Madonna della Verucchia

Descrizione

Descrizione
Tra i castagneti su di un colle isolato e boscoso sorge il Santuario della Verucchia (Verucla significa verruca, di qui altura) al quale è annesso un piccolo convento di francescani.
Un tempo su questo monticello sorgeva Verucchia un antico castello da cui probabilmente trasse il nome una nobile e potente famiglia alleati dei Montecuccoli.
La Chiesa risale al 1291, era della della “Veruda”, appartenente alla Pieve di Missano ed era stata innalzata dai Verucchi in onore di S. Paolo.
Crollata nel 1470, fu ricostruita come oratorio della B. V. e di S. Paolo nel 1483 dai comuni di Montalbano e Monte Questiolo, ed in seguito ridotto alla grandezza di chiesa. Nel 1597 fu annessa alla parrocchia di Rosola; Verucchia già nel Seicento era meta dei pellegrinaggi della gente della montagna nel ricordo di una apparizione della Vergine ad una pastorella che aveva solo 4 o 5 pecorelle per provvedere a sé e alla sua nonna. Il tronco del ramo di biancospino su cui, secondo la tradizione, apparve la Madonna si conserva ancor oggi in una teca.
La tradizione vuole che a questa prima apparizione ne sia seguita un’altra, il 26 agosto 1690 ad Antonia di Bartolomeo Virgili di Rosola, quando la ragazza aveva 17 o 20 anni circa.; particolarmente devota e pia oppressa e maltrattata dalla sua famiglia a causa della sua religiosità ritenuta eccessiva.
Le fonti orali dei vecchi del luogo tramandano che a quanti facevano visita al Santuario era donata una piccola croce di legno tratta dalle piante del luogo.
Un altro prodigio si tramanda per il poliomelitico Giovannandrea: egli abitava a Varano, sotto le Lame di Montetortore e si racconta che, sentendo il passaggio dei pellegrini verso il Santuario, un giorno convinse i suoi ad esser condotto là. Per tutta la notte si pregò e si pianse e, al termine della celebrazione della Messa, il nostro Giovannandrea poté tornare a casa come un uomo normalissimo.
La Madonna qui venerata sotto il nome di Beata Vergine della Verucchia, inizialmente era chiamata Madonna delle Grazie, poi del Castellaro (località vicina al santuario in cui era il fortino di guerra dei Verucchi: il Castellaro deriva da castellum, il che ci fa pensare alla presenza di una struttura fortificata), poi dello Spino.
A lei sono dedicati una gran quantità di ex voto, segno di indiscutibili favori concessi dalla Madonna, alcuni risalenti anche al Seicento, ma quasi tutti ascrivibili alla fine del Settecento. Essi presentano tutti la medesima impostazione: sulla destra è rappresentato il momento del pericolo che fa scattare l’invocazione alla B.V. Che appare in cielo in un trionfo di nuvole e raggi di sole
La facciata, cuspidata, è fiancheggiata dal campanile, mentre l’interno, ad unica navata, è spazioso, con cappelle laterali, decorato nello stile rinascimentale del primo Novecento. Le ancone laterali e la maggiore sono in stucco e scagliola e contengono dipinti seicenteschi di scuola emiliana. Interessante quello di S. Carlo Borromeo nella prima cappella di destra, attribuibile al pittore montanaro G.B. Chiavelli, e l’altro della Madonna del Rosario nella seconda cappella di sinistra di Francesco Gessi. Nella cappella maggiore c’è una grande tela del XVII secolo con i Santi Paolo, Donnino e la gloria d’Angeli. E’ inoltre presente un’antica tavoletta, forse quattrocentesca, della Madonna col Bambino, oggetto di venerazione. Fu rovinata nel mantello da uno scadente restauro del Settecento
Collocato in cantoria sopra la porta principale c’è l’organo di Giuseppe Sarti di Bologna del 1840 che presenta una cassa lignea addossata al muro e decorata a tempera.
Sull’arco che sovrasta la balaustrata del Santuario è scritto (in latino, qui tradotto): venite al Santuario del Signore che per sempre fu santificato per mezzo della Madre sua.
Nel convento si poteva visitare il Presepe permanente allestito con statuette e pupazzi di ogni nazione, salvo che un incendio di qualche anno fa lo ha completamente distrutto.
Verso il 1638 fu riparata e denominata Santuario; nel 1689 la crescita dell’importanza del Santuario determinò l’esigenza di restaurare le strutture murarie e nel 1692 e 1693 furono eretti i due altari laterali dedicato all’arcangelo San Michele e l’altro alla B.V. Del Rosario.
Il campanile, costruito dal 1638 al 1648, alto mt. 18, alloggia tre campane commissionate da Don Tommaso Ciceroni, che usufruì della fusione di due campane: una del 1668 e l’altra del 1683.
Esso fu gravemente danneggiato nel 1719, ma l’anno seguente gli abitanti del luogo lo fecero riparare.
Rosola e Monte Questiolo rimasero preservati dalla terribile peste del 1692; per questa ragione, i capi delle comunità organizzarono una grandiosa processione con la santa immagine della Madonna della Verucchia per tutto il territorio, mentre la comunità di Rosola fece voto di andare ogni anno al Santuario nel giorno della festa di S. Anna (26 luglio).
Le feste più antiche a carattere religioso sono quelle del 25 marzo, Annunciazione di Maria Vergine, e dell’8 settembre, festa della Natività della Madonna e quindi festa titolare del Santuario.
La festa popolare più antica è quella del Voto, detta dal popolo “della tempesta”: si celebrò la prima volta nel 1634 per implorare la grazia sulle campagne; veniva quindi esposto il SS. Sacramento durante il mattino, e il pomeriggio si snodava la processione eucaristica durante la quale veniva usato il prezioso baldacchino offerto nel 1794 dal conte Mulazzani di Monte Questiolo.
Ogni 5 anni, poi, si celebra la Festa Grande e pare che si svolga dal 1638: il 29 agosto la Madonna collocata su di un trono viene portata in processione alla parrocchiale di Rosola; qui il 7 settembre si celebra la vesta della B.V. E il mattino seguente si torna a Verucchia. Nei secoli scorsi questa festa attirava numerosissimi fedeli.
Dal 1956 e fino a pochi anni fa entrarono a servire il Santuario i Frati Minori (Francescani) e ciò ebbe benefici sia per quanto riguarda la custodia, la sistemazione ed il recupero delle suppellettili sacre (paramenti, veli, ostensori ….); sia per il restauro interno ed esterno del Santuario (spianate per costruire l’abitazione, il bar e il parcheggio); sia per il presepe, ora purtroppo distrutto. I frati, grazie anche a pubblicazioni di storia locale, fecero conoscere il Santuario fuori dai soli circuiti locali.
Una curiosità: ai frati si deve la produzione del liquore “Fuoco liquido”, nocino a colorazione naturale che i frati preparavano con le loro mani e volevano fosse venduto direttamente al Santuario perché potesse servire al contatto delle anime.

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