Madonna di Rosa e Gesù Misericordioso

Descrizione

Descrizione

La storia del Santuario “Madonna di Rosa e Gesù Misericordioso” e dell’Immagine della Madonna, ci porta nel lontano 1600, e precisamente nel 1655, ed è legata alle vicende del fiume Tagliamento. Il fiume, che scende dalle Alpi Carniche, nei millenni ha accumulato soprattutto nel suo medio corso un enorme manto di ghiaia, sotto cui scorre sotterraneo per lunghi tratti, riemergendo qua e là con vene più o meno turgide e regolari, come trecce che si fanno e si disfano continuamente. Da sempre il grande fiume, nei periodi di forte piovosità nella catena alpina, ingrossa a valle le sue acque, diventando “rapace e feroce, mutevole e travolgente”. Della sua irruenza, ne sapevano qualcosa i diversi villaggi sparsi ai bordi del suo alveo e ne sapeva qualcosa anche il nucleo abitativo di “Rosa” che, più volte aggredita dalle violenti piene del Tagliamento, nel giro di circa tre secoli dovette occupare ben quattro diverse posizioni, come testimoniano le quattro chiesette costruite negli anni dal 1648 al 1851: una sulla sponda sinistra del fiume e tre sulla sponda destra.

Il primo segno
Giacomo Giacomuzzi di Rosa, per sé e la sua numerosa famiglia, nel 1649 ricostruì una nuova abitazione, portandosi però dalla sua vecchia casa un riquadro di ciottoli di fiume, nella cui facciata in calce era stata affrescata una dolce Madonna con il Bambino in braccio. Nell’abbattere la vecchia casa, quel quadrato, con l’immagine della Vergine, pur cadendo, non si era rotto. E pertanto egli pensò di ricollocarla nella sua nuova casa, proprio all’entrata, sotto il portico. Davanti a quell’immagine spesso la sua famiglia si raccoglieva in preghiera. Eppure sia lui che molti del paese avevano la brutta abitudine di imprecare, durante la giornata e nel lavoro dei campi, contro Dio, con frasi blasfeme, lamentandosi per la dura vita, per l’inclemenza del luogo, dopo la carestia e la peste.

Apparizione della Madonna a Mariute
Il 2 febbraio 1655, festa della Presentazione di Gesù al Tempio, gran parte della famiglia Giacomuzzi era in chiesa per le funzioni religiose. Era rimasta a casa, con le zie, Mariute, una figliola di otto anni e mezzo, sofferente di morbo epilettico. D’un tratto le zie videro il volto di Mariute fissare l’immagine della Vergine e, mentre la fanciulla si avvicinava alla Madonna dipinta sul muro, il volto le si illuminava felice, come in estasi. Le zie, sorprese per quanto stava avvenendo sotto i loro occhi, attesero che la ragazzina si riprendesse da quello stato di rapimento e poi subito la subissarono di domande: chi? come? perché? cosa hai visto? La Mariute, con insolito linguaggio, per lei che era affetta da mal caduco, riportò le parole dell’apparizione, con grande serenità e dolcezza:
“Io non sto bene in questo luogo dove si bestemmia contro mio Figlio. Di’ a tuo padre che si ravveda e che mi faccia trasportare in una Chiesa posta su una strada frequentata. Avverti anche gli abitanti della zona di astenersi dal peccato della bestemmia. Per causa di questa enorme empietà furono devastate dalla grandine le vostre campagne negli ultimi anni e stanno sospesi sul vostro capo castighi ancora più terribili. Fa’ quanto ti dico, e d’oggi in avanti non sarai più esposta agli attacchi del male, che finora ti ha molestato”.
Il padre di Mariute, Giacomo, venuto a conoscenza della apparizione della Vergine alla figlia, improvvisamente guarita dalla malattia che l’affiggeva dalla nascita, sentì il bisogno di parlarne col curato di Rosa prima e poi con il vecchio pievano di Pieve di Rosa, ma entrambi lo licenziarono in malo modo, non credendo al suo racconto. Chi gli credette fu invece un padre francescano, Padre Vitale Vitali, venuto da Roma a San Vito per tenere le prediche quaresimali. Costui, fatte le sue prudenti indagini sulla apparizione e sui fatti di Rosa, concluse che “la Santissima Vergine era apparsa e aveva parlato alla fanciulla Maria Giacomuzzi di Rosa”. Da qui la decisione di trasportare la miracolosa immagine a San Vito. Era la sera del 31 marzo 1655, quando fu allestito un carro per il trasporto. Lo stesso Giacomuzzi vi aggiogò un paio di buoi della sua stalla. Quando iniziarono il viaggio, il sole era vicino al tramonto: il pievano ed il popolo, con gonfaloni e fiaccole, seguirono in devoto pellegrinaggio il carro. L’immagine, secondo Padre Vitale Vitali, fu scortata anche da tre Angeli in cielo, che sembravano tre torce accese.

Il trasporto dell’immagine ed i primi miracoli
L’accompagnarono fino alla Chiesetta di San Nicolò, fuori di San Vito, e proprio in questa chiesetta fu collocata l’Immagine della Madonna. Da subito si verificarono fatti miracolosi: “Oggi – scrive Padre Vitali al Vescovo di Concordia – il 3 aprile 1655, è venuto da San Giovanni uno storpio con le stampelle. Dopo aver pregato questa Vergine è stato risanato alla presenza di molto popolo”. Il miracolo è raffigurato in uno dei riquadri nella cornice di questa stampa del 1600, la più antica del Santuario. La chiesa di “San Nicolò extra muros” (fuori le mura di San Vito) era un piccolo edificio di ciottoli e laterizi, costituito da un’aula rettangolare e da un abside semicircolare. Fu edificato, secondo qualcuno, attorno all’anno 1000, per altri più tardi, tra il 1280 e il 1310. Nel 1482 furono costruite una nuova abside e una nuova cinta muraria e, sul davanti, un porticato.

La Chiesa di San Nicolò e il vecchio Santuario
In occasione del 150° dell’apparizione e traslazione dell’immagine, si decise di erigere un nuovo tempio e più ampio, ma gli eventi bellici legati al periodo napoleonico ne ritardarono l’esecuzione, che era stata prevista per i primi anni del 1800. Finalmente nel 1836 veniva demolito l’edificio del vecchio Santuario di San Nicolò e fino al 1860 proseguirono i lavori per il nuovo Santuario.

L’incoronazione dell’immagine
La giornata dell’8 settembre fu indimenticabile, tanto che ogni anno in quella data si festeggia la Madonna di Ros; e tutto il popolo, in particolare i bambini, si pongono nuovamente sotto la sua protezione di Madre amorosa e misericordiosa. Una data importante del santuario è l’8 settembre 1881: davanti a una folla immensa e devota, il Vescovo di Concordia Mons. Pio Rossi, assistito da altri eccellentissimi Vescovi, pose sul capo della venerata immagine della Vergine di Rosa e sul Bambino Gesù una corona d’oro, dichiarando dietro decreto del Papa Leone XIII, che Ella è la nostra Regina, la Regina del Tagliamento e delle sue popolazioni.

La costruzione del campanile
Tra il 1893 e il 1902 fu costruito il campanile, su progetto dell’ingegnere Pietro Saccardo di Venezia. Nelle nicchie, situate all’altezza delle campane, furono sistemate le statue di San Giuseppe, di San Pietro, di San Paolo e del Redentore benedicente. Opere queste realizzate dallo scultore Paolo Passomai di Solighetto. Più in alto, sul tamburo, fu costruito un fitto colonnato, sormontato da una cupola e da una lanterna, segno della Luce che da qui si espande nei cuori che accorrono, in cerca di pace e consolazione. Il campanile, di forma ottagonale, è detto “campanile delle uova” perché esso è stato costruito in gran parte con il ricavato della raccolta delle uova, fatta da fanciulli e ragazzi, che passavano settimanalmente di casa in casa a prelevarle. Tra la folla festante, nel giorno dell’inaugurazione, c’era un santo Sacerdote: Don Matteo Catuzzo, il Cassiere della “Commissione per la Fabbrica del Campanile”.

Sviluppo di nuove realtà attorno al santuario
Attirati dai prodigi della miracolosa Immagine della Vergine, molti pellegrini vennero a visitare il Santuario, specie dopo la ristrutturazione e l’ampliamento del 1836. Con l’andar del tempo, molte famiglie cominciarono a costruire le loro case attorno alla Chiesa, per cui nacque l’esigenza di una assistenza religiosa più costante ed assidua per la popolazione, in quel luogo di culto. Così nel 1906, ad officiare nel Santuario, furono invitati i Religiosi Salesiani, che però dovettero abbandonare la loro attività a causa della guerra e della invasione austriaca del 1917. Finito il conflitto mondiale, a custodire il Santuario furono chiamati i Missionari Comboniani, che si fermarono per soli tre anni, dal 1920 al 1923. Nel 1923 il vescovo di Concordia, Mons. Luigi Paulini, invitò i Padri Francescani della Provincia Veneta ad assumere la custodia e la direzione del Santuario di Madonna di Rosa. I primi Frati giunsero a San Vito il 28 marzo 1923, come continuatori dell’opera svolta dal loro confratello, proprio quel Padre Vitale Vitali che, per primo, nel lontano 1655, aveva creduto all’apparizione della Vergine alla bambina Maria Giacomuzzi. Una delle prime iniziative dei frati, dopo il loro arrivo al Santuario, fu la pubblicazione di un giornalino mensile, dal titolo “La voce di Maria”, per mantenere viva la devozione alla Madonna nei vari pellegrini e tra i molti emigranti. La Madonna di Rosa si fece così sentire anche lontano, ai friulani sparsi un po’ in tutto il mondo. Dal 1931, 50° anniversario dell’incoronazione della Vergine, agli anni precedenti il secondo conflitto mondiale, il vecchio Santuario venne abbellito con opere di valenti artisti friulani e veneti, che si erano potute realizzare con le offerte spontanee della popolazione. Da quando era cominciato il secondo conflitto mondiale e molti uomini erano impegnati nei vari fronti di guerra, su richiesta dei soldati e della gente, soprattutto delle donne,era stata accesa davanti all’altare della Madonna, la “Lampada del Soldato”: ardeva giorno e notte, dinanzi alla Madre Misericordiosa, in segno di costante preghiera e di inestinguibile amore. La guerra dilagava ormai dovunque e nessuno si sentiva più sicuro perché i bombardamenti colpivano qualsiasi obiettivo. Purtroppo le officine e i bunker tedeschi, situati proprio a fianco del Santuario, finirono per attirare gli attacchi degli aerei alleati, che, per ben due volte, colpirono prima il Santuario e poi l’adiacente Convento, a pochi mesi di distanza.

Gli anni della seconda guerra mondiale
I due bombardamenti e i ritrovamenti dell’immagine
Era il primo pomeriggio del 31 dicembre 1944, un pomeriggio tranquillo, quando da uno dei sei caccia-bombardieri, che in quel momento stavano sorvolando San Vito, fu sganciata una bomba del peso di circa tre quintali, che colpì il Santuario, nel suo fianco sinistro. Ne seguì un forte schianto e l’abside e l’altar maggiore, parte dell’organo e degli ex-voto furono distrutti e avvolti in un enorme polverone, senza però colpire fedeli o frati. La prima preoccupazione di tutti fu il quadro della Madonna. C’era la paura che, essendo formato da un fragile muro di sassi del Tagliamento, si fosse sgretolato sotto le macerie. Dalla affannosa ricerca furono subito recuperate intatte solo le due pissidi. Ma il giorno dopo, riprese le ricerche col concorso di tutta la popolazione presente, verso le 10, ecco apparire intatto il quadro della Vergine. Un grido di gioia corse sulla bocca dei presenti, che inneggiavano al “miracolo”, perché quel quadrato di sassi e calce con l’effige della Madonna e il Bambino si era conservato integro sotto travi e colonne abbattute. Qualche mese più tardi, la sera del 21 marzo 1945, un massiccio attacco aereo su Casarsa e San Vito fece cadere sul Santuario e sul vicino Convento alcune bombe, che squarciarono gli edifici. Il quadro della Madonna di nuovo scomparve sotto cumuli di macerie. Ormai si credeva che fosse irreparabilmente distrutto. Eppure dopo due ore di affannosa ricerca, ecco riapparire da sotto le macerie del Convento colpito, e ancora una volta intatto, il riquadro in sassi con l’affresco della Vergine. A tutti fu chiaro che si trattava di un secondo miracolo. Il Santuario ed il Convento potevano dirsi distrutti, ma il quadro della Vergine era ancora incolume, per assicurarci della sua volontà di essere sempre vicina a tutti come Madre di Misericordia. Una mano invisibile dal Cielo aveva difeso e conservato l’antica Immagine della Madonna di Rosa all’affetto e alla devozione e alla gratitudine dei sanvitesi e di quanti, da molte parti, sarebbero accorsi qui. Abbattuti i muri pericolanti del Santuario semidistrutto, sul piazzale deserto era rimasto alto e solitario il bel campanile, unico superstite dei violenti bombardamenti. “A quando il nuovo Santuario?” – si chiedeva la gente, rimasta orfana di quel luogo di culto tanto amato. I padri francescani non si persero d’animo ed appena ricevuto in dono l’ampio terreno detto “il giardino”, che era contiguo al vecchio Convento, si impegnarono subito in progetti e finanziamenti per riedificare, più grande, un nuovo Santuario mariano, proprio accanto a quella strada sempre più frequentata. Personaggio conosciutissimo, Padre Timoteo Bertinato fu certamente il più fervido animatore della ricostruzione. Si prodigò con architetti e progettisti, si fece capomastro e muratore, autista e ragioniere, direttore tecnico e ingegnere. Molte persone, a vario titolo, vi parteciparono. Chi con contributi in danaro, soprattutto dagli emigranti, chi con manodopera saltuaria, chi con materiale di vario genere; giovanotti del luogo e militari di leva, insieme a carpentieri e muratori, tutti agli ordini di P. Timoteo, per completare l’opera di riedificazione. Il 28 agosto 1960, accompagnata da una folla imponente, la miracolosa Immagine della Madonna di Rosa fu trionfalmente trasportata nel nuovissimo e magnifico Santuario, che fu così aperto al culto dei fedeli.

Il nuovo Santuario
Lo sviluppo del Santuario si è realizzato attraverso la fede, l’impegno e l’opera di più persone, a cui va tanto merito e la nostra riconoscenza. Tra i tanti ricordiamo in particolare: – Padre Timoteo Bertinato, ideatore e instancabile direttore della costruzione del Santuario; – Padre Raimondo Padrin, che ha portato in Italia il culto di Gesù Misericordioso e a San Vito ha costruito la sede del Segretariato Italiano per la diffusione di Gesù – Misericordioso in tutto il mondo; – Padre Angelico De Nicolò, che dopo il rientro dalla Missione in Cina, ha dedicato il resto degli anni all’assistenza dei pellegrini del Santuario; – Santa Faustina Kowalska, che con le sue rivelazioni ha aperto il culto a Gesù Misericordioso; Ed eccolo, il nuovo Santuario, nella sua mole imponente, tessuta di mattoni “faccia a vista”, su cui spicca il biancore della pietra d’Istria. La chiesa, a croce latina, è instile romanico modernizzato, con ampi rosoni e finestroni eleganti sulla facciata e sulle fiancate. Una fuga di archi gira tutt’intorno al Santuario, nel chiostro romanico-bizantino, tanto da infondere leggerezza e soavità a tutta la costruzione.

Caratteristiche del nuovo santuario
Un’ampia gradinata conduce al portone centrale, nella cui lunetta un alto rilievo mostra la Madonna di Rosa con il Bambino Gesù, in atto di accogliere i pellegrini. Nella parte superiore della facciata, il frontone presenta ai visitatori un ampio mosaico, che racconta, per immagini successive, alcuni momenti della storia del Santuario. All’interno, il Santuario appare maestoso e solenne, con una navata centrale lunga 60 metri, alta 17 e larga 14 metri. La Via Crucis in mosaico, opera del pittore Teodoro Carniello di Sacile e del mosaicista Rino Pastorutti di Spilimbergo, accompagna il visitatore verso l’altare. Passando lungo le pareti della navata centrale, si incontrano i confessionali e le varie cappelle, dedicate a San Giuseppe, San Lucio, San Francesco, Sant’Antonio, San Giovanni Bosco e Santa Faustina Kowalska, la santa polacca che ci ha trasmesso la devozione a Gesù Misericordioso. Ad attirare l’attenzione e l’ammirazione del visitatore è, sullo sfondo, il grande mosaico dorato dell’abside, dove troneggia l’imponente gruppo marmoreo della Crocifissione. Si possono ammirare sulla destra dell’abside, la Cappella di Gesù Misericordioso e, sulla sinistra, la Cappella della Madonna di Rosa, entrambe completamente rivestite di mosaici. I due altari creano nel visitatore un clima adatto a pause di riflessione e di preghiera. Al di là della bellezza scenografica delle immagini e dei preziosi mosaici, il messaggio più importante che il Santuario vuole trasmettere ai fedeli è proprio questo: “La Madonna ci accompagna a Gesù!”. Infatti la Madonna, nostra Madre di misericordia e mediatrice di tutte le grazie, ci conduce a Gesù, quel Gesù misericordioso, buono e paziente, che – come ha detto a Santa Faustina – è sempre pronto ad accoglierci, a perdonarci, ad amarci, ad ospitarci nel suo cuore, dove infinita è la sua Misericordia. Nella cupola della Cappella della Madonna, la Vergine è raffigurata dentro ai petali rossi di una grande rosa, nell’atto di schiacciare il serpente – il demonio – sotto i suoi piedi. Nel paliotto dell’altare, invece, è stato posto un bassorilievo che narra, in tre distinti pannelli marmorei, l’incontro della veggente Mariute con la Madonna e con la popolazione e il successivo trasporto del quadro fino a San Nicolò. Al centro il quadrato di sassi con l’effigie della Madonna e del Bambino, incoronati. E’ questo l’affresco originale della casa Giacomuzzi, attribuito con certezza al pittore Marco Tiussi, operante nello spilimberghese tra il 1527 e il 1575. I dolci volti della Madonna e del Bambino, di chiara connotazione popolare, si rifanno allo stile pittorico di Pietro da San Vito. É l’immagine simbolo di questo Santuario mariano, tanto amata e venerata dai fedeli. La cappella di destra è dedicata a Gesù Misericordioso. Nel quadro centrale è dipinta fedelmente la figura del Cristo come apparve a Santa Faustina Kowalska, il 22 febbraio 1931. Nel suo Diario, Santa Faustina ci ha tramandato i messaggi che Gesù le ha affidato per gli uomini, affinché si avvicinino con fiducia a Lui, che è infinitamente misericordioso. Anche il mosaico della cupola richiama la misericordia di Gesù verso i bisognosi, mentre nei bassorilievi dell’altare è raffigurato l’uomo peccatore, le cui catene ai polsi sono state spezzate dal Sacrificio di Gesù, liberandolo dalla schiavitù del peccato. L’ultimo mosaico realizzato è quello situato sulla parte sinistra del transetto del Santuario, opera del pittore Teodoro Carniello di Sacile e dei Mosaicisti della Scuola Pastorutti di Spilimbergo. Rappresenta la Risurrezione di Cristo, attorniato dalla Madonna e da una folla di Santi, tra cui alcuni della terra friulana: Beato Odorico da Pordenone, Beato Marco d’Aviano e San Luigi Scrosoppi. Lo stesso pittore Teodoro Carniello e la stessa Scuola di mosaicisti “Pastorutti” di Spilimbergo, stanno realizzando nella parete opposta, ovvero nel transetto di sinistra, una nuova opera che sarà inaugurata nell’Anno Eucaristico 2005 e che riguarda l’istituzione dell’Eucaristia. Alzando gli occhi, il fedele è portato, attraverso le vetrate della navata centrale, a percepire la presenza di Dio, della sua parola e della sua azione, nella natura, come ha fatto San Francesco. Dalle creature al Creatore, per lodarlo e per ringraziarlo: “Laudato sii, mi Signore con tucte le tue creature, spetialmente messer lo frate sole, lo quale iorna ed illumini noi per lui. Et ellu è bello et radiante cun grande splendore: de te, Altissimo, porta significatione”. “Laudato sii, mi Signore, per sora acqua, …per la madre terra, … per le stelle, … per il vento, le nubi e il sereno…”. Nel rosone centrale, spicca la presenza della Madonna e dei Santi. La Vergine Maria, Regina degli Angeli e dei Santi, schiaccia la testa al dragone infernale ed incoraggia tutti noi al combattimento contro le forze del male, fino al sorgere di una luce sempre più forte e penetrante, quella di Gesù Misericordioso. Moltissime sono le grazie impetrate e ricevute attraverso la Madonna, lungo i secoli. Questi quadretti votivi, raccolti nell’androne retrostante il Santuario, le documentano; ma molte di più sono quelle che rimangono scritte nel segreto dei cuori. Come segno della guarigione ricevuta, alcuni hanno lasciato le grucce, altri gli oggetti legati alla malattia che li aveva colpiti. I fatti miracolosi spesso sono stati dipinti su tavolette e su tela da pittori improvvisati e le immagini hanno una forte connotazione popolare. In tanti hanno dedicato alla Madonna di Rosa canti, preghiere ed inni, venerandola come “Regina del Tagliamento”, come “garante” del ritorno a casa di figli e mariti, come “baluardo” contro i nemici della fede cristiana. Composto dal francescano musicista Padre Terenzio Zardini, viene cantato nel Santuario l’ “Inno alla Madonna di Rosa”: lode ed insieme preghiera, affinché asciughi le lacrime di tanti cuori, di tante mamme, di tanti sofferenti. “O dolce Madonna di Rosa, speranza e conforto dei cuor, o Madre e Regina pietosa, proteggi chi soffre e chi muor!”. Ma in questo santo luogo si prega anche affinché la Madonna non dimentichi di asciugare le lacrime di Gesù, rattristato per le bestemmie ed i peccati di una umanità che continua a vivere nella ribellione a Dio, e fatica a chiedergli perdono e misericordia. In verità, ci è rimasta solo questa unica via per trovare salvezza: l’umiltà di riconoscere il nostro stato di peccatori e la fiducia nella misericordia del Signore. Ha detto Gesù a Santa Faustina: “L’umanità non troverà pace finché non si rivolgerà con fiducia alla mia misericordia”. Si dice nell’Inno a Gesù Misericordioso, composto dal francescano Padre Terenzio Zardini: “O Gesù, nostro Salvatore, ascolta la prece del peccatore che con fiducia si rivolge a te, per dirti: «Signore, io confido in te!»”.

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