Descrizione
La Leggenda
Quando la devozione popolare che circonda un santuario non trova riscontri documentali circa la sua origine nascono i “miti di fondazione”, leggende che, tramandate oralmente, tentano di chiarire il motivo e la genesi del culto. Anche il santuario della Madonna del Monte presenta questa peculiarità.
Secondo la leggenda, tramandata dagli anziani con numerose varianti, la giovane figlia di una fornaia assai povera si recò sul monte, dove c’era un bosco, per raccogliere un fascio di legna da portare alla madre per alimentare il fuoco del forno. Mentre era così intenta a raccogliere rami e fronde secche, una bella signora le apparve e, dopo aver mostrato premura per la sua faticosa occupazione, dolcemente la incaricò di recarsi dal parroco e di riferire che lei desiderava che sul monte le venisse edificata una chiesa.
La ragazzina andò e riferì, ma non fu ascoltata e fu tacciata di essere una visionaria. Per ben tre volte si fece messaggera del desiderio della bella signora e, finalmente, il sacerdote decise di salire sul monte per andare a vedere con i propri occhi quello che la bimba le andava narrando. Veduta l’immagine sfolgorante di Maria, formatasi miracolosamente su un grosso masso, decise che tale effigie doveva essere portata nella chiesa parrocchiale del paese per avere una degna collocazione. A questo scopo fece salire sul monte un carro trainato da due forti e muscolosi buoi. Caricato il masso, una lunga processione di persone, sacerdoti in testa, iniziò la discesa verso il paese, ma più i buoi procedevano e più il peso di quel masso cresceva. Giunti ai piedi della discesa i due buoi non riuscirono più a proseguire e si inginocchiarono, tanto grande era il peso che gravava sul carro. Il bifolco che li guidava cercò in tutti i modi di aiutarli e di smuoverli, fino a quando si accorse che gli animali riuscivano a rimettersi in piedi e a trainare il carro se procedevano in salita, ma non lo smuovevano di un centimetro se procedevano in discesa.
Così fu chiaro a tutti che la Madonna voleva restare sul monte e fu lì che venne edificato il santuario. Nel luogo dove i buoi si erano inginocchiati venne costruita una piccola edicola detta “La Madonnella” e davanti ad essa il clero e la popolazione salendo al santuario nel giorno della festa si inginocchiano e intonano l’antico inno liturgico Ave Maris Stella.
Il Santuario
Nelle sue memorie, Mons. Liberato Tarquini ricorda che il Santuario, in tempi remoti, era già custodito dai monaci benedettini, che con grande devozione avevano cura dell’immagine di Maria.
Non si sa in quale periodo i benedettini abbandonassero il convento, ma è certo che, nel 1495, i figli di Ranuccio Farnese – Pietro, Gabriele e Francesco – divenuti Governatori di Marta, eressero la facciata della chiesa sui vecchi ruderi, e vi apposero il loro stemma più volte ripetuto; l’antica immagine di Maria venne apposta sul nuovo altare, costruito per l’occasione, e il 14 maggio venne riconsacrata la chiesa.
L’esterno della chiesa ha connotazioni tipiche dello stile romanico; la facciata, assai lineare, è costituita in pietra locale, proveniente dalla cava di S. Savino, sulla cui sommità svetta un piccolo campanile a vela, fornito di due campane.
Sulla parte alta è possibile vedere, in bassorilievo, tre stemmi raffiguranti il giglio farnese tra le lettere “P” ed “E”; centralmente, scendendo verso il basso, è possibile scorgere diversi elementi: un rosone, certamente un tempo ornato di raggiera, desumibile dal profilo incerto della circonferenza interna, fino a qualche decennio fa chiuso con un elemento in legno sagomato che rifiniva la vetrata, ed al di sotto una finestra racchiusa da un architrave a tutto sesto. Quando, in occasione del V° centenario della consacrazione della chiesa, venne fatto l’ultimo restauro, il rosone e la finestra vennero sostituiti ed al loro posto vennero collocate due artistiche vetrate dono della categoria dei Casenghi, una delle quattro che sfila nel corteo del 14 maggio.
Opera dell’artista svizzera Verena Stöcklin – Deneve, le vetrate esprimono in maniera mirabile e profonda il senso vivo della festa. Nel rosone è raffigurato un sole, che nella sua spirale avvolge il seme che viene gettato, germoglia, crescere, si sviluppa in foglia e spiga, con nuovi semi, pronti a ripetere il loro ciclo vitale.
Nella vetrata della finestra sono rappresentate due mani protese nell’offerta a Dio di uva, spighe, pesce e ciambelle, simbolo dell’offerta che le quattro categorie ogni anno fanno per onorare Maria, nella Sua festa.
Tra la finestra e il portale è situata una lunetta, all’interno della quale si trova il dipinto, di pregevole fattura, anche se ormai quasi del tutto scomparso, della Vergine con il Bambino, collocata tra due elementi architettonici, ai lati dei quali è posto il giglio farnese, ripetuto anche al centro dell’arco della lunetta.
Il portale d’ingresso della chiesa, purtroppo deteriorato, in pietra calcarea di diversa qualità, sembra essere stato costruito in due riprese; il bassorilievo, che troviamo sugli stipiti laterali, raffigura dei tralci di vite che fuoriescono da un’anfora, posta alla base del motivo, fra i quali è possibile scorgere dei pesci avviluppati e qualche uccellino appollaiato; il motivo termina con dei gigli molto simili a quelli fiorentini, piuttosto che a quelli dei Farnese.
Nell’architrave, probabilmente di epoca anteriore ai pilastri su cui poggia, è possibile vedere scolpiti in bassorilievo due angeli con le ali spiegate che innalzano un disco solare con al centro impresso l’emblema di S. Bernardino da Siena, con le lettere “IHS” che stanno per “Jesus Hominum Salvator “, ossia Gesù Salvatore degli uomini.
Sopra l’architrave è apposta l’iscrizione “Anno 1485 – Ave Maria Petrus (Farnesius) fecit hoc opus”, in riferimento a Pietro Farnese, il tutto completato da una cornice sporgente e lineare, costituita da più profili terminanti nella parte bassa in un motivo decorato ad ovuli.
La Festa
La festa della Madonna del Monte,o Festa delle Passate, affonda le sue radici nei riti arcaici di offerta delle primizie primaverili su cui si sono innestati elementi di religiosità popolare. Le origini della festa sfumano nella leggenda e nei “miti di fondazione”, ma è possibile rintracciare, nella mescolanza di elementi sacri e profani, i riti etruschi della fecondità e del ciclo delle stagioni e le celebrazioni in onore delle dee Maia, Cerere e Feronia dee dell’abbondanza, delle messi, della primavera, delle primizie, dei raccolti.
Da vari decenni gli studiosi di folklore hanno cercato di chiarire le origini, gli aspetti antropologici e culturali di questa festa assai complessa nei suoi significati storici, gestuali, rituali, espressivi, linguistici, sociali, ma molto resta ancora da verificare, anche perché molteplici sono le tesi interpretative, a cominciare da quelle che dovrebbero spiegare l’appellativo di “Barabbata”, nome con la quale la festa è pure conosciuta, ma che non incontra il favore della popolazione di Marta che preferisce chiamarla “Festa della Madonna del Monte o delle Passate”.
Dal punto di vista storico, lasciati da parte eventuali legami con celebrazioni pagane, l’origine della festa può farsi risalire al IX secolo e, propriamente, alle processioni che, ad imitazione di quella dell’Assunta, istituita in Roma da Leone IV (847-855), vennero in uso in varie città.
Il primo documento in cui si parla della festa è un verbale consiliare del 1557, conservato nell’Archivio Storico di Marta. Nella seduta del 9/5/1557 si rimetteva ai voti dei consiglieri la seguente proposta: “… perché venardì è la festa della Madonna del Monte li spettabilità diranno il parere loro si vogliano fare la festa secundo il solito dellj anni passati”.
Fonte: http://www.madonnadelmonte.it/
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