SANTA MARIA DEL BANDO

Descrizione

Descrizione

SANTUARIO DI SANTA MARIA DEL BANDO

La Chiesa di Santa Maria del Bando di Atrani è documentata per la prima volta dal documento 221 del Codice Diplomatico Amalfitano del 9 settembre 1187. Essa fu edificata alle falde del Monte Maggiore, in un luogo dal quale veniva emesso il “bando” ai tempi della Repubblica Marinara (839 – 1131). Considerati i reperti marmorei in essa conservati, è ipotizzabile che si trattasse di una chiesa rupestre risalente all’Alto Medioevo.
L’appellativo “bando” è dovuto quasi certamente alla circostanza che da questa chiesa venivano proclamati i bandi, le condanne a morte, le diverse notizie che interessavano la popolazione.
L’edificio di culto è posto su di una falda del Monte Aureo ed è completamente isolata dal centro abitato di Atrani: vi si accede con un’arrampicata di circa 750 scalini.
Lo stile è romanico-amalfitano, secondo l’orientamento tipico delle chiese medievali est-ovest, che prevede l’altare maggiore ad est, cioè verso il luogo dal quale sorge il sole, simbolo di Cristo e dell’eternità.
L’interno è a navata unica (quasi quadrata) con volta a botte e con pregevoli dipinti.
Da una piccola porta accanto all’altare, sulla destra, si accede alla sacrestia, dove è conservata un’urna cineraria romana di marmo bianco, sulla sinistra si apre un altro piccolo vano che ospita la cella campanaria, dove si trovano due campane in bronzo, una delle quali porta incisa la dedica alla Madonna del Bando e l’anno della fattura (1924).
All’interno della chiesa, sopra l’altare, si trova un affresco quattrocentesco della Vergine Maria, che raffigura l’intervento della Madonna a favore di un condannato a morte; costui, salvo per miracolo, per voto dovette contribuire al restauro coevo dell’intero edificio ecclesiastico.
Chissà, forse la devozione degli Atranesi nacque proprio dall’invocato, estremo salvataggio, di un uomo destinato alla morte per mano di altri uomini.
La Vergine è raffigurata in piedi, con un vestito rosso ricoperto da un manto azzurro, il Bambino è sorretto dalla mano destra. Con la sinistra, la Madonna sostiene il piede di Gesù, mentre in basso è raffigurata la scena dell’imminente esecuzione.
Gli interventi del XVIII secolo le hanno conferito l’attuale aspetto barocco.
L’altare maggiore è del 1886 mentre il pavimento, messo in opera nel XIX secolo, è in maioliche quadrate policrome provenienti dalla chiesa collegiata atranese di Santa Maria Maddalena.
La chiesa, nei primi anni del XX secolo, fu sottoposta a restauro con le offerte dei cittadini, grazie alla solerzia del Rettore della stessa, Reverendissimo Don Bonaventura canonico Iovene, cameriere segreto del Sommo Pontefice.
Il 7 settembre 1944 l’allora arcivescovo di Amalfi, Mons. Ercolano Marini, con proprio decreto, incoronò l’immagine della piissima del Divino Bambino, ricorrendo la solennità della nascita della medesima Vergine, elevando, inoltre, la cappella con il titolo, le prerogative e gli onori di Santuario Mariano, concedendo, oltre a ciò, in perpetuo, ai fedeli che la visitano in quella data, di ottenere per una sola volta, in quel giorno, l’indulgenza.
All’interno del Santuario, viene custodita un urna cineraria romana, di forma quadrangolare di marmo (alt. 0,22; largh. 0,26; prof. O,24), dove fu già letta dal Pansa. Sotto la tabella, che è racchiusa da triplice listello, vi è il serto, che pende dalle corna di due teste d’ariete, scolpite agli spigoli. Sui lati minori sono superficialmente raffigurati un rettangolo per lato e alcune linee sinuose di sommaria fattura.
L’urna appartiene probabilmente agli anni della dinastia Giulio-Claudia e il Tiberio Claudio che le pose fu certamente liberto di Claudio o Nerone. L’epigrafe è interessante, perché testimonia un fenomeno che fu piuttosto frequente tra Augusto e Marco Aurelio, caratterizzato dall’affrancamento che un liberto imperiale concedeva a sua volta a una donna, che assumeva, per conseguenza, anch’ella il gentilizio della casa regnante e diveniva spesso, come qui, moglie del suo patrono.
Accanto al Santuario si trova la “Grotta di Masaniello” che, secondo la tradizione, sarebbe stato l’ultimo rifugio del capopopolo napoletano, la cui madre era Antonia Gargano di Atrani, prima di essere ucciso nell’attentato del 16 luglio 1647, avvenuto nella chiesa del Carmine di Napoli.
La sottostante abitazione, anch’essa dalla caratteristica colorazione bianca, posta in una pittoresca posizione, come la chiesa del Bando, sarebbe stata la casa della famiglia materna di Masaniello, raffigurata nei disegni dei pittori tedeschi del Grand Tour (Casa di Masaniello).
La parete rocciosa prossima alla cosiddetta “Grotta di Masaniello” ha regalato interessanti sorprese sia dal punto di vista geologico che antropico.
Nel corso di lavori di pulizia degli arbusti e delle erbacce, eseguiti dal gruppo che si occupa della manutenzione del Santuario di Santa Maria del Bando dal 1999, effettuati nell’area dei terrazzamenti, nel terreno scosceso antistante uno degli anfratti, si sono rese ben evidenti due grotte interessate dalla presenza di stalattiti e stalagmiti; sono stati rinvenuti, inoltre, diversi cocci di terracotta, nonché una serie di piccole lucerne invetriate di verde, segno della presenza dell’uomo in queste grotte.
Appaiono, altresì, tracce di un insediamento eremitico, forse attrezzato anche con un luogo di culto di epoca altomedievale.
Al momento l’area in questione è stata interdetta e la Soprintendenza ha assicurato il proprio coinvolgimento, in quanto invierà un’équipe  di studiosi che possa procedere all’analisi dei ritrovamenti e a un’esatta interpretazione e datazione degli stessi.
E’ probabile che in quegli anfratti sia vissuto per un certo tempo, nel 982, S. Saba da Collesano con altri monaci eremiti orientali e che ivi abbia costruito un oratorio. Durante la sua permanenza avrebbe risuscitato un bambino, figlio di un prete residente al di sotto delle grotte, mediante l’applicazione di un olio santo.
Attualmente il Rettore del Santuario è il Parroco don Carmine Casola Satriano.
Bibliografia essenziale
PANSA F.M., Istoria dell’antica Repubblica di Amalfi, II, Napoli 1724 (rist. anast. Forni, Sala Bolognese 1990).
CAMERA M., Memorie storico-diplomatiche dell’antica città e ducato di Amalfi, II, Salerno 1876 (rist. anast. Centro di Cultura e Storia Amalfitana, Amalfi 1999).
COZZA LUZI J. (a cura di), Historia et Laudes SS. Sabae et Macarii iuniorum e Sicilia, auctore Oreste Patriarcha Hierosolymitano, Roma 1893.
BORSARI S., Il monachesimo bizantino nella Sicilia e nell’Italia meridionale prenormanne, Napoli 1963.
CERENZA A., L’organizzazione monastica nel Ducato di Amalfi, in Istituzioni civili e organizzazione ecclesiastica nello Stato medievale amalfitano, Atti del Congresso internazionale di Studi amalfitani (Amalfi, 3-5 luglio 1981), Centro di Cultura e Storia Amalfitana, Amalfi 1986, pp. 147-266.
GARGANO G., La topografia di Atrani medievale, in “Rassegna del Centro di Cultura e Storia Amalfitana”, N.S. a. V (XV dell’intera serie), 10 (1995), pp. 109-148.
BOULVERT, Domestique et fonctionnaire sous le Haut-Empire romain, Paris, Les Belles Lettres, 1974, p. 270 seg.
Bibl. Pansa, Istoria, II, p. 186; da cui Muratori, Novus Thesaurus, III, p. 1528, 12; Camera, Istoria, p. 298, Mommsen, Inscript, regni Neapol., 138; Camera, Memorie, II, p.242; Mommsen, C.I.L., X.
Le Urne Romane della Costa D’Amalfi – Vittorio Bracco.

Professore Giuseppe Gargano storico medievalista

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