Beata Vergine del Rosario (Santuario Parrocchia)

Descrizione

Descrizione
Le tappe della nascita e della vita del celebre Santuario di Monchiero, tratte dal libro di Enzo Drocco “Monchiero” . L’autore ha approfondito l’argomento inoltrandosi nelle pagine della “Storia del Santuario parrocchiale della SS.ma Vergine Incoronata di Monchiero” scritto da don Angelo Rubino all’inizio del 1800 e ristampato nel 1990 a cura del prevosto don Andrea Bernocco.
Quando, nel 1732, don Andrea Fassini prende possesso della parrocchia di Monchiero, si trova a dover radunare la popolazione in una chiesta in condizioni a dir poco disastrate. La necessità di una adeguato restauro è impellente, ma le precarie condizioni economiche del momento obbligano a ritardare i lavoro, e costringono il prevosto ad adoperarsi onde poter racimolare la somma necessaria. Il lavorìo di don Fassini, durato alcuni anni, ottiene però un risultato notevole, tanto che nel 1739, grazie ad una disponibilità finanziaria di mille lire, anziché ristrutturare la fatiscente chiesa, il prevosto avvia la costruzione di un nuovo edificio. Per giungere a compimento dell’opera sono necessari tredici anni di lavoro, fino al 1752, ma nel 1747 la chiesa già è in condizioni tali da poter essere officiata. Ad indirizzare la storia della nascitura chiesa parrocchiale è la predicazione di Padre Agostino Aurelio Randone, conosciuto anche come il Padre santo. Il sopracitato religioso domenicano, invitato nel febbraio del 1748 a predicare gli esercizi spirituali, con eccelsa opera di convincimento promuove la devozione del S. Rosario e, spingendosi oltre, convince la popolazione a provvedersi una nobile statua della Vergine Santissima sotto tal titolo. Il risultato oltrepassa di gran lunga le aspettative, tant’è che le donne offrono i loro ornamenti preziosi, e ciò con tal fervore che alcune di esse lai gettarono sul pulpito, mentre predicava il buon Religioso. La somma di settecento lire, raccolta in modo così curioso e plateale, offre la possibilità di commissionare la statua ai fratelli Clementi, scultori di Torino. Nell’ottobre del 1751 l’opera è pronta ed i giovani più robusti la trasportano a spalle da Torino a Monchiero, dove, provvisoriamente, viene deposta presso la Cappella della Visitazione di Maria SS. Del Pilone.Il 18 ottobre del 1751, dopo essere stata benedetta, la statua è trasferita nella nuova chiesa parrocchiale, in una giornata di festa patrocinata dal marchese Vittorio Giuseppe Aleramo del Carretto e dalla sua consorte Donna Irene Alfieri. In breve tempo la fama della Vergine di Monchiero, quale dispensatrice di grazie, dilaga nei paesi e nelle città, portando sul colle un numero sempre crescente di pellegrini.
Nel settembre del 1756, spinta dal fervore religioso che anch’ella prova verso la Madonna del Rosario, la marchesa di Monforte si fa promotrice della prima festa solenne della Santissima Vergine ed in quell’occasione offre due corone in argento da porre sul capo della Signora Celeste e del Figlio Divino.
Terminata la messa e la grandiosa processione, a coronamento del giorno, il prevosto Fassini e le personalità presenti vengono invitate dai marchesi ad un lauto pranzo che ha luogo nel castello prospicente la chiesa.
Il lievitare della venerazione verso la Vergine e l’incremento dei fedeli, fanno sì che don Fassina, decida di domandare a Roma il titolo di Santuario per la sua parrocchiale, con tutti gli annessi privilegi.
L’atto che sigilla il conferimento di tale decorazione è il dono delle corone d’oro da parte del Capitolo di S. Pietro, l’organo della Santa Sede che presiede tali “investiture”.
All’ottenimento del titolo di Santuario per la chiesa di Monchiero, offrono il loro fattivo contributo moltissime personalità civili e religiose: dall’avvocato Richeri di La Morra, al Vescovo di Alba Mons. Vagnone, dal Cardinale delle Lancie ai duchi di Savoia (Vittorio Amedeo III e Maria Antonio Ferdinanda), dal Marchese di Monforte al ministro reale, conte Rivera.
Il 15 agosto 1773 avviene la solenne incoronazione alla presenza di circa diecimila persone. Con l’elevazione a Santuario e l’incoronazione, il concorso dei fedeli aumenta notevolmente, accorrono comitive e nuclei familiari dai luoghi più lontani, richiamati anche dai frequenti prodigi che la Vergine elargisce.
Il prevosto Fassini, da solo a reggere la parrocchiale, non è più in grado di far fronte alla massa di pellegrini che necessita di accoglienza ed assistenza e gli viene tempestivamente in aiuto Vittorio Amedeo II, Re di Sardegna, di Cipro e di Gerusalemme.
Il sovrano, molto legato alla Madonna di Monchiero, nel 1776 assegna uno stipendio annuo per il mantenimento di due cappellani che offrano il loro servizio al Santuario.
Nel 1778 una terza cappellania è offerta dal notaio Bartolomeo Merenda di Monforte, che per volere testamentario lega l’intera sua eredità al Santuario.
Alla morte di don Fassini, avvenuta nel 1780, la reggenza passa nelle mani di don Destefanis.
Il nuovo prevosto dedica il massimo impegno ad incentivare la devozione alla Vergine del Rosario, cercando di giungere a ciò anche migliorando esteticamente il Santuario.
Nel periodo del suo apostolato, don Destefanis amplia la casa canonica che in breve diventa un’importante sede per esercizi spirituali e per periodi di meditazione e di preghiera.
Sul colle, sempre in maggior numero, salgono laici, sacerdoti e vescovi.
Nel luglio del 1847 nella casa canonica, per alcuni giorni di riflessione e preghiera, si danno appuntamento ben sei eminenti prelati: i vescovi di Alba, Mondovì, Fossano, Cuneo, Saluzzo e Pinerolo.
Nel 1807 muore don Destefanis e gli succede don Angelo Rubino.
Negli anni della sua reggenza l’interno del Santuario riceve una sontuosa tappezzeria in seta, la strada che conduce alla cima del colle è ampliata e resa più agibile, prende corpo il disegno di ornarla con piloni intitolati ai misteri del Rosario.
Nel 1812, don Rubino conferma che ne sono già stati eretti tre, il primo dei quali è situato a capo della strada che guida al Santuario.
Nel 1814, grazia anche al contributo finanziario dei parrocchiani, il campanile viene arricchito da un orologio pubblico fatto da mano maestra e di eccellente fattura.
La necessità di ospitare un sempre maggior numero di pellegrini, spinge il prevosto a costruire una monumentale casa adiacente il Santuario, costruzione che conte ben trentasei camere ed i cui lavori iniziati nel 1818 giungono a compimento nel 1822.
Nel 1820 il Santuario è dotato di nuovi banchi e nel 1825 dell’organo.
L’opera che maggiormente eleva il prestigio del Santuario, nel periodo di ministero di don Rubino, è senz’ombra di dubbio l’aggregazione del Tempio monchierese alla Basilica Lateranense.
L’ottenimento di tale onorificenza è privilegio, offre ai fedeli che si recano al Santuario la possibilità di acquistare le indulgenze e le grazie un tempo legate solamente alla visita della basilica romana.
La conferma dell’aggregazione porta la data del 10 marzo 1815.
Nel dicembre del 1844 don Rubino muore, e la parrocchia viene assegnata a Mons. Costanzo Costamagna. Nel periodo del suo apostolato, ricorre il primo centenario dell’erezione a Santuario e dell’incoronazione, e Mons. Costamagna si prodiga nel far si che l’avvenimento riceva il giusto e doveroso lustro.
La seconda incoronazione avviene il 6 ottobre 1873, ad opera del vescovo di Alba, Mons. Galletti ed alla presenza di numerosi altri vescovi e di quarantamila fedeli.
La statua della Vergine e del Bambino, dopo 121 anni, vien e rimossa dalla nicchia e portata in solenne processione. Le corone vengono offerta dalla marchesa Cristina del Carretto di Monforte.
A don Costamagna, deceduto nel 1894, succede don Giuseppe Grosso.
Il nuovo prevosto prende possesso della parrocchia in anni in cui la vita monchierese sta mutando: l’abitato e gli abitanti scendono a valle, allontanandosi dal Santuario, che, a causa del deterioramento e dell’affievolirsi della devozione alla Vergine, vede rapidamente diminuire l’afflusso di fedeli.
Nel volgere di alcuni decenni il Santuario monchierese, unico nella diocesi albese, assume un aspetto “fisico” fatiscente e malinconicamente dimenticato.
Con l’avvicinarsi del secondo centenario del solenne ingresso in Monchiero della statua, la necessità di un restauro, seppur sommario, è impellente, inderogabile ed indispensabile, almeno per “salvare la faccia davanti al mondo”.
Il 31 agosto 1952 si celebra la terza incoronazione della Vergine: il commendatore Pontificio Abbona Pietro, di Barolo, offre la corona d’oro per la Madonna, Abbona Giacomo e Cucco Isabella, dei Fornaci di Novello, donano l’aureo serto al Bambino.
Dal punto di vista edile invece, ben poco si fa per recare ristoro al Santuario, e po si farà nel trentennio a venire.
L’onore e l’onere di un serio e radicale restauro toccano a don Andrea Bernocco, che nel 1978 sostituisce don Montanaro alla guida della parrocchia.
La consulenza, nell’ardua e delicata impresa di ripristino, spetta all’incaricato diocesano di arte sacra, prof. Angelo Stella; i lavori vengono invece seguiti dal pittore Eso Peluzzi.
Nel marzo del 1979 prende avvio il lungo cammino di riattamento ed i primi eccellenti risultati si riscontrano nelle decorazioni e nell’indoratura del presbiterio.
Viene sostituito il cristallo posto a copertura della nicchia ove dimora la statua della Madonna, e l’organo, dopo anni di mutismo, sospira emozionanti ed intonate note.
Per il restauro della cupola occorrono quattro settimane di lavoro, per dodici ore al giorno; durante l’opera di pulizia viene alla luce la data in cui il Rubino fece eseguire gli affreschi: 3 agosto 1825.
Dopo oltre un secolo di rintocchi le due campane vengono rimosse e lasciano il posto a tre nuovi bronzi.
Il restauro si estende anche sul piano edile: rinnovate le coperture del Santuario e della casa d’esercizi, le gronde ed i muretti di sostegno della piazzole esterne.
Nel 1981 tornano all’antico splendore le cappelle di S. Colombano e del Beato Sebastiano Valfrè; nel 1982 le cappelle del Battistero e di S. Luigi.
Nel frattempo anche il piano inferiore della casa d’esercizi è rimessa in sesto: restaurata la sala del vescovo con gli affreschi, ed una parte della scala che porta ai piani superiori.
Finalmente, dopo quattro anni di lavoro in cui ancora una volta, come nei secoli precedenti, importante risulta il contributo economico e di “manovalanza” offerto da molti monchieresi, il 7 ottobre 1982 vengono ufficialmente inaugurati i restauri al Santuario.
A sottolineare la grandiosità della cerimonia, con la presenza del vescovo mons. Vallainc e di autorità civili, giunge un graditissimo quanto inatteso telegramma dal Pontefice.
Anche il Santo Padre, rivolgendosi al vescovo, vuole donare il segno della sua presenza spirituale con le seguenti parole: “Occasione solenne inaugurazione restaurato Santuario Madonna del Rosario a Monchiero in codesta diocesi , il Santo Padre compiacendosi per lavori eseguiti è lieto unirsi giubilo popolare. Auspica rinnovato incremento salutare devozione mariana tra le comunità parrocchiali della zone. Il Sommo Pontefice imparte di cuore particolare benedizione apostolica a Vostra Eccellenza, al reverendo parroco, a quanti hanno collaborato al restauro e ai fedeli tutti convenuti al programma di celebrazione in pegno di copiosi favori celesti” Firmato Cardinale Casaroli.
Dieci anni dopo, nel 1992 il tocco finale al riabbellimento del Santuario: i restauri e le tinteggiature del campanile e della facciata.

Fonte: http://www.santuariomonchiero.it/storia.html

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