Descrizione
Santuario di Maria Santissima delle Grazie o cripta di Roca Vecchia
Di origini sconosciute, venne costruita sul sito di un antico ipogeo rupestre o un’antica grotta bizantina. La struttura, seminterrata, si presenta a 3 navate, ciascuna con tre colonne, i cui capitelli sono di ordine composito-corinzio; tutte le colonne sono monolitiche prese da un edificio romano. Sotto di essa vi è una grotta di origine carsica; gran parte di essa è ingombrata da macerie provenienti dal crollo dell’abside dove vi doveva essere, oltre all’icona, una grande statua della Madonna in oro zecchino. Il santuario presenta un unico altare interamente di pietra leccese, in cui è incastonata l’effigie della Madonna che la leggenda vuole essere stata ritrovata da un giovane pastorello rocano che andava cercando un agnellino disperso. Ai lati dell’altare sono presenti due busti dedicati uno a Sant’Agata e uno a Sant’Apollonia. In passato esisteva un altro altare dedicato ai Santi Brizio (Patrono di Calimera) e Antonio (Patrono di Borgagne), scomparso dopo la prima guerra mondiale. Quest’altare esisteva ancora in data 27 luglio 1911 quando fu visitato dal vescovo Gennaro Trama. Nella relazione è detto che la cappella fu eretta nel 1690, in accordo con la trasformazione da cripta, quale era ancora definita nel 1656, a cappella costruita da poco. L’altare che nel 1830 era dedicato ai Santi Brizio e Antonio, nel 1911 era senza quadro, ma vi erano ancora 4 candelieri di legno e una croce con crocifisso in cattivo stato; tutto ciò però non giustifica la demolizione avvenuta in tempi sconosciuti.
Da molto tempo il santuario è meta di pellegrinaggi. La prima volta in cui si parla di pellegrinaggi diretti a questo santuario e il 1656, nella visita pastorale fatta da Mons. Pappacoda il 30 maggio dello stesso anno. Il 10 novembre 1695, mons. Michele Pignatelli visita la cappella della Vergine della Misericordia di Roca. Dalla sua visita pastorale si legge: “Cappella Beatissimae Virginis de misericordia in Roca veteri. Constructa de recenti ex elemosynis Fidelium, sita atque descripta in sua membra in praeteritis Visitationibus. Nullam habet dotem, nullumque onus. Celebratur tamen ibi multoties in anno ex devotione fidelium concurrentium; et festum Beatae Virginis celebratur in prima feria quinta post festum Paschatis Resurrections. Mensa lapidea in suo Altariolo est competenter ornata.” Qui si fa riferimento non più ad una cripta, ma ad una cappella costruita grazie alla generosità dei fedeli. Il santuario è senza dote e senza oneri, ma nel piccolo altare c’è la mensa di pietra su cui il sacerdote può celebrare messa, nel Primo giovedì dopo Pasqua e in molti altri giorni dell’anno. Con le visite reali si salta al 10 settembre 1822, quando il vescovo Nicola Caputo visitò personalmente il piccolo paese di Roca della sua diocesi.
Qui trovò un solo sacerdote (tempo in cui vi era un sacerdote ogni cento-duecento abitanti) che faceva da economo curato. Portatosi nella chiesa con quella poca gente vi era il fonte battesimale ben tenuta, come pure l’Olio degli Infermi; dalla parte del vangelo vi è l’altare dedicato alla Vergine di Roca. In un’altra visita pastorale svolta dallo stesso vescovo il 24 settembre 1830 si descrive questa cappella:
«Fuit populi devotione quondam erecta, et competentis magnitudinis: duo habet altaria, alterum Beatae Virginis dicatum, quod mediocriter omnibus, quae ad sacrum ministerium necessaria sunt, ornatum est: alterum SS. Britio, et Antonio dicatum aliquibus indiget ad sacrum cultum pertinentibus. Sacra indumenta non levi indigent reparatione cum Missali, et Calice; quae omnia stante Ecclesiae paupertate tolerata sunt. Ex antiquissima devotione erga miraculosam imaginem B.mae Virginis Gratiarum ex vicinis non modo, sed ex remotis etiam Oppidis huc voti causa frequenter confluunt Fideles, ac Sacerdotes ad Missae sacrificium in supradicto Altari Celebrandum [….]. Pluribus indulgentiis a Summo Pontificie Leone XII concessis ditantur Fideles omnes. qui vere poenitentes hoc Altare visitaverint; quo factum est ut Mense Aprili, et Majo populus Melendunii, Calimerae, Borganiae, et Vernularum, quisque cum suo Clero, processionaliter ad praedictum Altare visitandum concurrat, ubi facta prius a respectivis Parochis concione, solemnis ab unoquoque clero Missa decantatur.» |
Alla Vergine della Misericordia di Roca ricorrono dei festeggiamenti nei paesi in cui si rifugiarono gli abitanti di Roca durante l’invasione dei turchi; I festeggiamenti sono:
– ultimo sabato di aprile per Vernole
– primo sabato di maggio per Calimera, da cui fino agli anni 60 del XX secolo partivano pellegrinaggi anche nel giorno di San Giuseppe. Ora invece solo il sabato della festa.
– secondo sabato di maggio per Melendugno
– terzo sabato di maggio per Borgagne
Fonte: Wikipedia
La leggenda de “Li Giudei”
Dopo la definitiva distruzione di Roca, i rocani furono costretti a lasciare la loro città, molti di loro si stabilirono nei casali vicini di Borgagne, Melendugno, Calimera , Vernole e alcuni si spinsero fino a Carpignano. In questi luoghi, gli abitanti di Roca infusero la devozione per le Madonna di Roca, così che negli anni a venire, in quattro diverse date di maggio, gli abitanti di quei paesi compivano (e alcuni ancora compiono) un pellegrinaggio verso Roca Vecchia, per omaggiare la Madonna delle Grazie nel bellissimo santuario.
Una leggenda narra, che un anno un gruppo di fedeli partì da Carpignano, con in spalla la statua di Sant’Antonio, patrono del paese, nei pressi delle paludi di Borgagne furono colti da un temporale, poggiarono la statua, e misero il crocefisso sotto una “pila di pietra leccese” e cercarono di ripararsi come possibile. Dopo l’acquazzone le lumache cominciarono a fare capolino e molti nell’attesa per la partenza ne raccolsero per portarle a casa. Quando andarono a prendere la statua, per proseguire il cammino, non riuscivano più a caricarla perché intrisa d’acqua il suo peso era maggiorato. Gli anziani sentenziarono: “Lu Santu nu se stave cchiui” (per dire che il Santo era arrabbiato del comportamento dei fedeli e pertanto non voleva più seguirli). Dovendo proseguire per Roca, così pensarono di lasciare la statua e riprenderla al ritorno. Alcuni contadini del vicino casale di Borgagne, che passarono di li a poco videro la statua e pensando che era un dono o un segno del Cielo, la portarono al paese e nominarono Sant’Antonio protettore di Borgagne. Credendo che era lo stesso Santo a volerlo. Sulla strada del ritorno i fedeli di Carpignano non trovarono la statua e dovettero tornare al paese a mani vuote. Quando il mistero della statua fu svelato, nacque una disputa tra gli abitanti dei due centri, ancora oggi quando si incontrano due persone, dei rispettivi paesi, si canzonano con questa antica controversia.
La notizia in poco tempo si diffuse nell’intero territorio salentino tanto che da allora, specie nei paesi limitrofi, dicono: “Li Carpignanisi suntu Giudei, percè misera Cristu sutta alla pila”.
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