Descrizione
Il santuario, noto come santuario della Beata Vergine dell’Adorazione (detta anche Madonna di Reggio) o chiesa dei Santi Jacopo e Antonio, è situato in provincia di Massa Carrara, a Fivizzano, e la chiesa è anche sede della parrocchia omonima del vicariato di Fivizzano della diocesi di Massa Carrara-Pontremoli.
La fondazione della chiesa da parte dei monaci ospitalieri
In origine la chiesa fu fondata dai monaci ospitalieri di sant’Antonio alla fine del tredicesimo secolo, quando vennero da Vienne, in Francia, proprio con l’intenzione e il compito di assistere i pellegrini. Questi individuarono nella cittadina di Fivizzano proprio un punto fondamentale del percorso che da Roma portava fino in Francia.
Il Fonte battesimale scavato in un unico blocco di pietra che si trova nella chiesa, posizionato dietro nella navata sinistra e visibile subito entrando, è ancora oggi testimonianza della presenza di questi monaci. Come dimostra anche il simbolo del Tau di sant’Antonio abate, con il bastone di pellegrino di Giacomo il Maggiore, di cui è ornato.
L’ampliamento più importante venne realizzato nel 1576
Nella facciata della Chiesa spicca senza dubbio lo stemma marmoreo dei Medici, secondo quanto stabilito nel 1571 dalla comunità di Fivizzano. Se invece si guarda nel fianco sinistro della chiesa si nota lo stemma in arenaria dei Capitani di parte Guelfa, che prima era sistemato sulla facciata e che ora è invece stato ricollocato in questo punto della chiesa.
Nel complesso infatti l’edificio venne eretto nel 1377 ma l’ampliamento più importante venne realizzato nel 1576, quando l’orientamento della facciata originaria venne sostanzialmente invertito per fare in modo che la chiesa si affacciasse sulla piazza Medicea. L’interno presenta inoltre tre navate, scandite da quindici alte colonne ricavate dalla vicina cava di “Costìa” a Turlago.
La venerata immagine mariana presente all’interno del tempio mariano
A compiere i lavori di architettura è stato lo scultore “Ducarelli di Torano”, mentre gli stalli in noce del coro sono stati realizzati da Pisanino e da Angelo di Fazzano nel 1675. Sull’altare della navata destra è collocata una tela con la Resurrezione di Lazzaro di Pietro Sorri. Nella cappella del Sacro Cuore si trova invece il simulacro di Cristo Morto, scultura a grandezza naturale e in legno dipinta dal Milani.
Mentre invece all’interno di una nicchia è posizionata la statua in marmo di Cristo Redentore, risalente al quindicesimo secolo. Sull’altare maggiore, infine, in un ricco tabernacolo d’argento, si trova la parte più importante di tutto il santuario. Vale a dire l’immagine della Madonna della Adorazione, conosciuta anche come la Madonna di Reggio, che riporta direttamente all’evento miracoloso avvenuto nel 1596 che ha dato vita alla speciale venerazione che continua ancora oggi fin da allora.
Si tratta tuttavia di un culto ben più ampio, visto che già nel momento del prodigio la stessa immagine, richiesta da una donna allettata da oltre diciotto anni, era situata nella Basilica della Beata Vergine della Ghiara, che si trova a Reggio Emilia. Nel 1946 venne infine eretto il tempietto in marmi colorati che corona il tabernacolo della Madonna, stesso anno in cui la prepositurale fu dichiarata santuario mariano.
di Giovanni Bernardi dal sito internet “la Luce di Maria”.
Apparizione di Fivizzano della Beata Vergine dell’Adorazione 5 maggio 1596
Un’umile donna di nome Margherita, detta Caugliana dal paese d’origine del marito, vive la sua vita semplice e ordinaria di mamma di famiglia e di sposa, quando improvvisamente si ammala. Si pensa ad una di quelle solite malattie dalle quali ben presto ci si rimette, ma passano i giorni, le settimane e Margherita non accenna a migliorare. I medici non sanno stabilire la natura dell’infermità; le cure non approdano a nulla. L’ammalata giace immobile nel suo letto senza speranza di poter riacquistare le forze e di potersi rialzare. La vicenda suscita profonda pietà; ovunque si parla di lei, del suo caso infelice, ed inizia un lungo pellegrinaggio di gente che viene a salutare e confortare la povera inferma. Poi, a poco a poco subentra l’assuefazione e l’indifferenza. La speranza della guarigione si allontana, le visite si fanno sempre meno frequenti. Solo qualche comare del vicinato e qualche conoscente affezionato vengono a tenerle compagnia e a prestarle qualche servizio. Il mondo continua il suo ritmo di vita e Margherita è sempre presente a se stessa, conscia del suo dolore e del suo stato infelice. Dal letto delle sue sofferenze prega e spera.
Dopo diciotto anni di questa infermità e solitudine, giunge alle orecchie di Margherita la notizia che a Reggio Emilia, in una località deserta, chiamata “La Ghiara”, si venera un’Immagine della Madonna che dispensa grazie e favori straordinari. La fiducia dell’inferma si rianima; è certa che la Madonna farà anche a lei la grazia. Da quel momento si rianima e cresce in lei la fiducia.
In questo stato d’animo, un giorno sente chiedere permesso e vede aprirsi la porta; è Nicola Vaseschi, vicino di casa ed amico, che dovendosi recare per affari a Reggio, è passato a chiedere, per cortesia più che per convinzione, se Margherita abbia bisogno di qualche cosa. L’inferma vede in questa visita l’ispirazione del cielo, e subito risponde: «Di una gran cosa, che vi recherà poco fastidio. Portatemi un’Immagine della Madonna della Ghiara». Non dice altro, ma si raccomanda che Nicola non se ne dimentichi, e vive nella speranza. «Vi pare, Margherita! – risponde Nicola – Fate conto di avere già l’Immagine con voi».
Qualche giorno dopo, precisamente il 5 maggio 1596, Vaseschi ritorna, e Margherita per prima cosa gli chiede: «E l’Immagine?». Dall’ansia dell’inferma, il povero uomo comprende la gravità della sua dimenticanza, e confuso, a testa bassa risponde con un fil di voce «Margherita, mi sono dimenticato!». L’inferma che nell’impeto del desiderio, alla vista di Vaseschi si è leggermente sollevata, ricade sui cuscini, gli occhi le si riempiono di lacrime e, con un gesto di invocazione, volge lo sguardo al cielo. Meraviglia! Alla trave del soffitto è appesa un’Immagine della Madonna, piuttosto grande: l’Immagine tanto desiderata. È la Madonna della Ghiara, dolce e soave nell’atto di adorare il Figlio, con graziosi fiorellini ai suoi piedi. Margherita lancia un grido e sente una vitalità nuova nelle sue membra; d’un tratto le è ritornata l’elasticità dei movimenti. Si fa portare le vesti, si precipita dal letto ed in ginocchio, con le braccia protese verso l’Immagine, esclama: «Sono guarita, sono guarita!». Le lacrime sgorgano abbondanti dai suoi occhi. Dopo diciotto anni di immobilità e di malattia, ora è fuori dal letto, sana e in forze, davanti all’Immagine miracolosamente apparsa.
La notizia si diffonde in un baleno e la gente accorre. In quella umile stanza, testimone per tanti anni dei dolori della povera inferma, ora guarita, inizia la prima fervida venerazione di quell’Immagine, che giunge fino ai giorni nostri. La Madonna chiamata dagli abitanti di Fivizzano «Madonna di Reggio» è liturgicamente venerata sotto il titolo di «Madonna dell’Adorazione», per l’atteggiamento di adorazione con il quale Maria si rivolge al Figlio. La devozione popolare è molto diffusa e sentita; ogni casa possiede la sua Immagine, posta sui frontoni e nelle camere, e fino a questa generazione le spose hanno portato incisa nell’anello matrimoniale l’Immagine della «Madonna dell’Adorazione».
di Don Mario Morra SDB (tratto dalla rivista “Maria Ausiliatrice” del santuario omonimo di Torino)
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