Madonna della Speranza

Descrizione

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La storia della Madonna della Speranza

Il 20 aprile del 1819 giungeva a Marigliano l’immagine della Madonna della Speranza.
Il culto alla Madre della Speranza fu introdotto dai Padri Passionisti nella seconda metà del XVIII sec., ed esattamente fu il padre Tommaso del Costato di Gesù (poi vescovo di Todi) che nelle sue Missioni recava sempre con sè una copia di questa immagine denominata “Mater Sancte Spei”. Tradizione divenuta poi consuetudine per i PP. Passionisti, di portare una copia del quadro nelle loro Missioni per poi lasciarla nel luogo chiedendo culto e venerazione.
Così, nel 1819, un padre napoletano dei Pii Operai, p. Pasquale Colella, ed un devoto della Vergine, il Sig. Michele de Martino, fecero realizzare diverse copie del quadro che già si venerava a Napoli nella distrutta chiesa di San Nicola alla dogana, per poi distribuirle in varie chiese del Regno, con l’obbligo di diffonderne il culto.
Il 20 aprile del 1819 ce ne dà cronaca p. Giuseppe Arcangelo di Fratta Maggiore – minore osservante – nei suoi “Panegirici Sacri e Sermoni Predicabili” – Napoli 1832 – che testualmente, con nota a piè di pagina, riferisce: “1) A divozione del Signor D. Michele de Martino, il R.P.F. Pasquale Colella Sacerdote Missionario della Congregazione di S. Giorgio, avendo portata nella Terra di Marigliano un Immagine della Madonna della Speranza, affinché si mantenesse colla dovuta venerazione, fu stabilito che si mettesse in una Cappella dentro la Chiesa di S. Vito de’ Frati Minori Osservanti, circa mezzo miglio distante da detta Terra, e così fu eseguito. L’anno adunque 1819, addì 20, di aprile, giorno solenne di Pasqua, di mattina, fu ordinata una divota processione, composta di fratelli delle Congregazioni, e del Clero secolare, e presa la Sacra Immagine dalla Chiesa Madre di Marigliano, fu trasportata processionalmente al Convento di S. Vito. Quivi all’ingresso dell’atrio si trovarono tutti li Religiosi, che ricevettero la detta Immagine, e postisi anch’essi in ordine di processione, e trasportatela in Chiesa, l’eressero un altare a posto, dove adesso si venera.” Probabilmente non fu estranea all’avvenimento la famiglia mariglianese “Giordano” che, come riferiscono i frati nelle Cronache Conventuali, nutriva per la “Speranza” una forte venerazione.
Da quell’anno la festa, stabilita nella domenica in albis, non è stata mai interrotta, neanche nel periodo buio della soppressione (1866).
Il quadro è un olio su tela e misura 70 x 100 e rappresenta la Vergine con sguardo sublime avvolta in un manto azzurro ricoperto di stelle d’oro che abbraccia con la destra il Bambino Divino, irto su di una mensola lignea che mostra nella mano destra un piccolo cuore fiammato e nella sinistra una Crocetta. La Vergine, invece, con la sinistra regge un’ancora d’oro simbolo della speranza. Entrambe le figure sono coronate da un diadema di oro gemmato; due teste di angeli in adorazione si trovano nella parte alta della tela mentre sulla sinistra della Vergine vi è una stella di oro caudata ed alla base del quadro una scritta ci dice che quella è: “LA VERA MADRE DELLA SANTA SPERANZA”. Fu restaurato una prima volta, in occasione dell’incoronazione del 1936, dal pittore Salvatore Caliendo che, come apprendiamo dalle citate Cronache Conventuali, “lo irrobustì di tinte e ne aggiustò i difetti” adattandolo alla nuova collocazione. L’aspetto attuale invece è il frutto di un accurato restauro fatto eseguire da p. Lorenzo Malatesta nel 1992, che lo riportò alle forme originali rivelando la primitiva fattura, a mio avviso un pò dozzinale curato però soprattutto nei volti della Vergine e del Bambino (particolare notato anche da papa Francesco).
Alla diffusione del culto, negli anni ’30 del ‘900, è legato il nome del p. Silverio Sgambati che nel 1936 fece realizzare il trono in marmo dietro l’altare maggiore, al centro dell’abside, dove fu posto il dipinto inquadrato in una candida raggiera in marmo di Carrara.
Alla richiesta del p. Silverio e per le mani del Vescovo di Nola mons. Michele Camerlengo è dovuta la solenne incoronazione ad opera del Capitolo Vaticano, avvenuta il 5 luglio del 1936.
Tra le poche notizie che ci sono pervenute resta nell’archivio del convento una copia della bolla di Papa Leone XIII che nel 1886 concesse indulgenze ai fedeli che si recavano nella Chiesa di San Vito a visitare l’immagine di Maria SS. della Speranza e ne celebravano la festa.
Il 19 aprile 2017 p. Giuseppe Sorrentino, guardiano del convento di San Vito, insieme ad un folto numero di fedeli, portava da papa Francesco in piazza S. Pietro il quadro della “Speranza”. Il Santo Padre al termine dell’Udienza Generale salutava così i numerosi pellegrini: “saluto i fedeli di Marigliano, che ricordano l’80° anniversario dell’Incoronazione dell’immagine della Madonna della Speranza. Auspico che quest’incontro sia per tutti occasione di rinnovata adesione a Gesù e ai suoi insegnamenti”. Al termine dell’Udienza, P. Giuseppe ha presentato al Santo Padre il quadro originale della Madonna ed il Papa, dopo aver affermato più volte: “che bel sorriso ha questa Madonna, ha benedetto la sacra effige ricevendone in dono una copia.
Il 20 aprile 2019, il Vescovo di Nola mons. Francesco Marino, dopo aver ascoltato le suppliche che P. Giuseppe Sorrentino, a nome dei numerosi fedeli ha in più occasioni esposto e in seguito alla richiesta formale del Ministro Provinciale P. Carlo D’Amodio ha presieduto una solenne Celebrazione Eucaristica alla presenza di numerosi frati, sacerdoti secolari, autorità civili e militari ed ha elevato a “Santuario diocesano della Madonna della Speranza” l’ antica Chiesa francescana di San Vito.
In occasione del II centenario dell’arrivo del quadro, la Penitenzieria Apostolica ha concesso per un anno l’Indulgenza Plenaria a tutti i fedeli.

La storia del Santuario

Il complesso conventuale di San Vito fu costruito nel 1497, accanto all’antica chiesa di San Vito, da Alberico Carafa, I conte di Marigliano, che nel 1499 lo donò ai Frati Minori Osservanti. La chiesa di San Vito era conosciuta sin dall’antichità per la presenza del sepolcro del Martire ed è citata per la prima volta in alcune “Bolle Pontificie” del XIII sec.. Folle di Pellegrini, richiamati dai numerosi Miracoli, qui accorrevano per invocare il Santo in soccorso di quelle persone affette da idrofobia o dalla malattia nervosa corea, volgarmente chiamata “ballo di San Vito”. Questi furono certamente i motivi che spinsero il conte a costruire il convento ed ampliare la Chiesa. La nuova chiesa ebbe tre navate ed un nuovo orientamento, cioè con l’ingresso rivolto a nord, verso il centro di Marigliano, in asse con la principale porta di mezzogiorno. Nella navata vi sono una serie di cinque altari sulla sinistra e quattro sulla destra. L’abside, dominata dal bel Crocifisso del XVII secolo, oggi rispecchia il modello cinquecentesco con il coro ligneo e la mensa centrale.  Sopra l’ingresso vi è il coro, costruito nella seconda metà del 1600, chiuso da un’elegante balaustra barocca con fregi in oro. Dal primo arco, a sinistra, si accede alla navata laterale dove, nella penultima campata, si trova la Tomba di San Vito. Interessante è l’affresco tardo-quattrocentesco che rappresenta la deposizione del Martire nel sepolcro. Nel primo arco sulla destra dell’ingresso vi è la tomba del Servo di Dio “P. Michelangelo Longo”. Mentre dal quinto arco si accede alle ripristinate campate della navata destra. Qui vi sono due altari provenienti dalla navata principale, con i rispettivi dipinti. La navata laterale termina con la cappella “d’Avenia”, del 1593, messa in risalto da un bellissimo arco in piperno scolpito a grandi rosoni. In essa possiamo ammirare il monumento funebre di Antonio d’Avenia ed alcune lastre tombali con epigrafi un tempo ubicate sul pavimento, mentre la cinquecentesca pala d’altare, attribuita a Decio Tramontano, raffigurante la Madonna delle Grazie con alcuni Santi e il ritratto del Vicario capitolare Bartolomeo d’Avenia, è stata sistemata nel coro superiore. Al suo posto vi è la statua lignea dell’Immacolata del XVIII sec..

Colpisce il visitatore, sin dall’ingresso, la preziosa immagine della “Madonna della Speranza”, posta alla sinistra dell’altare maggiore e messa in risalto dall’artistica raggiera di marmo bianco. Il quadro, che arrivò a Marigliano il 20 aprile 1819 giorno di Pasqua, ha cambiato più volte collocazione fino ad arrivare a quella attuale. Il quadro è un olio su tela e rappresenta la Vergine con sguardo sublime avvolta in un manto azzurro ricoperto di stelle d’oro che abbraccia con la destra il Bambino Divino, irto su di una mensola lignea che mostra nella mano destra un piccolo cuore fiammato e nella sinistra una Crocetta. La Vergine, invece, con la sinistra regge un’ancora d’oro simbolo della speranza. Entrambe le figure sono coronate da un diadema di oro gemmato; due teste di angeli in adorazione si trovano nella parte alta della tela mentre sulla sinistra della Vergine vi è una stella di oro caudata ed alla base del quadro una scritta ci dice che quella è: “LA VERA MADRE DELLA SANTA SPERANZA”. P. Silverio Sgambati nel 1936 fece realizzare il trono in marmo dietro l’altare maggiore, al centro dell’abside, dove fu posto il dipinto inquadrato in una candida raggiera in marmo di Carrara, poi spostato nell’attuale collocazione negli anni 90 da P. Lorenzo Malatesta. Alla richiesta del p. Silverio e per le mani del Vescovo di Nola mons. Michele Camerlengo è dovuta la solenne incoronazione ad opera del Capitolo Vaticano, avvenuta il 5 luglio del 1936. Grazie all’impegno e alla caparbietà di p. Giuseppe Sorrentino il 19 aprile 2017, insieme ad un folto numero di fedeli, la Venerata immagine fu portata da papa Francesco in piazza S. Pietro. Il 20 aprile 2019, a duecento anni dall’arrivo del quadro, il Vescovo di Nola, mons. Francesco Marino, con una solenne celebrazione elevava la chiesa di San Vito a “Santuario diocesano della Madonna della Speranza”.

Di grande effetto è l’arioso soffitto, dipinto nel 1927 da Salvatore Caliendo di Palma Campania, che rappresenta la Gloria di San Vito fra gli angeli circondato da una scenografica architettura. Il nucleo principale del Convento è costituito dal chiostro che poggia su un lato della chiesa, intorno al quale originariamente vi erano soltanto il refettorio, l’oratorio, la foresteria, la portineria e le celle dei frati. Nel corso dei secoli, secondo le modificate esigenze, all’antico fabbricato sono state affiancate nuove fabbriche. Nel 1840 fu costruito il secondo chiostro ed un nuovo corpo a sud che ospitò al primo livello il nuovo refettorio e al secondo un ampio Seminario.

L’angolo più suggestivo di tutto il complesso è il chiostro, tipica costruzione conventuale, eretto nel 1497. Esso si presenta fine, nitido, bello nell’insieme. Su una forma rettangolare si aprono quattro e tre arcate a tutto sesto rette da agili e semplici colonne marmoree con capitelli dorici. Interessanti sono il pozzo ottagonale in pietra lavica, sulle cui facce principali spiccano lo stemma di Marigliano e quello francescano, le numerosi lastre tombali provenienti dalla chiesa poste sulle pareti, nonché alcuni pannelli in maiolica del XVIII e XIX sec. residui degli antichi pavimenti. Nell’ampio refettorio ottocentesco emerge per la sua grandezza l’affresco raffigurante il Capitolo delle Stuoie di S. Francesco, nonché sei artistiche tele circolari, posizionate sui finestroni, raffiguranti: S. Francesco, S. Antonio, S. Chiara, S. Bonaventura, S. Domenico e S. Giovanni da Capistrano, del XVIII secolo. (Antonio Esposito)

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