Beata Vergine della Comuna

Descrizione

Descrizione
Il Santuario ebbe origine da un’apparizione della Madonna avvenuta verso la fine del ‘300: una pastorella sordomuta si trovava in località Casone (così si chiamava allora la Comuna) quando la Vergine le apparve guarendola e dicendole: “Sono la Madonna. Dì a quelli di Ostiglia che costruiscano qui una chiesetta in mio onore: verrà molta gente, farò molte grazie“.
La giovane riacquistò la parola e per soddisfare il desiderio della Madonna, fu costruita una piccola cappella chiamata “del Casone”, probabilmente perché vicino si trovava un capannone di tronchi e coperto di paglia, nel quale i contadini, in estate, erano soliti depositare la legna ed il fieno e d’inverno i pastori vi passavano la notte con il gregge.
Di questa cappella non rimane che qualche residuo di muro ed uno sbiadito affresco del Quattrocento raffigurante la Madonna con il Bambino, tra le figure di Sant’Antonio Abate e di Santa Lucia, gelosamente custodito sulla parete esterna dell’attuale Santuario, a testimonianza della storia.
Prima di essere interamente ricostruito nelle forme che oggi ammiriamo, il Santuario era designato con la denominazione di “Oratorio della Beata Vergine del Cason“.
Ben presto il concorso dei fedeli si intensificò e i prodigi si moltiplicarono, ma con il tempo e l’avversità degli eventi, la cappella andò in rovina. Si decise, pertanto, di ricostruirla.
Nel 1533 i dirigenti comunali si rivolsero alla munificenza di Federico II Gonzaga, quinto marchese e primo duca di Mantova, il quale intervenne anche in riconoscenza alla Madonna per la nascita del primogenito Francesco, figlio di Margherita Paleologa, marchesa del Monferrato.
Il suo nome appare inciso – ma forse si tratta di un’iscrizione non coeva – sullo stipite sinistro del portale d’ingresso: ANNO MDXXXIII / REGENTE / DIVO / FED. GONZ. / II MANTVAE / MARCH. V / DUCE I / S. V. MARIAE / DICATU (Anno 1533, sotto il governo di Federico Il Gonzaga, marchese di Mantova e primo duca, consacrato a S. M. Vergine).
Come riferisce il Caiola nel raccontare la storia di Ostiglia, dopo aver ottenuto l’assenso del vescovo di Verona, Gian Matteo Giberti, dal quale a quei tempi dipendeva Ostiglia, si diede inizio ai lavori, che furono conclusi senza difficoltà. La stessa intitolazione del santuario da allora mutò in “Madonna della Comuna“, cioè della Comunità, del Comune, poiché proprio il comune, intervenne cospicuamente nelle spese assieme a molti anonimi devoti.
Il rifacimento della chiesa fu probabilmente affidato a Giulio Romano. La consacrazione avvenne nel 1539.
Nel corso dei secoli, dolorose vicende colpirono le popolazioni della zona, ma mai vennero meno l’aiuto e la protezione della Madonna della Comuna.
Memorabile, nel settembre del 1618, la spaventosa inondazione del Po. Le acque limacciose ed impetuose travolsero gli argini del fiume e sommersero ogni cosa. Gli abitanti di Ostiglia si rivolsero fiduciosi alla Madonna della Comuna e le loro vite furono salve.
Nel 1796 le soldatesche francesi invasero l’Italia e non risparmiarono le popolazioni del Mantovano. Le Chiese furono profanate e spogliate dei loro tesori d’arte; anche il Santuario della Comuna fu depredato dei tanti segni della devozione e della riconoscenza dei fedeli alla Madonna. Ma la fiducia in Maria della popolazione di Ostiglia non venne meno.
In seguito a numerosissime grazie ottenute, il 23 novembre del 1920 la Madonna della Comuna fu onorata con solenne rito della Corona d’oro, come segno di gratitudine.
Alle grandiose feste per l’Incoronazione intervennero il Patriarca di Venezia, il Vescovo di Adria già parroco di Ostiglia, il Vescovo di Rovigo, di Mantova ed un’enorme folla. Per l’occasione, il Santo Padre Benedetto XV concesse numerose indulgenze ed inviò la sua personale benedizione tramite il Segretario di Stato, il Cardinal Pietro Gasparri.
Gli ultimi Sacerdoti diocesani in servizio al Santuario furono gli indimenticabili Don Sergio Negri (Rettore dal 1977) e Don Olivo Valente (Confessore dal 1983).
Ad essi subentrarono i Fratelli di San Francesco nel 1993.

L’ARTE NEL SANTUARIO

Nel 1533, per volontà del duca Federico II Gonzaga, il santuario fu ricostruito nelle forme attuali, progettate dall’architetto Giulio Romano, con un portico premesso alla facciata e al fianco sinistro e un interno di straordinaria bellezza.
La triplice navata dell’interno ricorda il Duomo di Mantova. Snelli pilastrini marmorei separano il vano centrale dalle navate laterali e dal presbiterio, dove tra le settecentesche statue di Sant’Anselmo (patrono della diocesi di Mantova) e di San Zeno (patrono della diocesi di Verona, entro la quale un tempo il santuario rientrava) troneggia la venerata immagine della Vergine vista nella sua regalità.
Le cinque arcate longitudinali sono sormontate da finte finestre con timpani dorici o ad arco di cerchio. Pregevole il soffitto ligneo a cassettoni decorato con un motivo di fiori ed angeli sopra ognuno dei 15 comparti in cui il soffitto si divide. Da ammirare la statua scolpita in legno di salice (l’albero dell’Apparizione) della Madonna della Comuna; di incerta datazione, una tela settecentesca raffigurante San Carlo Borromeo e la teoria degli stemmi (i Gonzaga, la città di Ostiglia, la famiglia Cavalli).
Nel santuario si conservano anche alcuni affreschi di discreto valore: l’affresco della Vergine fra S. Antonio Abate e S. Lucia, nella navata sinistra, è della fine del ‘400, un’opera strappata dalla parete interna e ora collocata nel presbiterio. Rimandano alla prima costruzione anche i resti di un affresco di modesta fattura, ancora visibile sulla lunetta dell’antica porta e raffigurante San Martino che dona il proprio mantello al povero.
Dell’originario oratorio del Casone rimane il campanile gotico.

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