S. Chiara Vergine (Basilica Santuario)

Descrizione

Descrizione

Chiesa di Santa Chiara

La costruzione del complesso monumentale di S. Chiara ebbe inizio nel 1310, per volontà del re Roberto d’Angiò e della sua seconda moglie Sancia di Maiorca. I lavori furono eseguiti sotto la direzione di Gagliardo Primario prima, e Lionardo di Vito poi. Nel 1340 la chiesa fu aperta al culto. La cittadella francescana fu realizzata costruendo due conventi contigui ma separati: uno femminile, destinato ad accogliere le clarisse, e l’altro maschile, ospitante i frati minori francescani. La chiesa si presenta oggi nelle sue originarie forme gotiche provenzali, con una facciata a larga cuspide, nella quale è incastonato l’antico rosone traforato, con il pronao dagli archi a sesto acuto. L’interno è a navata unica con dieci cappelle per lato. Caratterizza il presbiterio la presenza di monumenti funebri della famiglia reale angioina. Al centro campeggia la tomba di Roberto d’Angiò realizzata dai fratelli Bertini, mentre le due tombe sul lato destro, destinate ad accogliere le spoglie di Carlo di Calabria e Maria di Valois, si devono al grande maestro Tino di Camaino. La tomba sul lato sinistro, invece, è di Maria di Durazzo, realizzata da uno scultore anonimo, denominato appunto Maestro durazzesco. Oltre ai monumenti funebri angioini in S. Chiara, nell’ultima cappella sulla destra, sono accolte anche le spoglie della famiglia dei Borbone.
Nel 1742 la chiesa subì delle modifiche per opera dell’architetto Domenico Antonio Vaccaro. Fastosi rivestimenti donarono al complesso un aspetto barocco.
Il 4 agosto del 1943 la chiesa venne quasi del tutto distrutta da un bombardamento aereo. Essa fu ricostruita e restaurata sotto la direzione di Mario Zampino, secondo l’originario stile gotico. Dieci anni dopo, il 4 agosto del 1953, la chiesa fu riaperta al culto.
Alle spalle dell’altare maggiore è situato l’ex Coro delle clarisse, ambiente dal quale le monache partecipavano alle funzioni religiose. La cappella, strutturata come una sala capitolare cistercense, è composta da tre navate, due delle quali coperte da volte a crociera. Il Coro, oggi Cappella dell’Adorazione, è uno spazio riservato alla preghiera, pertanto è visitabile solo previa prenotazione.

Il Presepe Napoletano

All’uscita del Chiostro, si accede alla sala dove è conservato un presepe con pastori del Settecento e dell’Ottocento. In esso sono rappresentati personaggi e scene della vita quotidiana dell’epoca, riprodotti con minuziosa cura, financo nell’utilizzo della stoffa allora di uso comune. Inoltre, nel rispetto della tradizione presepiale napoletana, la scena non si limita alla sacra famiglia ma si allarga, fino a raffigurare uno spaccato tipico di quella Napoli. In questo contesto realistico i personaggi sacri sono invece rappresentati secondo i canoni della tradizione figurativa cristiana.
La natività posta al centro della scena, non è ambientata in una stalla, bensì in un monumento romano diroccato. Questa peculiarità simboleggia la nascita della nuova era cristiana sulle macerie del paganesimo, ma è anche riflesso del grande interesse suscitato dalla scoperta dell’area archeologica di Ercolano, avvenuta agli inizi del XVIII secolo. La scenografia è stata realizzata in cartapesta, sughero e legno, mentre i pastori hanno il corpo in ferro filato e stoppa, con arti e volti in terracotta.

Il Chiostro Maiolicato

Il Chiostro Maiolicato del monastero ha subito nel corso dei secoli varie trasformazioni. La più importante è stata eseguita da      D. A. Vaccaro, tra il 1739 e il 1742, durante il badessato di Suor Ippolita Carmignano. La struttura trecentesca, composta da archi a sesto acuto poggianti su pilastrini in piperno, è rimasta invariata, mentre il giardino è stato completamente modificato. Il Vaccaro ha realizzato due viali che, incrociandosi perpendicolarmente, dividono l’area in quattro settori: due strutturati come un giardino all’italiana, con siepi e fontane, gli altri due dedicati alla coltivazione. Fiancheggiano i viali pilastri ottagonali rivestiti da maioliche con festoni vegetali. I pilastri sono collegati tra loro da sedute interamente maiolicate sui cui schienali sono raffigurate scene popolari, agresti, marinare e mitologiche. Vi è un unico schienale relativo alla vita nel monastero, su di esso è raffigurata una clarissa intenta a cibare i gatti presenti nel chiostro. Le decorazioni delle maioliche si devono agli artigiani Donato e Giuseppe Massa, che hanno armonizzato la policromia del Chiostro con tutti gli elementi architettonici e naturali circostanti.
Le pareti dei quattro lati del chiostro furono decorate nella prima metà del sec. XVII da un autore ignoto, probabilmente appartenente alla scuola di Belisario Corenzio.
Dall’ingresso al chiostro la prima parte della parete a destra è senza affreschi perché furono distrutti dal bombardamento.

Il Museo dell’Opera Francescana

Al termine di due dei bracci del Chiostro è posto l’ingresso al Museo dell’Opera. Suddiviso in quattro sale, il museo restituisce uno spaccato di storia napoletana, dall’antichità al XX secolo, e conserva alcuni tesori del monastero scampati al bombardamento del 1943.
Sala Archeologica. In questa prima sala del museo sono raccolti i reperti archeologici rinvenuti in questo sito durante i restauri effettuati dai Frati Minori negli anni ’50. Da questa sala, sulla sinistra, si accede allíarea archeologica esterna, dove si conservano i resti di un impianto termale del I sec. d.C.
Sala della Storia. Qui sono ricostruite le vicende e le vicissitudini del complesso monumentale nel corso dei secoli. Vi sono i busti dei due sovrani fondatori, Roberto e Sancia, le immagini della chiesa pre e post bombardamento e le fasi della ricostruzione.
Sala dei Marmi. Sono allocate statue e decorazioni marmoree, ivi collocate dopo il bombardamento della chiesa, nonchè una parte dei fregi che ornavano le celle delle clarisse, gli stemmi nobiliari presenti in chiesa nelle cappelle laterali.
Sala dei Reliquiari. Posta su un piano soppalcato, vi si conservano paramenti sacri, corredi liturgici, reliquie e portareliquiari lignei. Inoltre vi è conservato il busto ligneo dell’Ecce Homo, opera rinascimentale di Giovanni da Nola.
Sul fondo della sala è possibile vedere la tipologia delle stanze delle clarisse professe volte al servizio delle clarisse coriste. Si nota, infatti, all’interno della cella una scala di collegamento con il piano superiore.

L’Area Archeologica

L’itinerario prosegue nell’Area Archeologica, dove si trovano resti di uno stabilimento termale romano scoperto nel dopoguerra, che, presumibilmente, apparteneva a una villa patrizia. Poste fuori dalle mura urbane, le terme sono la testimonianza più completa a noi pervenuta delle antiche thermae di Neapolis, di struttura simile a quelle di Pompei e di Ercolano. Esse risalgono alla fine del I secolo d. C., e i relativi condotti idrici facevano parte dell’acquedotto del Serino.
L’edificio era composto da due livelli: uno ipogeico, l’altro costituito dagli ambienti termali veri e propri. Parte della struttura è ancora interrata, ma sono visibili il frigidarium, la cisterna, lo spogliatoio, il laconicum e la natatio.

 

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