Descrizione
Beata Teresa Bracco, Vergine e martire.
Visse la vita semplice dei campi, distinguendosi per virtù familiari, per pietà e per rara modestia cristiana. La sua maturazione spirituale avviene sotto la guida del parroco don Natale Olivieri. San Domenico Savio, di cui era devota, le suggerisce la decisione suprema: “Piuttosto che fare peccato, mi faccio ammazzare”. Il rastrellamento tedesco del 28 agosto 1944 le offre l’occasione di realizzare l’eroico proposito. Sequestrata da un militare tedesco, tenta prima di eluderne i brutali intenti portandolo in prossimità di abitazioni e, impedita, preferisce rinunciare alla vita piuttosto che perdere la virtù così gelosamente custodita per amore di Dio. La trovano cadavere martoriato il 30 di agosto. Papa Giovanni Paolo II l’ha dichiarata Beata il 24 maggio 1998 durante una solenne celebrazione a Torino.
Le sue spoglie riposano nel Santuario della Frazione Santa Giulia, nel comune di Dego (SV). La Diocesi di Acqui Terme e la Regione Pastorale Piemontese fanno memoria della Beata Teresa Bracco in data 30 agosto, mentre il suo nome è citato dal Martyrologium Romanum nell’anniversario della morte, il 29 agosto.
Martirologio Romano: Nel paese di Santa Giulia in Piemonte, beata Teresa Bracco, vergine e martire, che, lavoratrice nei campi, nel corso della seconda guerra mondiale, morì percossa dai soldati per aver difeso strenuamente la propria castità.
La chiesa di San Marco Evangelista della Frazione di Santa Giulia in Dego è stata elevata a Santuario della Beata Teresa Bracco il 30 agosto 2012.
LA VITA
Penultima di sette figli, Teresa Bracco era nata il 24 febbraio 1924 nel piccolo paese di Sanvarezzo-Santa Giulia, Comune di Dego (Savona) e diocesi di Acqui Terme. Mamma Angela ogni giorno apriva un grande libro di preghiere e la domenica, dopo la Messa, papà Giacomo interrogava le figlie più grandi sulla Parola ascoltata e sulla predica del sacerdote.
Mamma Angela e papà Giacomo, profondamente pii, furono il primo esempio di fortezza cristiana, soprattutto quando, nel 1927, seppellirono nel giro di soli tre giorni due figli di nove e quindici anni, Giovanni e Luigi. Una fede, la loro, duramente sottoposta al crogiolo della prova.
Teresa poté frequentare la scuola fino alla quarta elementare, perché a Santa Giulia non c’erano altre possibilità; con il suo lavoro di pastorella cercava di contribuire al sostentamento della numerosa famiglia. Una sua compagna di quel tempo ha testimoniato come lei cercava di portare sempre il suo gregge dove era sistemata Ginin (così era chiamata in famiglia Teresa). Perché? Perché Ginín sapeva recitare il Rosario. La corona l’aveva sempre con sé e al pascolo il lavoro quotidiano era scandito dall’alternarsi delle Ave Maria.
Chi l’ha conosciuta afferma che Teresa era una ragazza estremamente riservata, modesta, delicata nel rapporto con le persone, sempre pronta ad offrire il suo aiuto. Dotata di non comune bellezza, due grandi occhi scuri e vellutati che risaltavano sul bel viso serio e pensoso incorniciato da grosse trecce brune, Teresa però non è affatto incline alla vanità femminile, neppure la più innocente, tipica dell’età giovanile, e sa attirarsi l’ammirazione rispettosa di tutti i suoi compaesani, tanto che uno di essi allora ebbe a dire: “Una ragazza così io non l’avevo mai vista prima e non l’ho mai più vista dopo”.
C’era in Teresa qualcosa di diverso dalle altre ragazze, ricorda una sua amica; dimostrava serietà, onestà e rettitudine in tutto. Era la migliore di tutte noi, confida la sorella Anna; al pascolo non faceva che pregare.
Con la complicità di papà Giacomo, Ginín sacrificava volentieri delle preziose ore di sonno pur di potersi comunicare. La chiesa, infatti, non era tanto vicina e la Messa si celebrava sempre all’alba. Ma per nulla al mondo lei avrebbe rinunciato all’Eucarestia quotidiana.
Teresa era un’anima estremamente ricettiva e accogliente verso il mistero di Dio. La sua maturazione spirituale si realizzò sotto la guida del parroco, don Natale Olivieri, nella semplicità della vita dei campi e delle faccende domestiche. Un cammino di santità, il suo, molto feriale, dal tono quasi dimesso, ma dove la fedeltà al Vangelo era totale, e senza cedimenti. Una fedeltà senza compromessi. Invero, come sostiene efficacemente Madre Anna Maria Canopi, benedettina e autrice di testi di profonda spiritualità, “poiché il genio di Dio è l’amore, è nell’amore che egli plasma i Santi mettendo in essi il proprio sigillo di fuoco”.
In casa Bracco arrivava regolarmente il Bollettino Salesiano: sulla copertina della rivista, nel 1933, campeggiava in primo piano il ritratto del piccolo Domenico Savio, di cui la Chiesa aveva appena riconosciuto le virtù eroiche. Il ragazzo era figlio di contadini, proprio come lei, e alla scuola di don Bosco era arrivato all’impegnativo proposito: “La morte ma non peccati”.
Teresa, che aveva solo nove anni, ne fu affascinata: ritagliò l’illustrazione, la pose sulla testata del letto ed il motto del giovanissimo Santo diventò il suo programma di vita. Una decisione fermissima che la piccola Bracco aveva voluto assumere solennemente il giorno della sua Prima Comunione: “La morte ma non peccati”, sull’esempio di Domenico Savio. “Piuttosto, mi faccio ammazzare”. Proposito a cui si dimostrò fedele fino al martirio.
Il 28 agosto 1944, nelle Langhe, tre ragazze vennero sequestrate da alcuni soldati nazisti. Due di loro, dopo la violenza subita, tornarono alle loro famiglie; la terza venne trovata due giorni dopo, nel bosco, in un lago di sangue. Aveva appena vent’anni ed era Teresa.
La mattina di quel 28 agosto del ’44, dopo aver partecipato alla S. Messa, Teresa aveva trovato un carico di letame preparato dalla sorella Maria da andare a spargere nel campo della Braia. Si era incamminata perciò verso il lavoro che l’attendeva, ma dopo un po’ l’aveva raggiunta la notizia dell’arrivo delle truppe tedesche al suo paese, la frazione di Santa Giulia. Pensando allora alla mamma rimasta sola sul posto (il papà era venuto a mancare appena due mesi prima), aveva abbandonato i suoi attrezzi di lavoro per correre verso casa.
Nel rastrellamento nazista donne e bambini avevano trovato rifugio nella forra del Rocchezzo. Qui i tedeschi fanno purtroppo irruzione sequestrando le donne più giovani, fra cui pure Teresa, come bottino di guerra. Ma lei non ci sta, per amore degli insegnamenti evangelici la ragazza rifiuta energicamente di sottostare alle voglie dell’ufficiale nazista che l’ha presa con sé, e cerca di scappare attraverso il bosco; lui però la raggiunge e, preso dal furore, la strangola, quindi le spara un colpo di rivoltella al cuore e, poi, non pago di tanta ferocia, col suo scarpone le sferra un calcio alla tempia sinistra fino a sfondarle il cranio.
La dinamica del barbaro assassinio risulterà chiaramente nell’esame dei suoi resti mortali fatta il 10 maggio 1989 per ordine del Tribunale Ecclesiastico. Fu veramente un delitto orrendo; e quello della giovane Teresa Bracco, che la Chiesa ha proclamato Beata pochi anni fa, fu un sacrificio davvero eroico, compiuto per fedeltà a Cristo e al Vangelo.
Il suo corpo martoriato venne ritrovato nell’atteggiamento della suprema difesa della sua integrità fisica. Qualcuno scrollò il capo di fronte alla sua fine eroica. Una morte inutile, si disse. Avrebbe potuto sopravvivere alla violenza, come le altre due ragazze, e tornare sana e salva alla sua famiglia. Perché opporsi così strenuamente al male?
Ma soltanto pochi mesi dopo la sua morte, si raccontava di qualcuno che aveva ricevuto benefici dall’intercessione di Teresa. La fama del suo martirio si spargeva così nelle parrocchie confinanti mentre la vox populi l’acclamava come la nuova Santa Maria Goretti delle Langhe.
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