Maria SS. Annunziata

Descrizione

Descrizione
Il Santuario della Madonna Annunziata sorge su uno dei tre colli che insistono su Ficarra (Convento, Chiesa Madre, Castello) ed è stato quasi certamente eretto su un insediamento arabo, come testimoniano gli archi a sesto acuto esistenti nella cripta. L’epoca è riconducibile agli inizi del 1300, periodo in cui i normanni, dopo aver ottenuto il passaggio di tutto il territorio di Ficarra dalla Diocesi di Troina alla Diocesi di Messina, hanno eretto questo tempio con le caratteristiche del proprio stile: assenza di cupola, grandi muraglioni e scelta di luoghi sopraelevati per dominare l’abitato. La struttura è a croce latina con tre navate e tre cappelle in fondo oltre il transetto (di solito la cappella centrale presiedeva la Trinità, a destra di chi guarda la cappella della Patrona e alla sinistra la cappella del Santissimo Sacramento).
L’aspetto originario ha, nel tempo, subito diverse modifiche legate all’aumento della popolazione, agli eventi atmosferici e tellurici e a fatti prodigiosi; fra questi ultimi l’arrivo della Madonna (1507), con la quale è stato sostituito il precedente Patrono del luogo (San Placido), ha prodotto delle modifiche nella cappella che la ospita per adeguarla alle caratteristiche artistiche e spirituali della scena dell’Annunciazione.
Un altro grande cambiamento strutturale della Chiesa è stato provocato dal terremoto di Catania (1592) a causa del quale sono andati distrutti il tetto a cassettoni ed il portale, successivamente ricostruiti: il primo a volta, il secondo in pietra arenaria ad opera di scalpellini del luogo, come si evince dal carteggio sulla facciata ove è scritto: “Nicola e Domenico Lanza ex rupe me fecit ,1700”.
La consacrazione della Chiesa a Santuario è legata a fatti riconosciuti e catalogati, da chimici e prelati,  come prodigiosi e riconducibili al sangue, più volte, trasudato dal volto  della statua dell’Annunziata.
La Chiesa ospita opere scultoree e pittoriche di prestigiosi artisti fra le quali  particolare rilievo assumono un polittico antonelliano, un Crocifisso ligneo quattrocentesco, un tabernacolo marmoreo della scuola del Gagini (1531), due statue marmoree  di cui una opera del Gagini (la Madonna di Loreto o delle nevi) l’altra, l’Immacolata, di autore ignoto è stata  donata dalla famiglia Piccolo (1615); entrambe provengono  dal Convento dei frati minori osservanti.
Gli altari delle navate laterali originariamente conservavano dei quadri in tela datati 1700, opera di Giuseppe Tresca, che, intorno alla metà del secolo scorso, sono stati sostituiti da statue lignee pregevoli, ma soprattutto legate soltanto al valore devozionale.

Giuseppe Cavallaro

 

L’Annunziata di Antonello Gagini

Definitivamente accertato è l’arrivo della statua a Ficarra, da collocare temporalmente  agli albori del secolo XVI (7 ottobre 1507).  In quel tempo, la Sicilia pativa il duro dominio della Spagna. Le condizioni economiche e sociali dell’isola erano decisamente difficili. Nella penisola fioriva il Rinascimento, mentre a Palermo era attiva la bottega dei Gagini. E’ in questo quadro storico dunque che si inserisce l’arrivo a Ficarra della statua della Madonna. Racconta la tradizione che un veliero in navigazione nell’azzurro Tirreno con a bordo la statua dell’Annunziata, per una tempesta sia stato costretto ad una sosta forzata sulla spiaggia di Brolo. Tornato il sereno,  inutili si rivelarono i tentativi di riprendere la navigazione: una forza misteriosa tratteneva il veliero. I marinai decisero allora di alleggerire l’imbarcazione  abbandonando la pesante statua su quella spiaggia, nonostante la destinazione – si dice –  fosse la cattedrale di Siracusa. In tanti tentarono di sollevare la statua ma, fatto ancora più straordinario, la sacra immagine divenne sempre più pesante, sì da rendere inutile ogni tentativo di trasporto. Fra tanti convenuti spiccava una schiera di Ficarresi che, unici tra i presenti, riuscirono a caricare infine sulle loro spalle il simulacro divenuto miracolosamente leggero e a portarlo a Ficarra al grido “Evviva a Gran Signura Maria” quello stesso grido che ancora oggi si leva dai portatori nelle solenni processioni del 25 marzo e del 5 agosto.
Senza nulla togliere alla suggestiva tradizione popolare, più verosimilmente la statua,  intrapreso il viaggio da Palermo via mare fu sbarcata a Brolo, allora vivace borgo marinaro, perché l’approdo più vicino a Ficarra, luogo di destinazione dell’Annunziata. Da una cronaca del tempo si rileva che la statua, pesante alcuni quintali, dopo lo sbarco fu collocata su un carro trainato da buoi e condotta in paese. Restano in parte da sciogliere i dubbi sull’autore che ha pensato e realizzato la bellissima statua. Pur in assenza di supporti documentali non si ritiene affatto forzatura campanilistica ipotizzare che a scolpire l’Annunziata sia stato Antonello Gagini (Palermo, 1478-1536) piuttosto che uno sconosciuto artista. La fama della famiglia di scultori palermitani era ampiamente nota sui Nebrodi dove, ancora oggi, è apprezzabile la presenza di una significativa produzione statuaria, proprio di fattura gaginiana, commissionata tra il tardo quattrocento e i primi anni del cinquecento da ordini religiosi, confraternite e aristocratici del luogo per essere destinata al culto o ad arredo sacro. E anche da Ficarra furono fatte delle importanti committenze per la realizzazione di raffinati manufatti quali un ciborio e un tabernacolo marmorei destinati ad impreziosire la chiesa Matrice e tuttora in situ. E’ dunque lecito supporre che per la realizzazione dell’Annunziata le gerarchie ecclesiastiche del luogo si siano nuovamente rivolte ai Gagini, ad Antonello in particolare che nel frattempo aveva raccolto l’eredità artistica del padre Domenico. La committenza potrebbe essere stata fatta dalla confraternita dell’Annunziata alla quale serviva forse una immagine da portare in processione.
Anche se la statua nei suoi tratti caratterizzanti si discosta dalla tradizionale ripetitività presente nella vastissima produzione gaginiana, nell’Annunziata di Ficarra si coglie nettamente l’evoluzione artistica di Antonello che, avviato alla scultura dal padre Domenico,  non si fermerà certo ai canoni stilistici espressi dalla bottega  paterna, ma accumulerà sempre più esperienze e cognizioni che lo porteranno presto ad una maturità culturale  di assoluta preminenza su tutti gli artisti usciti dalla bottega di Domenico Gagini. Scultura di esili proporzioni e di elegante definizione del panneggio osserviamo la statua in atteggiamento di evidente stupore, protesa quasi in avanti, con nella mano sinistra un libro e la mano destra sul petto. La dolcezza del volto, la perfezione delle forme, la sintesi compositiva fanno probabilmente  dell’Annunziata di Ficarra una delle sculture più riuscite di Antonello Gagini. Da ritenere definitivamente superati invece i tentativi di attribuire l’opera ad Antonio Vanella, un semplice scalpellino.  E altrettanto improbabile ci sembra l’attribuzione a Francesco Laurana, del quale Antonello Gagini pure raccolse importanti influenze stilistiche.

di Franco Tumeo

 

La devozione all’Annunziata

Ogni anno, il tre agosto verso mezzogiorno, gran folla di fedeli si raccoglie sul sacrato della chiesa madre di Ficarra, in attesa che la Vergine Madre appaia sulla soglia. Proprio lei, la bellissima Madonna del Gagini, col suo viso bambino. Allora campane e mortaretti si inseguono a gara per il cielo, la banda scoppia in un suono festoso e tutti ci avviamo dietro il fercolo sontuoso, tanti a piedi scalzi ma col cuore pure in festa. Un vecchio professore cieco, che ha lasciato sui libri la vista, alza i suoi occhi senza luce verso il lieve tintinnio delle campanelline d’argento, in alto alla vara. Un lieve tintinnio che pure sovrasta il brusio della folla e il fragore dei musici, e raccomanda alla Madonna i suoi figli, mentre un gran grido si leva da per tutto: “Evviva la Gran Signora Maria “.
Allora ci avviamo tutti per il  Chiano ’i Nardi, ciascuno attento a tenere  gli occhi a una delle stelle trapunte sul manto azzurro, che l’Annunziata stende misericordiosa sui nostri mali e sui nostri peccati. Può accadere che qualcuno, avendo improvvisa pena della propria angoscia terrena, faccia sì che ad un tratto tutte le stelle del manto della Madonna siano tutte sue.
Ritornerà la Madre Santa a rivedere e salutare la chiesetta che la ospitò la prima volta, cinquecento anni addietro; la chiesetta in mezzo agli ulivi che resta per tutto un anno fedele e paziente ad aspettarla e poi si avvierà, in gloria, per le vecchie strade di quel vecchio e caro suo borgo, che se ne va   fianco a fianco del colle, “ tutto una fuga sghemba e strapiombata di case, scantonando sull’ultima balza con un fanale che di giorno fa un goffo disegno nel cielo e la notte è compagno delle stelle”.
È così che, ormai da mezzo millennio, ogni anno torniamo, anche da lontano, per raccoglierci ai piedi di Colei che ci resta Madre di conforto nel dolore, sorella nella sventura, luce di bene e di speranza sempre.
Michele Mancuso

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