Maria SS. di Conadomini (Parrocchia Maria SS. del Monte)

Descrizione

Descrizione
Nella parte più antica dell’abitato sorge l’ex Matrice, un tempo dedicata a Santa Maria Assunta. Più volte danneggiata e riedifica, la chiesa di Santa Maria del Monte, Matrice prima delle erezione della chiesa di San Giuliano come cattedrale, si trova in cima alla famosa scalinata di Caltagirone che, costruita nel 1606, soddisfaceva l’esigenza di unire direttamente la Chiesa Madre con il Palazzo di Città; fu successivamente restaurata e abbellita con i motivi che riprendono i vari stili che hanno caratterizzato nei secoli l’arte della ceramica a Caltagirone.
La volta della navata centrale è decorata con affreschi raffiguranti eroine bibliche, Rebecca, Abigail, Giuditta e Ester, nelle quali la tradizione della Chiesa ha visto delle prefigurazioni di Maria, la cui immagine è dipinta nella volta del presbiterio, e realizzati nella prima metà dell’Ottocento dai fratelli Vaccaro.
Degli altari laterali sono da segnalare quello dedicato alla Madonna del Salterio, la cui statua marmorea è attribuita a Domenico Gagini (+ 1492), l’altare della Presentazione di Maria al Tempio con lo stemma gentilizio della famiglia Boscarelli Sturzo, e l’altare del Cristo alla Colonna, con la statua lignea realizzata nel 1592 dall’artista Paolo Nigro.
La chiesa di Santa Maria del Monte è particolarmente cara ai cittadini di Caltagirone poichè in essa è custodita la Sacra Immagine della Madonna di Conadomini la cui devozione si esprime soprattutto nel mese di maggio interamente dedicato al culto di Maria. Si tratta di una tavola giunta a Caltagirone nella prima metà del 1200, dipinta da ambedue i lati: durante la novena e in occasioni particolari viene esposta l’immagine bizantineggiante di Maria SS. con in braccio il bambino Gesù; sul retro è invece raffigurato il Cristo morto che si erge dal sepolcro, con alle spalle il legno della croce. Il titolo Conadomini nella predicazione viene spesso interpretato come corruzione di Icona Domini, Maria immagine del Signore; in realtà deriva dal fatto che l’immagine era un tempo esposta all’interno di una Cona che normalmente ospitava l’immagine del Signore (Domini).
Durante tutto il mese di maggio la chiesa si riempie di fedeli che rendono culto a Colei che dal 1644 è invocata come Patrona assieme a San Giacomo.

L’Icona della Conadomini

La tradizione da sempre ci rimanda alla storia ormai nota che, intorno all’anno 1225, la nobile famiglia Campochiaro, dovendo abbandonare Lucca, turbata dalle fazioni dei Guelfi e Ghibellini, si trasferì a Caltagirone come nuova residenza, portando con se una tavola dipinta su ambedue i lati raffigurante La Vergine con il Bambino e il Cristo che si erge dal Sepolcro.
La venerazione per queste immagini sacre, oggetto di devozione privata della famiglia, ben presto si estese largamente fra la popolazione calatina, a partire da coloro che a vario titolo erano soliti frequentare la residenza dei Campochiaro. La venerazione e il culto in particolar modo della Vergine e il Bambino si moltiplicava, e molti ottenevano Grazie e Miracoli. Fu anche per questo motivo e per promuoverne la devozione di tutti che, nel secolo XVI, la famiglia Campochiaro donò la Tavola alla Chiesa Madre di S. Maria del Monte.
L’Icona veniva normalmente esposta in chiesa dal lato del Cristo, collocata in una Cona al centro di un polittico ricco di dipinti e statuette, detto per via della bellezza e dell’importanza del capolavoro “Cona”, da cui la denominazione Cona Domini. Ogni volta che gravi calamità, siccità, pestilenze, carestie affliggevano la comunità cittadina, l’Icona veniva girata dal lato della Santissima Vergine, per venerarla ed implorare la sua misericordia. I miracoli arrivavano puntuali, tanto che la devozione, che dalla protezione della Vergine otteneva grandi grazie, si estese a tutta la popolazione, spingendo il Senato cittadino a proclamare, nel luglio del 1664, la Madonna di Conadomini patrona della città di Caltagirone. Attualmente la Tavola, custodita gelosamente, è visibile ed esposta a venerazione solo in alcuni periodi dell’anno. Le poche fonti storiche in nostro possesso non ci permettono di essere esaustivi sull’Autore e sulla precisa datazione.

Breve Lettura dell’Icona

Si tratta di un’Opera bizantineggiante o, forse meglio, dipinta “alla maniera greca.
La raffigurazione di Maria di Conadomini è frutto della contaminazione di almeno tre modelli iconografici della tradizione bizantina: La Kyriotissa o Basilissa: La Vergine è raffigurata seduta e vestita come l’imperatrice e sulle ginocchia porta il Bambino. Maria si mostra così come il Trono della Sapienza. Anche la nostra Conadomini è seduta e regge il Verbo fatto carne. E’ il prototipo della Maestà occidentale.
L’Odigitria, Colei «che indica la via» (hodòs). Maria tiene in braccio il Bambino e con la mano libera lo indica: Egli è la Via, la Verità e la Vita (cfr Gv 14,6). Anche la Conadomini con la sinistra indica in suo Figlio la Via da seguire.
L’Elousa, la “misericordiosa” o “della tenerezza”. Il Bambino si stringe alla Madre in un tenero abbraccio.
D’impatto, la Conadomini sembra rifarsi a questo modello, tuttavia appaiono evidenti alcune differenze: la Conadomini è seduta, ma non si vede un trono; il suo manto è trapunto di stelle; la testa della Vergine, sotto il manto, non è coperta dalla cuffia tradizionale e il manto che la copre lascia intravedere i capelli; nell’aureola, ha dodici stelle; anche il Bambino non ha la classica aureola con inscritta la croce, ma una aureola polilobata a forma di fiore; lo sfondo è damascato e non oro monocromo; mancano le scritte identificative MP OY (Meter Theou, Madre di Dio) e IC XC (Iesous Cristos, Gesù Cristo).
Verso
La raffigurazione del Cristo riprende il modulo iconografico dell’icona bizantina detta Somma Umiliazione, che troverà il suo sviluppo in Occidente dove si parla però di Cristo in Pietà o Imago Pietatis. Ambedue i soggetti, diffusissimi, riprendono in maniera impressionante l’Uomo della Sindone di Torino. L’icona bizantina è detta Somma Umiliazione perché raffigura Cristo secondo la profezia del IV Canto del Servo di Javhè (Is 53) e del Cantico di Fil 2, 6-8. Nelle Chiese di Rito bizantino viene presentata alla venerazione dei fedeli nei giorni che precedono il Triduo pasquale al canto del Tropario “Ecco lo Sposo viene nel mezzo della notte, beato quel servo che troverà vigilante, indegno quel servo che troverà negligente” e per questo assume il nome di Cristo Sposo.
UN’ICONA SPONSALE
Se nel recto dell’Icona gli occhi tristi di Maria sono presaghi della Passione del Figlio, il verso mostra la sua Somma umiliazione con la quale ha redento l’umanità e fa intravedere la definitiva vittoria sulla morte. Se poi, come correttamente la liturgia orientale fa, possiamo leggere in questa icona l’immagine dello Sposo della Chiesa e dell’Umanità intera, l’icona di Maria può legittimamente essere letta in chiave sponsale e proporsi, come insegna il Concilio nella Lumen Gentium, immagine e modello della Chiesa sposa. In questa chiave, alcuni particolari dell’icona di Maria viene spontaneo accostarli ad alcuni versetti del Cantico dei Cantici: 1,2: Mi baci con i baci della sua bocca! Sì, migliore del vino è il tuo amore. Le labbra del Bambino e di Maria quasi si toccano. 2, 6: La sua sinistra è sotto il mio capo e la sua destra mi abbraccia. Il braccio sinistro del Bambino è sotto il capo della Vergine e con la destra la stringe a sé. 4, 4: Il tuo collo è come la torre di Davide, costruita a strati. Il collo di Maria. 2, 8: Una voce! L’amato mio! Eccolo, viene saltando per i monti, balzando per le colline. Come canta l’inno alla Conadomini, Maria è “dell’alta Triade, gran figlia, madre e sposa”. Sposa non solo perché per opera dello Spirito ha generato il Figlio del Padre, ma anche perché è immagine della Chiesa Sposa. In ogni caso le due immagini della tavola vanno lette insieme, in quanto si illuminano a vicenda e solo tenendoli insieme si comprendono appieno. (tratto da UNA TAVOLA DIPINTA “ALLA MANIERA GRECA” Don Giuseppe Federico)

 

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