La Chiesa di Sant’Agostino a Palermo, nota localmente come «Chiesa di Santa Rita» ha una storia molto antica. Edificata intorno al 1275 là dove esisteva già una chiesetta medievale dedicata a San Dionigi, fu voluta dalle famiglie Sclafani e Chiaramonte, durante la dominazione angioina, visibili infatti sul prospetto gli stemmi di queste due nobili casate.
La chiesa ha una semplice impianto costituito da un’unica navata, un campanile e un chiostro ma per le caratteristiche ammirevoli è unica in tutta Palermo.
La facciata è medievale
Il prospetto trecentesco è caratterizzato da una superficie spoglia ma arricchita da uno splendido portale ed un rosone di notevole pregio.
Il ricco portale si contraddistingue da tre serie degradanti di archi a sesto acuto decorati con motivi tutti diversi ottenuti con intarsi in pietra lavica che formano disegni floreali a due colori. Gli archi si adagiano su capitelli riccamente decorati che sovrastano esili colonnine che ingentiliscono la struttura ed incorniciano il portone ligneo d’ingresso risalente al quattrocento.
Sopra il portone si innesta uno rosone straordinariamente ricco, incorniciato dentro due grandi circonferenze, una decorata, l’altra tondeggiante. Il disegno del rosone è ottenuto dall’intreccio di dodici semicerchi intersecanti che formano splendidi trafori, riccamente definiti, dai quali filtra la luce all’interno della chiesa.
Questi archi convergono su dodici bianche colonnine il cui centro è rappresentato da un piccolo tondo dove è scolpito l’Agnus Dei.
Altrettanto notevole è l’ingresso laterale su via S. Agostino, attribuito alla scuola del Gagini. Un portale ricchissimo di intarsi marmorei in cui sono scolpiti sulla sommità il busto di Dio Padre benedicente e nella lunetta la Madonna del Soccorso con due coppie di angeli ai lati. Sull’architrave tre Santi agostiniani e sugli stipiti figure di altre Sante in un ricchissimo complesso di bassorilievi.
L’interno della chiesa
La chiesa nel suo interno si sviluppa in un’unica navata originariamente coperta da una struttura lignea con capriate, ora non più esistente. Un vasto incendio del ‘600 distrusse l’interno, si salvarono la facciata con il rosone, il campanile e il portale rinascimentale.
Nella ricostruzione successiva, nel 1671, si modificò lo stile “aggiornandolo” ai gusti del secolo: si passò così dallo stile gotico allo stile barocco. La copertura fu sostituita da una volta a botte lunettata, mentre le pareti furono ricoperte da semplice e asettico intonaco bianco.
Negli anni successivi, gli interni furono arricchiti con decorazioni di Giuseppe Musso e poi da Giacomo Serpottache con i suoi magnifici stucchi di santi, putti, statue e figure allegoriche, ingentilì tutto il complesso e rese la chiesa quel capolavoro che ancora possiamo ammirare.
Santi, putti e figure allegoriche
Cominciamo dall’arco del presbiterio dove troviamo un pregevole stucco che rappresenta l’emblema agostiniano sorretto da due angeli, ai lati in basso due magnifiche statue a sinistra la statua di Santa Monica madre di Sant’Agostino e a destra un Giovane Sant’Agostino. La Santa nella sua rappresentazione sembra vivere un momento di mancamento, si pensa possa rappresentare il momento in cui la donna viene a sapere dell’allontanamento del figlio da casa. Indossa un’ampia veste legata al cinto ed è accasciata con i capo reclinato su di un fianco adagiata su una grande nuvola circondata da angeli.
Dalla parte opposta la statua di un giovane Sant’Agostino con veste agostianiana. In piedi, anche lui adagiato su di una grande nuvola sorregge un grande libro aperto che ricordano “Le Confessioni” sua biografia personale, mentre con la mano destra mostra il palmo della mano quasi a volere accompagnare un gesto di ascesa. Circondato anch’egli da angeli con volti innocenti e ingenui tipici dei putti serpottiani.
Lungo tutta la navata vi è un susseguirsi di santi, figure allegoriche (la carità, la mansuetudine, la penitenza e la sapienza) e altari disposti con ordine e rigore, per ogni santo viene riportato il nome sulla base, qua e la una piccola serpe con la quale il Serpotta era solito firmare le sue opere, storpiando il suo nome “sirpuzza” quindi serpe.
Nella lunetta sopra il portale San’Agostino seduto ad un tavolo con un uomo con il turbante, rappresenta la disputa contro un eretico manicheo di nome Fausto.
Nella navata destra troviamo:
– l’Altare di San Guglielmo, opera del 1567 firmata da Simone de Wobreck che rappresenta un episodio della vita di San Guglielmo.
– l’altare della Sacra Famiglia con San Giuseppe e Gesù Bambino ad opera di Vito Carrera il Quadro con Sant’Agostino vescovo, mentre nella lunetta è raffigurato Lo Spirito Santo discendere su Sant’Agostino.
– l’altare con il dipinto di San Nicolò da Tolentino e Pietà, mentre sulla lunetta è rappresentato il Miracolo dei Fiori.
– l’altare della Madonna del Soccorso costituito da due dipinti, mentre nella lunetta è raffigurato Il Padre Eterno.
Nella navata sinistra:
– l’Altare di San Giovanni, nella lunetta è raffigurato San Giovanni e il miracolo del pozzo.
– l’Altare di San Tommaso di Villanova ad opera dello Zoppo di Gangi e il pulpito ligneo intarsiato.
– l’Altare di San Sebastiano e la trinità nella lunetta l’episodio delle Donne che lavano San Sebastiano morente. A seguire la porta che conduce al chiostro.
– Nell’ultima campata si trova un crocifisso ligneo e nella lunetta è raffigurata il Sacrificio di Isacco.
Altra opera di grande valore per mano di Ignazio Marabitti è il monumento funebre di Francesco De Medici realizzato nel 1774.
Il chiostro è tra i più grandi di Palermo
Dalla porta sulla navata di sinistra si accede al chiostro che risale alla seconda metà del cinquecento con arcate a pieno centro. Il chiostro, il cui cortile è uno dei più grandi della città, è attribuito a Vincenzo Gagini ed è caratterizzato da 28 colonne e capitelli in cui è possibile identificare gli stemmi delle famiglie gentilizie che patrocinarono la costruzione.
Al centro del cortile una grande fontana ottagonale con una piccola statua che si presumi rappresenti Santa Ninfa. Nella parte sud-occidentale si trova un robusto portale a sesto acuto che conduce all’antica sala capitolare affrescata, di cui rimangono ancora visibili S. Girolamo e San Gregorio, un piccolo lavabo del 1775 con putto su un grifone reggente lo stemma agostiniano. Il convento conta 74 camere, il noviziato, lo studentato e una grande sala di studio.
Durante la soppressione degli ordini religiosi risalente al 1866, il convento divenne sede della questura, mentre la chiesa rimase parrocchia agostiniana. Nel 1937 anche il convento tornò agli Agostiniani e nel 1988 il cardinale Pappalardo elevò la Chiesa di Sant’Agostino a Santuario diocesano di S. Rita.
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