Santa Maria della Noce

Descrizione

Descrizione

Il Santuario S. Maria della Noce

All’ origine di tanti santuari, specialmente mariani, si trova un dato costante, un dato che fa riflettere: il cuore della povera gente. Solitamente è risposta amorosa e faticosa ad un bisogno. Il santuario di S. Maria alla Noce pare non sfuggire a questa premessa.
Si raccoglie una tradizione gentile che racconta di due fanciulli che, sperdutisi nella boscaglia, vengono aiutati e soccorsi dalla Vergine Maria che appare loro col Bambino, sopra un albero fruttifero abbastanza comune nella zona: un noce. La tradizione colloca l’ avvenimento in un giorno imprecisato del 1501 in un luogo che doveva essere molto fuori mano.
Il borgo di Inverigo situato più in alto sulla collina contava qualche centinaio di abitanti raccolti per la maggior parte attorno alla minuscola parrocchiale. Il 2 giugno del 1519 si inizia la costruzione di una chiesetta in pietra.
Nel 1570 la parrocchia è visitata dal vescovo di Milano Carlo Borromeo e dal verbale della visita abbiamo notizia dell’ esistenza della cappella nel fondo valle. Probabilmente la costruzione era insignificante, ma già il luogo è segno di pietà radicata nella gente dei dintorni.
La Vergine col Bambino venerata col titolo «Madonna delle grazie» e anche in termini popolari come «Madonna del pane» è definitivamente ricordata come «Santa Maria alla Noce». In tale circostanza il Cardinale decide di far edificare un seminario per la formazione di sacerdoti che avessero cura del popolo della zona; e il luogo prescelto è proprio lì accanto alla cappella di Santa Maria.
In una seconda visita di S. Carlo a Inverigo effettuata nel 1582 viene decisa la costruzione di un decoroso Santuario e ne viene approvato il disegno.

Il disegno proposto e approvato da S. Carlo ricalca i canoni architettonici del tempo in cui si concilia decoro, luminosità, funzionalità liturgica. Il progetto nasce dalla scuola di Pellegrino Tibaldi che all’ epoca riesce ad esprimere le direttive del vescovo di Milano sull’ onda di rinnovamento culturale voluto dal concilio di Trento.
Il Cardinale Federico Borromeo nella visita pastorale del 31 agosto del 1606 ha la sorpresa di constatare che i desideri dello zio non sono stati esauditi specialmente per mancanza di fondi. La gente dei dintorni è povera, le poche offerte raccolte vanno quasi tutte a sostentamento dell’ attiguo seminario.
Nel 1638 il seminario viene chiuso, ciò determina il progressivo avanzamento dei lavori del santuario.
Un altro fatto determinante può essere riscontrato nel favore che a questo luogo di pietà rivolge la famiglia Crivelli che dominava sul territorio. L’ edificio deve essere stato completato tra il 1660-70 se nel 1671, come recita una lapide latina murata a destra dell’ altare maggiore, il marchese Giovan Battista Crivelli, creato da papa Urbano VIII Cavaliere e Commissario generale del militare Ordine dell’ Immacolata Concezione, stabilisce la celebrazione di una messa ogni venerdì alla presenza di quindici poveri che al termine dovevano percepire un’ adeguata elemosina.
E’ questo uno dei segni più curiosi, ma al tempo stesso più realistici, sia della condizione della popolazione di Inverigo nel tempo, sia della «memoria» tradizionale del santuario.

Il Santuario oggi

Il pellegrino che oggi si ritrova a S. Maria della Noce può solo parzialmente rivivere l’ambiente storico e naturale in cui esso è sorto.
Tuttavia si può notare la posizione appartata rispetto al paese con un nucleo di case, oggi abitazioni che un tempo rappresentavano un nucleo di piccoli negozi e una osteria sorta al tempo del seminario e intimamente legato alla sopravvivenza economica di questo.
Ancora oggi l’ interno del complesso in cui sorge il Santuario si chiama «piazza mercato»: per secoli fu mercato di rame e dal secolo scorso fino al dopoguerra fu rinomato mercato del baco da seta. Sul piazzale, infatti, si svolgeva il più importante mercato dei bozzoli della Brianza. La facciata a capanna della chiesa ha una severa e classica bellezza in cui spicca il portale di legno intagliato, opera certamente secentesca, un po’ anomala e preziosa che fa rivivere in modo caldo e schietto il titolo della litanie lauretane: Janua coeli, Maria porta del cielo.
L’ interno dell’ edificio in stile dorico ha un impianto a croce al quale si raccordano le due cappelle laterali. Il grande vano centrale quadrato è sormontato dalla cupola a calotta cieca e illuminato dall’ abbondante luce proveniente dalla lanterna allungata. Cupola e volte sono decorate con lacunari e rosoni; figure degli evangelisti decorano i quattro pennacchi. La navata centrale è spoglia e conduce quasi naturalmente verso l’ altare maggiore su cui sovrasta la statua lignea policroma, opera artigianale secentesca della Vergine col Bambino.
L’ altare maggiore e il drappeggio marmoreo sul fondo è del tardo seicento e proviene da Gravedona.
Le due cappelle laterali dedicate a S. Carlo e a S. Giuseppe (attualmente cappella del Crocifisso), ricche di stucchi, riecheggiano motivi classicheggianti secenteschi.
Il Crocifisso sull’ altare di destra esprime stili secenteschi tipici, riscontrabili anche nei crocifissi di tanti altri santuari dell’ arco alpino.
Il pellegrino che oggi si reca al Santuario di Inverigo può osservare parti dell’ originario complesso emerse durante gli ultimi restauri (dicembre 1991-93) lasciate visibili a testimonianza delle diverse fasi di crescita dell’ edificio mariano.

L’arte nel Santuario


Arrivando al santuario colpisce una vecchia torre campanaria addossata alla chiesa; rappresenta un corpo anomalo eppur fondante. La torre, con fusto in cotto su basamento apparecchiato con blocchi in serizzo, presenta un’ alternanza di oculi ed arcate ritagliati nel piano parietale. Essa rappresenta un episodio significativo nell’ area milanese, non solo per l’ elaborazione del linguaggio architettonico, ma anche per il largo impiego del cotto.
Preesiste al santuario e la sua struttura medioevale la fa risalire a quella serie di torri di comunicazioni e segnalazioni che collegavano Lecco, Erba, Mariano, Cantù. E’ probabile che a ridosso di questa torre sorgesse la primitiva cappella di S. Maria che ora accoglie l’ effige della Vergine nella diretta comunicazione con il santuario.
Sopra la porta che conduce in sacrestia, nell’ abside, è stato posto recentemente un quadro, strappo di affresco trasportato su tela e proveniente dalla vecchia parrocchia di Inverigo; rappresenta Maria che allatta il Bambino. Studiata nel 1953, essa potrebbe rappresentare la più antica raffigurazione di Santa Maria della Noce, o forse più precisamente, dell’ antica dolcissima «Madonna del Pane».
Nel corso del XVII secolo, l’ originaria immagine venne sostituita dalla statua in legno policromo della Vergine con il Bambino, tuttora custodita all’ interno dell’ ornata edicola posta al centro dell’ altare maggiore. Il 29 settembre 1993  Papa Giovanni Paolo II° incorona la statua della Madonna invocata anche come «Madonna delle vocazioni».
Nella cappella del Borromeo è possibile ammirare la pala raffigurante “San Carlo in Gloria”, ritenuta anonima per lunghi anni, oggi attribuibile al Morazzone (1618). Di notevole valore e bellezza sono anche le grandi tele collocate sulle pareti laterali del braccio orientale; “Assunzione della Vergine” (XVI sec.) attribuita a Domenico Caresana e la “Visitazione della Vergine a S. Elisabetta” di Francesco Crivelli (XV sec.).
“Gesù con la cananea”, attribuito alla scuola dei Carracci, è collocata sopra il portale d’ ingresso. Altre due tele, di altrettanto interesse, sono: “San Girolamo” e “Gesù nell’ orto degli Ulivi”, quest’ ultima di Antonio Campi (1577). Notevoli sono anche le acqueforti della Via Crucis.

dal sito internet: https://www.parrocchiainverigo.it/santuario-s.-maria-della-noce.html

foto: Alessandro Viganò

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