Maria SS. Avvocatella in S. Cesareo

Descrizione

Descrizione
La storia di questo Santuario è narrata, in un opuscolo ristampato ben cinque volte, da due parroci di S. Cesario, Don Domenico Caputo e Don Francesco Erroia, l’uno morto giovanissimo a 31 anni nel 1739, l ‘altro a circa 90 anni nell’1785. Poiché collaborarono, bisogna intuire che l’opuscolo fu composto nella prima metà del secolo XVIII (verso il 1730), cioè poco più di mezzo secolo dopo gli eventi.
Essi narrano così: la grotta che chiamavamo dei pipistrelli, era malfamata da tempo immemorabile per apparizioni di spettri che atterrivano i passanti. Ora accadde che nell’anno 1654. D. Federico Davide, sacerdote della parrocchia di S. Cesario, poiché incaricato “dalli Magnifici Gabellieri della farina” ad esigere la tassa dello sfarinato nel molino di Bonea. passava spesso davanti alla Grotta. Un giorno, sull’imbrunire, vide un giovane ciabattino seduto su di una pietra, che gli disse: “Mi pare che abbiate le scarpe rotte. Se volete ve le accomodo in un batter d’occhio”. D. Federico accettò l’offerta, e a lavoro compiuto cavò fuori il portamonete per pagarlo. Ma il giovane chiese un alto compenso, più di quanto sarebbero costate nuove quelle ciabatte. “Gesù e Maria”, esclamò ingenuamente il sacerdote segnandosi. A quei nomi benedetti l’uomo scomparve, e s’udirono rumori nella caverna, che pareva tremasse. Il povero prete fuggì scalzo, ansante, terrificato con le scarpe in mano; ma, giunto dinanzi alla Casa Campanile, che tuttora esiste, cadde a terra tramortito. Molti accorsero, e l’aiutarono a riaversi: a cui egli raccontò la paurosa avventura mostrando a conferma gli stivali.
I due pii narratori aggiungono di aver conosciuto nella prima età i signori Domenico e Benedetto Campanile già vecchi testimoni oculari degni di fede. Il buon D. Federico per lo spavento rimase molti giorni a letto, infermo. Ristabilitosi, volle rendere sacra la grotta dei pipistrelli con l’Immagine della Madonna incollata su d’una tavoletta per evitare altre diaboliche sorprese nella sua quotidiana andata al mulino. Quella rozza immagine portava il titolo di Avvocata, e sollevava il bambino tra le adorazioni di due famosi eremiti, S. Paolo I° e S. Onofrio. Così la grotta fu ribattezzata col nome di grotta della Madonnella o dell’ Avvocatella.
Due anni dopo, cioè nel 1656, D. Federico Davide morì di peste; ma la sua immaginetta della Madonna rimase nello speco, primo germe del Santuario. Come avvenne, in epoca a noi più vicina, cosi qui cominciarono le contadinelle in primavera a portare ghirlandette di fiori selvatici per adornare l’umile quadro cartaceo dl D. Federico. E con i bimbi venivano le mamme e gli uomini passando si scoprivano il capo nel saluto angelico. Ave, Maria.
Insomma il nuovo culto della Vergine gittò qualche prima ridice; quand’ecco un povero frate francescano sopraggiunse a migliorarne le sorti. Era un laico professo di Maiori, si chiamava frate Angelo Maria apparteneva al Convento di Cava, e passava ogni settimana di là per la cerca al villaggio di Dragonea. Come non intenerirsi al vedere quei fanciulli intorno alla Madonna? Egli chiama un muratore di Cava M.° Antonio Di Mauro, e gli fa costruire una nicchia alta sette palmi; lavoro gratuito, perché il fraticello non aveva come pagare. Poi prega il pittore Antonio Ragone di dipingervi la Madonna Avvocatella, riproducendo alla meglio l’immagine primitiva coi Santi Eremiti accanto. Il lavoro questa volta non fu del tutto gratuito, perché il pittore ebbe sette carlini, sborsati per carità dal signor Nicola Galise di Antonio. Ciò accadde il 26 Giugno 1702. Venne il parroco D. Carlo Cristiano, benedisse e recitò coi fedeli le Litanie della Vergine. Allora frate Angelo esultante, vi sospese una lampada, e pregò i contadini di accenderla ogni sera, rifornendovi l’olio per turno. – “Ma che vuoi conchiudere?”, gli domandò quel D. Domenico Campanile ricordato dianzi; ed il frate senza esitare predisse “Qui presto sarà celebrata la S. Messa. E che santuario splendido sorgerà! e quanti devoti vi s’aduneranno a pregare! quante grazie contribuirà questa bella Madonna!”. Furono presentati all’audace vaticinio parecchi uomini del villaggio, che i due pii autori citano in testimonianza. Ma un ordine del Superiore strappò il frate alla sua Madonna.
La Chiesa Francescana di S. Diego Napoli, detta dell’Ospedaletto, aveva bisogno d’un laico per la cerca dell’olio, e fu designato lui. “Madonna benedetta”, disse ingenuamente frate Angelo accomiatandosi, ” vorrei servirti ancora; ma devo obbedire. Ora te lo troverai tu stessa l’olio per la lampada, Madonna mia!”. Dopo qualche tempo alcune famiglie del villaggio di S. Adiutore sulle colline di fronte, ora detto dell’Annunziata, cominciarono a vedere nella notte luci che scendevano verso la grotta della Vergine, gli Arenante, i Jovene e altri. Sicché pensarono che Angeli del Cielo venissero a sostituite frate Angelo nel pio ministero di onorare la Madonna. Anche dai villaggi di Alessia e Marini fu osservata un grande luce sulla grotta, come attestò il Rev. D. Giacomo De Sio. Il Vescovo di Cava seppe del prodigio e ordinò di chiudere con tavole l’ingresso del sacro speco: ma le luci continuarono ad apparire, e la devozione dei contadini crebbe al punto da costringerlo a riaprire l’accesso.
Intanto un miracolo rivelò che era ormai tempo di costruire il Santuario. Ai 19 Maggio 1703, giorno di sabato sacro alla Vergine, un fanciullo di 6 anni, Romualdo Casaburi di Nicolò, se ne veniva al mulino col suo somaro carico di grano, ed egli a cavalcioni sul sacco. Un cuginetto di 8 anni l’accompagnava. Giunti innanzi alla grotta della Madonna, l’asino adocchiò un bel ciuffo di gramigna sul dirupo, e si spinse alla cieca per brucare: ma sotto era l’abisso e la bestia precipitò col suo duplice peso sul dorso. Il cugino inorridito, si volse alla grotta della Vergine gridando: “Madonna, aiutalo!”. Poi si sporse sul ciglione e guardò giù. Il fanciullo e l’asino erano salvi; ma il grano era tutto sparso per la montagna. Corse a chiamare il mugnaio Matteo Punzo, che venne subito in aiuto. Così riportarono sulla via il fanciullo, e si trassero dietro come Dio volle, il somaro. In ultimo si adoperarono a raccogliere il grano disperso, e riuscirono a riempire di nuovo il sacco: cosa che parve miracolo, perché ne era rimasto molto disseminato giù per il pendio inaccessibile. Col Punzo si trovò presente Giovanni Avallone e altri, che con lui diedero testimonianza della verità dell’accaduto. Allora crebbe la fede, tanto che i parroci di S. Cesario, D. Domenico Campanile e D. Carlo Cristiano, in nome dei loro filiani, presentarono un memoriale a Mons. D. Vincenzo Galdieri, Vicario Capitolare, pregandolo di permettere che si edificasse una cappella nella grotta.
Il permesso fu ottenuto, e i fedeli diedero inizio al lavoro. Si spianò l’ingresso e si colmò con grosse pietre un fossato nell’interno dello speco: così ottennero un ripiano sufficiente. Lasciarono, per quanto fu possibile, la nuda roccia a far da volta al santuario, e proprio sotto quell’arco naturale eressero l’altare, su cui tuttora si venera la gloriosa Immagine.
La chiesetta ottenne la sua bella facciata, un modesto campanile, e quant’altro poteva occorrere alle necessità del culto. Per questi lavori di muratura non mancarono mai le offerte, specie dopo una grazia singolare che qui appresso racconterò. Aniello Caputo di Giuseppe, fanciullo dodicenne, fu malamente operato al ginocchio da un chirurgo da strapazzo e rimase col piede destro sospeso e rattratto a modo di uncino. Il povero padre perduta ogni speranza di soccorsi umani, ricorse alla Madonna. Aniello Caputo di Giuseppe, fanciullo dodicenne, fu malamente operato al ginocchio da un chirurgo da strapazzo e rimase col piede destro sospeso e rattratto a modo di uncino. Il povero padre perduta ogni speranza di soccorsi umani, ricorse alla Madonna. Si carico dunque il figlio sulle braccia, e lo portò nella grotta a piè dell’altare pregando: “Madre Santissima, o me lo guarisci, o te lo chiami in Paradiso, perché sono un povero disgraziato, e non gli potrò dare pane tutta la vita, né potrò vederlo a chiedere l’elemosina”. Tre volte pieno di fede venne col figlio alla grotta finché ottenne la grazia.
Nell’opuscolo dei due buoni parroci trovo un elenco di testimoni di questo prodigio: un Pagano, due Campanile, un Quaranta, un Benincasa e tanti altri. Giovanna De Santis di Tramonti, venne alla grotta perché aveva da sei mesi perduto la vista a causa di una malattia. Dopo che il Sacerdote Domenico Campanile le mise gli occhi con l’olio della lampada di Maria, riacquista la vista con stupore dei presenti e paesani. Annamaria Coppola per un ferita al braccio dopo tante cure le si era cominciato a cancrenare e i medici avevano già deciso di amputarglielo. Il padre venne alla Sacra Grotta e pregò i rev.di Sacerdoti che gli dessero un po’ d’olio di Maria e ricevutolo tornò a casa dove trovò la figlia che spasimava dal dolore; allora con fede le applicò l’olio di Maria e subito il braccio si sgonfiò e fu sana. Il rev. D. Giovanni Di Mauro sacerdote di S. Cesario si era ridotto in fin di vita per una fistola nella parte interiore della gola che gli rendeva impossibile respirare e parlare. Il parroco Francesco Erroja dopo avergli amministrati i sacramenti dietro sua richiesta, lo unse con l’olio di Maria e oh! glorioso miracolo: dopo pochi giorni restò guarito ed adempì al voto di andare elemosinando per un anno per il Santuario e pubblicando il miracolo che gli aveva fatto Maria. Lucia Noviello di Pregiato di Cava dei Tirreni, incinta da due mesi e gravemente inferma si sognò la Madonna Avvocata che le offriva un bicchiere d’acqua della sua grotta dicendo: “Bevi quest’acqua e sarai guarita”. Ella mandò per l’acqua, la bevve e fu subito guarita. Qui, se volessi, potrei continuare con un interminabile albo d’oro di grazie elencate in tre appendici nell’opuscolo suddetto, la prima del parroco D. Domenico Campanile che registra avvenimenti fino al 1734, la seconda dei parroci Caputo ed Erroia, che va fino al 1870, la terza del parroco D. Carmine Bisogno che amorosamente ripiglia, dopo un secolo e mezzo d’incuria e di silenzio, narrando fino al 1895, data della ristampa. Ma preferiamo fermarci qui, perché il nostro volumetto, ha uno scopo più modesto: limitarsi alla semplice narrazione delle origini del caro Santuario, in poche pagine che tutti possano subito leggere e sentire la pia nostalgia della Grotta, dove Maria li attende misericordiosa e bella in atto di perdono e d’amore. Ricorderò solo, a edificazione del popolo la fatica del santo eremita Francesco Paolo Benincasa, che a soldo a soldo con le elemosine mise insieme la somma di 700 ducati, e la versò al Vescovo nel 1885 per costituire la rendita della S. Messa domenicale.
Nell’ottobre del 1954 una terribile alluvione si abbatté sulla zona, per cui il Santuario già fatiscente, invaso dall’acqua con pietrame e terriccio, rimase pericolante ed inagibile. La famiglia D’Amore di S. Cesario, perché l’edificio non crollasse, sfidando il pericolo, liberò il cunettone pieno di massi dietro la Chiesa; mentre altri devoti ripulirono l’interno. Il Santuario, però, rimase chiuso e abbandonato per molto tempo e fu facile preda dei ladri che asportarono, tra l’altro, la pila trecentesca dell’acqua santa; in seguito fu anche trasformato in cantiere edile, fino a quando un comitato di fedeli si preoccupò di eseguire alcuni restauri e di riprendere saltuariamente il culto.
Nell’ottobre del 1979 la S. Sede , nell’attuale riforma delle diocesi italiane, ristrutturò il territorio della Badia di Cava dando all’Abate la giurisdizione su alcune parrocchie vicine all’Abazia, tra cui quella di S. Cesario M., dove sorge anche la Chiesa di Maria SS. Avvocata. Il nuovo Parroco, il benedettino D. Gennaro Costabile Lo Schiavo, riaprì subito al culto il Santuario, dopo aver eseguito alcuni lavori urgenti di sistemazione, il giorno 8 dicembre 1979, solennità dell’Immacolata Concezione, con la partecipazione di una cinquantina di fedeli, che andavano via via aumentando di domenica in domenica.
Il terremoto del 23 novembre 1980 rese inagibile la Chiesa parrocchiale di S. Cesario, mentre il Santuario non subì alcuna lesione, per cui tutta la vita liturgica e pastorale della parrocchia si concentrò all’Avvocatella, dove tuttora continua, nell’attesa del completamento dei lavori di restauro della predetta Chiesa Parrocchiale.
Nell’anno mariano 1987 fu sistemata anche la strada d’accesso al Santuario: all’ingresso fu collocata una grande Croce in ferro battuto eseguita da mastro Giovanni Vitale di S. Cesario; lungo il percorso fu sistemata un’artistica Via Crucis in ceramica, opera del prof. Gallo. Alcune date storiche hanno segnato la rinascita del Santuario. Il 21 gennaio 1981 il quadro settecentesco su rame, raffigurante la Madonna Avvocata tra i SS. Eremiti Paolo ed Onofrio, debitamente restaurato, fu portato a Roma dove venne benedetto dal S. Padre Giovanni Paolo 11 che incoronò la Vergine SS. Regina di S. Cesario.
Il 5 agosto 1984 mons. Michele Marra, Abate e Ordinario dell’Abbazia territoriale della SS. Trinità di Cava, a coronamento dei lavori di ristrutturazione e di restauro, consacrò la Chiesa dedicandola a Maria SS. Avvocata, con grande concorso di popolo festante. Sono degne di memoria anche le varie missioni al popolo ed i campi vocazionali tenuti da P. Gino Burresi, lo stigmatizzato di S. Vittorino Romano, che hanno attirato al Santuario centinaia di fedeli da varie parti d’Italia e suscitato vocazioni allo stato religioso e sacerdotale. Lo stesso P. Gino, promotore del culto della Madonna di Fatima in Italia, il 21 aprile c il 14 novembre 1980 ha benedetto ed incoronato una statua della Vergine di Fatima, donata dal Prof. Fr. Ugliano, animatore dei gruppi di preghiera di P. Pio in Cava de’ Tirreni. Da allora la Madonna viene venerata nel Santuario particolarmente il 13 di ogni mese, con una processione penitenziale nel primo pomeriggio cui partecipano migliaia di fedeli provenienti da tutta Italia, e il 1° sabato del mese con una processione eucaristica per gli ammalati.
E’ sorto anche all’ombra del Santuario un gruppo laicale denominato “Amici e Dame Avvocatella” con lo scopo della santificazione personale e la divulgazione del culto alla Madonna Avvocatella. Chi vuol farne parte si rivolga al Rettore del Santuario. C’è da aggiungere che ormai ogni giorno gruppi di fedeli vengono a deporre ne Cuore della Madre le proprie pene e le proprie lacrime e la BELLA SIGNORA concede tante grazie a tutti i suoi figli che accorrono a pregarLa con fede! Ne sono testimonianza i numerosi ex-voto in oro e in argento e le tavolette votive esposte nella Grotta. Numerose sono pure le testimonianze scritte a gloria di Dio e della Sua augusta Madre. Tu che hai letto queste poche righe puoi comprendere quanto amore ha Maria per noi! Non ti resta che affidarti ciecamente a Lei, pregarLa con fede e venire ad onorarla nella sua S. Grotta, ove Ella ti attende per ricolmarti delle sue grazie e benedizioni.

PICCOLA FATIMA 

L’afflusso sempre più crescente dei pellegrini al Santuario dell’Avvocatella soprattutto in alcune circostanze particolari, da varie parti del mondo ha posto il problema di una più ampia accoglienza e sistemazione dei fedeli data l’insufficienza della Chiesa del Santuario dell’Avvocatella.

Il rettore del Santuario con l’Associazione A.D.A. (Amici Dame Avvocatella) e con altri benefattori del Santuario hanno pensato bene di acquistare dietro il Santuario del terreno disponibile, ove accogliere i numerosi pellegrini e predisporli a vivere momenti di spiritualità, di silenzio e di preghiera. E’ sorta così quasi d’incanto come una perla la “PICCOLA FATIMA ” in uno scenario incantevole di verde, in mezzo ai boschi. Perché “Piccola Fatima” di Cava dei Tirreni? Da circa 20 anni si diffonde nel Santuario dell’Avvocatella il messaggio della Madonna apparsa a Fatima dal 13 maggio al 13 ottobre 1917 per richiamare gli uomini alla conversione, alla preghiera e alla penitenza. Infatti ogni 13 del mese la “Piccola Fatima ” sorta per tale esigenza, accoglie migliaia di pellegrini dalle varie parti del mondo per vivere il messaggio e l’atmosfera di Fatima. Una grande tensostruttura, denominata “CENTRO DELLA MISERICORDIA”, capace di ospitare 2.500 fedeli seduti è stata allestita per le funzioni religiose, conferenze, concerti e attività culturali e sociali. Una piccola CAPPELLA, come quella di Fatima, è sorta sul luogo ove l’elicottero si è poggiato recando la statua della Vergine di Fatima in visita per l’Italia, è corredata di tutte le reliquie del Santuario portoghese. I percorsi che si snodano in mezzo ai boschi,per le processioni penitenziali ed eucaristiche, sono stati abbelliti dalle stazioni della VIA CRUCIS, alte 2 metri in marmo bianco di Carrara e da piante e fiori. Sono stati anche allestiti punti di soccorso e di ristoro, oltre al parcheggio per macchine e pullman. Si prevede per il futuro anche una casa-famiglia per portatori di handicap e una casa di accoglienza con sale per ritiri e conferenze.

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