S. Maria di Loreto

Descrizione

Descrizione

Il Santuario della Madonna di Loreto è un tutt’uno con la storia del paese di Capracotta, in particolare con la tradizione della transumanza che per secoli ha interessato la nostra comunità. Da Capracotta partivano i nostri pastori per svernare  con le greggi in Puglia. Fu così intenso questo fenomeno che nel primo Seicento, precisamente nel 1602,  all’interno della Chiesa del Carmine di Canosa di Puglia,  venne costruito un altare con sepolture assegnate ai pastori di Capracotta, come attestano molte registrazioni riportate sui Libri dei Morti, custoditi nell’archivio prevostale della Cattedrale di San Sabino in Canosa. Nei secoli passati i morti venivano seppelliti nelle Chiese e certamente erano così tanti i nostri pastori che morivano durante la loro permanenza in Puglia, che a loro fu dedicato  uno specifico luogo di sepoltura. infinita è la fede che i capracottesi da secoli hanno sempre manifestato nei confronti della Madonna di Loreto, una delle Statue lignee di cui è ricco non solo il Molise ma anche la regione Puglia.

 

Religiosità e transumanza

Capracotta, si sa, rimane  uno dei simboli forti della civiltà della transumanza dell’Europa mediterranea.
I segni ci sono tutti: i prodotti, le sagre, le usanze, i trulli inseriti tra le pieghe della montagna come in un museo a cielo aperto. Lo stesso paese, nella composizione e nel carattere, rimane una sorta di icona tra due santuari storici della transumanza:  il santuario di Cerere, di Fonte del Romito, e la chiesa di Santa Maria di Loreto, sul lato opposto.
Com’è noto, nel santuario (ampio giardino sacro) dedicato a Cerere i pastori transumanti tra le aree costiere della Frentania e quelle interne pagavano la tassa (vectigal) per poter trascorrere l’estate sui monti del Sannio dei Pentri; tassa che il santuario percepiva per conto dello stato, proprietario dell’ager populi Samnitis destinato a pascolo (A. La Regina, Istituzioni agrarie italiche, Cosmo  Iannone Editore, 1999). Il santuario  aveva una propria legge sacra con 15 divinità, riti e Decumanii (concessionari del suolo pubblico) incisi nella nota Tavola Osca, sorta di “locandina” di bronzo affissa con chiodo alle pareti, rinvenuta nel secolo XIX tra i ruderi e conservata al British  Museum di Londra. Questo antico santuario aveva funzioni riferite anche all’agricoltura, come si evince dalla stessa “titolare” Cerere, dea delle messi, assistita da un folto nucleo di dee minori specializzate e da poche divinità maschili, tra cui i due Giove, uno addetto a regolare la pioggia e l’altro a seguire la crescita dello stelo.

Tanti secoli dopo la chiesa di Santa Maria o Madonna di Loreto si collocherà ugualmente dentro il grande fenomeno della transumanza, ma con funzione principale di protezione divina e di azienda armentizia. Ad esigere la tassa, detta “fida”, provvedeva questa volta la Dogana della mena delle pecore di Puglia, istituzione amministrativa, economica e giudiziaria con sede definitiva a Foggia.
La Madonna di Loreto, che oggi protegge gli aviatori lungo le rotte del cielo, a Capracotta era venuta a proteggere i pastori con le greggi nel loro andare per essere tra i monti molisani e il Tavoliere di Puglia e viceversa. Su una pianta dei tratturi un’altra chiesetta dedicata a Santa Maria di Loreto figura alle porte di Foggia. Le antiche piste erbose del tempo di Cerere, nel XVI secolo erano diventate vie larghe come autostrade e andavano dall’alto Abruzzo al Golfo di Taranto intersecate da tratturelli e bracci per coprire a rete il territorio ed assicurare pari opportunità di intrapresa ovunque. Si trattava di vie speciali, organizzate e controllate, ma pur sempre esposte a pericoli di vario genere rispetto ai quali con la nuova religione cristiana la Madonna rimaneva la grande protettrice nelle versioni popolari di  “Incoronata” e di “Santa Maria di Loreto”.

 

L’Eremo

Prima della grande transumanza moderna la chiesa era un eremo mal ridotto, come si leggeva sulla soglia dopo i lavori che nel 1622 la fecero “noviter e ampliata”; cioè nuova e ingrandita  per rispondere adeguatamente alla crescita del settore avviata dagli aragonesi nel XV secolo.   Tale rilancio aveva elevato anche a Capracotta il numero dei pastori che in partenza o in arrivo avevano come punto di riferimento gli spazi antistanti la chiesetta a qualche chilometro dal paese. Dinanzi alla chiesa, infatti, in autunno i pastori provenienti dai monti circostanti si preparavano e partivano per la Puglia. E nello stesso posto sostavano al rientro in primavera, riabbracciando parenti ed amici prima di risalire le vette e trascorrervi l’estate. Due incontri che suscitavano profonde emozioni, come si evince dai racconti d’epoca: “Qui i pastori si accomiatavano dalle donne, le quali recavan loro i fardelli del vestiario e delle prime provviste alimentari da porre sulle bestie da soma, e che, dopo gli ultimi addii raccomandavano nella preghiera l’incolumità dei cari partenti. Nello stesso luogo questi sostavano al ritorno sul finire della primavera per rientrare contenti nei modesti abituri, e da tutti si rendevan grazie alla Vergine.”Il rito, continuano i testi,  destò  un “sommo fervore di fede” da parte degli abitanti verso la Madonna da indurre questi “non soltanto ad ergerle il tempio, ma a profonderle copiose e svariate donazioni”.

 

I Possedimenti della Madonna di Loreto

Ben presto Santa Maria di Loreto divenne così una consistente “masseria armentizia” forte di 8mila pecore, 50 equini, 12 buoi e 100 mucche. A guidarla fu una confraternita, sorta di “società di mutui aiuti spirituali e materiali”, che nelle feste era presente per le vie del paese con il proprio stendardo. All’inizio del XIX secolo, ai tanti locati (proprietari di pecore) diventati enfiteuti perpetui delle terre del Tavoliere sottratte alla transumanza con la legge napoleonica del 1806, si aggiunse anche S. Maria di Loreto, diventata Congregazione di Carità. Non va dimenticato che la “masseria” di Santa Maria di Loreto non operò solo nel campo della pastorizia transumante, perché, come dicevo, le sue attività spaziarono in altri settori. Essa, infatti,  pur rimanendo “la proprietà più cospicua” del paese nel settore della transumanza, l’attività che dal 1670 al 1700 pose Capracotta “tra le prime 10 città di origine dei venditori di lana alla Fiera di Foggia” (J. Marino, L’economia pastorale nel Regno di Napoli), operò nel credito accordato ad una varietà di soggetti privati e pubblici, tra cui si ritrovano in pieno Settecento l’Università  (ducati 61 capitalizzati a 1525), l’Annunziata di Napoli (ducati 3000), il duca di Capracotta in Napoli (ducati 6732), concittadini vari (ducati 1270), il seminario di Trivento (ducati 500). L’attività agricola  contava su campi del circondario e su boschi da dissodare in quel di Canosa di Puglia; boschi avuti in enfiteusi, come accennato prima, dopo la legge napoleonica del 1806. Si trattò naturalmente di attività minori collaterali a quella principale della transumanza, ininterrotta nei secoli anche se con variazioni quantitative di animali, come si evince dal prospetto seguente: 1600 (pecore 9.500); 1660 (3.030); 1774 (4.000); 1680 (2.800); 1690 (11.000); 1700 (11.210); 1710 (5.600); 1720 (5.000); 1730 (5.000); 1740 (9.000); 1750 (17.980); 1760 (5.500); 1770 (10.000); 1780 (4.280); 1790 (13.024); 1800 (13.334). (Fonte: P. Di Cicco, Il Molise e la transumanza).

 

DNA dei Capracottesi

Ma ciò che contraddistingue la  Madonna di Loreto o Santa Maria di Loreto è la sua centralità nella vita di Capracotta e quindi nella storia locale, elemento identitario culturale insostituibile. E’ per questo che ancora agli inizi del XX secolo, anche se la transumanza perdeva sempre più posizioni, la festa con al centro la chiesa di S. Maria di Loreto tornava puntuale e affollata, come racconta  nell’Almanacco Regionale del 1924 Berengario Amorosa: “Ogni tre anni vi si celebra la festa il giorno 8 settembre. Caratteristica è la processione che accompagna la statua della Vergine. Essa è preceduta da varie confraternite, e da due o trecento cavalli, ricoperti di variopinte gualdrappe, infioccati di nastri, cavalcati da robusti montanari, alla cui testa sventola il vessillo della locale Società dei Vetturini”. Da allora l’appuntamento triennale dell’8 settembre continua sempre vivo, festoso e partecipato da capracottesi che tornano al paese da qualsiasi nuova loro residenza italiana e straniera.

(Prof. Natalino Paone)

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