole pallido e svogliato dell’inverno riesce a malapena a liberare i suoi raggi dal velo sottile della nebbia che galleggia sui campi in riposo. Il Sillaro, tortuoso torrente le cui acque corrono libere verso la confluenza nel Lambro, induce malinconia. Non serve più a sommergere marcite e a muovere ruote di mulini. In questa stagione, poi, sembra diventato inutile. San Martino è passato da un pezzo, il momento dei raccolti è lontano e le foglie in disfacimento ai piedi dei pioppi sono li a ricordare che un altro ciclo vitale si è chiuso. E’ il tempo dei progetti per il futuro e della riflessione sul passato. E non c’è luogo migliore di una abbazia, o di quanto ne rimane, per guardare indietro e meditare.
Ci troviamo sul sagrato della chiesa abbaziale di Villanova del Sillaro, Bassa lodigiana, in attesa della guida per una visita. Il campanile e la facciata slanciata non tradiscono le loro origini monasteriali. Accanto, l’alloggiamento dei monaci, pur trasformato in palazzo e cascina, emana ancora i sentori della sua storia. E’ tutto quello che rimane di un importante insediamento Olivetano; quanto basta per ricreare un’atmosfera d’altre epoche, per resuscitare il fervore delle attività rurali e lo spirito religioso che le ispirava.
Come nei secoli andati, davanti a noi si stende la campagna aperta, ancorché sconvolta dai nuovi assetti produttivi, malinconicamente omogenea e drasticamente impoverita nel suo variegato patrimonio arboreo. Terra eletta di agricoltura, benedetta e nobilitata dal lavoro e dalle preghiere dei religiosi, resa fertile dalle fatiche profane degli uomini semplici guidati dalla sapienza degli uomini consacrati a Dio.
Il paese, mille abitanti, sta alle spalle, a debita distanza, quasi in segno di riverente rispetto. Il paesaggio, pur pesantemente alterato, riesce tuttavia ad evocare l’ora et labora, sintesi mirabile della regola benedettina. Gli Olivetani sono in effetti una filiazione della grande famiglia che si riconosce nell’intuizione di San Benedetto. La congregazione prende il nome dal Monte Oliveto Maggiore, nelle Crete Senesi, sul quale il nobile Bernardo Tolomei, abbandonata la vita civile, si ritirò con due compagni nel 1313 per istituirvi una Scuola del servizio divino.
Attorno ai monasteri sorti rapidamente in tutta l’Italia, tanto che nel 1450 se ne contavano già 379, si raccolsero oblati e oblate che, pur condividendo la stessa regola, continuavano a vivere nelle loro case. Gli Olivetani si distinguono dai confratelli Benedettini per il culto particolare alla Vergine e per l’impegno in campo artistico e culturale.
Le vicende del monastero di Villanova del Sillaro sono legate alle fortune della famiglia guelfa dei Sommaria che aveva ottenuto nel XII secolo questa terra in feudo per conto del Capitolo Metropolitano di Milano. Caduti in disgrazia per il sopravvento della fazione ghibellina e banditi dal lodigiano, i Sommaria risollevarono le loro sorti mettendosi al servizio della sede pontificia. Il nobile Nicolò ricoprì agli inizi del Quattrocentoi l’incarico di ambasciatore per conto dei papi Urbano VIII e Bonifacio IX. Nel 1401 egli lasciò erede universale dei suoi beni il fratello Angelo, cardinale, con l’onere di fabbricare nella tenuta del suo castello di Villanova una chiesa dedicata ai Santi Angelo e Nicolò, con annesso monastero per accogliervi convenientemente dieci frati. Nel 1424 il porporato diede inizio alla fabbrica e tre anni dopo i monaci Olivetani ne presero possesso.
La chiesa, in stile gotico, su disegno degli architetti locali Ambrogio e Giovanni Fugazza, venne completata nel 1480, mentre i lavori negli edifici conventuali si protrassero nel secolo seguente. Nel 1497 il console, i deputati e gli homines della villa, ottennero dal priore l’uso della chiesa per potersi confessare e comunicare. In effetti essa divenne parrocchiale, officiata dai frati, con un rettore, pure monaco, nominato dall’abate che esercitava il diritto di patronato sul luogo sacro.
Alterne vicissitudini hanno segnato la storia dell’abbazia, compresi i saccheggi attuati dagli eserciti spagnoli e francesi nelle guerre combattute nei secoli XVI e XVII per il dominio del Ducato di Milano. Oltre alle pestilenze che desolarono città e campagne. Il monastero degli Olivetani venne soppresso il 21 giugno 1798 dal regime giacobino e la cura d’anime passò al clero secolare. I beni confiscati vennero messi all’incanto per finanziare gli eserciti, i lavori pubblici e le riforme decretate dai governi napoleonici.
La residenza dei monaci, unico edificio rimasto del complesso oltre alla chiesa, aveva già subito rimaneggiamenti significativi nel corso del Settecento, assumendo nella facciata uno spiccato stile neoclassico. All’interno, nella parte oggi adibita a casa canonica, è rimasto un affresco ben conservato in una stanza. Esso raffigura un Cristo dolente che, ergendosi nel suo sepolcro di marmo straordinariamente rosa, mostra le piaghe redentrici della crocifissione.
La chiesa, intatta nella facciata e nel campanile che si richiamano nettamente ai canoni dell’architettura monastica lombarda del Quattrocento, mostra all’interno un marcato carattere barocco, frutto degli interventi operati nel Seicento. Un autentico gioiello dell’arte intagliatoria è il coro ligneo ospitato nel catino absidale. Esso venne realizzato da Carlo Garavaglia tra il 1634 e il 1645 e si compone di 23 stalli per i frati e di altri 8 per i conversi, tutti incastonati tra colonne diverse su cui poggiano dei putti che sorreggono capitelli e cariatidi.
La sagrestia grande eretta nel 1770 in funzione di collegamento tra il tempio e l’adiacente convento, venne trasformata nel 1896 in cappella dedicata alla Vergine Annunciata. La venerata statua marmorea della Madonna Bianca, notevole esempio dell’arte barocca, campeggia sull’altare a protezione della borgata.
Anche se non ci sono più i verdi prati bagnati dalle acque del Sillaro, anche se sono sparite le geometriche alberature che segnavano i cigli delle strade, gli argini dei fossi, i confini poderali e delle proprietà, è sufficiente la visione della tipica facciata in mattoni della chiesa abbaziale di Villanova per evocare lo spirito religioso e il lavoro che hanno animato l’agricoltura della Bassa lodigiana portandola a livelli di eccellenza.

dal sito internet: https://cidiamoappuntamentoa.wordpress.com/2011/01/19/rimembranze-olivetane-a-villanova-del-sillaro/

Contatti

Contatti
  • Indirizzo
    PIAZZA DELLA CHIESA 26818 VILLANOVA DEL SILLARO LO
  • Telefono
  • Regione
    Lombardia
  • Location
    VILLANOVA DEL SILLARO

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