Descrizione
Il Santuario di Nostra Signora di Loreto (Forno Alpi Graie) sorge all’imbocco del selvaggio Vallone di Sea. Vi si accede attraverso i 444 gradini della scalinata che un tempo i pellegrini salivano in ginocchio.
Il santuario trae origine dalla devozione di Pietro Garino, abitante a Torino ma nativo di Forno Alpi Graie, nei confronti della Madonna del Rocciamelone che le apparve il 30 settembre 1630 nel luogo dove oggi sorge il santuario. L’attuale edificio, che risale al 1757 – 1770, venne progettato dagli ingegneri luganesi Francesco Brilli e Giovanni Battista Gagliardi. Il santuario venne completato nel 1869 da Luigi Baretta che ne realizzò la facciata. All’interno sono custoditi circa trecento ex voto, (il più antico è datato 1751). L’altare maggiore è in noce d’India e avorio e nel suo tronetto viene esposta la statua lignea della Madonna, opera dello scultore Raimondo Santifaller di Ortisei, che sostituisce quella antica rubata nel 1977. È alta circa 90 cm e il capo della Madonna e del Bambino sono in legno d’ebano. Il colore nero giustifica l’appellativo popolare di “Madonna Nera”.
Per raggiungere il bianco santuario incorniciato dai boschi, bisogna salire 444 gradini o percorrere la non meno ripida strada pedonale che si incrocia di tanto in tanto con la scalinata, ma la fatica è pienamente giustificata dalla bellezza del complesso religioso.
Il santuario di trova a Forno Alpi Graie, frazione di Groscavallo, a 1340 metri di quota e la vicenda che si racconta sulla sua origine ha un forte legame con il Rocciamelone, la montagna salita da Rotario d’’Asti già nel 1358.
Era l’’anno 1629 quando Pietro Garino si recò con altri due compagni in pellegrinaggio alla vetta del Rocciamelone; nei pressi della piccola cappella che custodiva l’’icona della Madonna trovò due quadretti che raffiguravano la Vergine di Loreto e san Carlo Borromeo, gli agenti atmosferici avevano un po’ logorato i quadri e il Garino pensò di portarli a valle e restaurarli per poi riportarli sul Rocciamelone l’’anno successivo. L’’uomo era originario della frazione Forno ma abitava a Torino dove lavorava e affidò i quadri a un bravo pittore. Giunse il 1630 e ormai ovunque imperversava la peste, il Garino che si era rifugiato a Forno si recò un giorno a prendere i quadri che aveva lasciato a Torino e in attesa di riportarli sulla vetta li depositò in un cassettone. Era settembre e il Garino per tre notti di fila, venerdì, sabato e domenica, aveva avvertito una voce che lo chiamava ma non era riuscito a capire… lunedì si recò a raccogliere foglie nel vallone di Sea, non lontano da dove sorge il Santuario, e con grande stupore scorse i due quadretti sulla punta di un albero, si inginocchiò e da buon credente iniziò a pregare; il suo stupore salì alle stelle quando sopra un sasso vide apparire la Vergine Maria tra due donne. La Madonna lo raccomandò di comunicare al parroco di chiedere ai fedeli di essere più timorati di Dio, solo in quel modo lei avrebbe potuto ottenere la cessazione della peste, detto questo lo benedì e scomparve. La notizia si sparse, ma inutile dire come il parroco pretendesse qualcosa in più per credere, allora decise di celebrare la messa dove c’’era stata l’’apparizione e disse al Garino di portare i quadretti. Il Garino quel mattino prese la chiave e aprì il cassettone ma i quadri erano nuovamente scomparsi, corse subito ad avvisare il parroco ma nel frattempo tra i paesani si era creato un gran fermento e qualcuno aveva visto i due quadri sulla rocca dell’’apparizione, allora la gente salì in processione per onorare la Madonna. Il giorno dopo il Garino rilasciò una dichiarazione di tutti gli eventi davanti a 22 testimoni di Groscavallo e al notaio di Monastero che stese l’’atto pubblico; di questo documento se ne sono conservate le due copie, una nell’archivio parrocchiale di Groscavallo e una nell’archivio arcivescovile di Torino . L’anno successivo Pietro Garino fece edificare sul luogo una piccola cappella per conservare i quadri che si trovano ancora oggi al santuario, in un apposito reliquiario. La cappella ricevette la benedizione nel 1632.
I pellegrini erano tanti e la piccola cappella inadeguata ad accoglierli tutti. Nel 1750 vengono iniziati i lavori per un primo ampliamento, viene costruita la casa del cappellano (ancor oggi visibile all’estremità nord del terrapieno, in fronte alla facciata del Santuario); nella relazione di visita pastorale del 1752 è segnalato il campanile come separato dall’edificio, come già riportato in quella del 1730. I lavori subiscono un’interruzione e riprendono nel 1757. La relazione di v.p. del 1769 segnala ancora lavori in corso. Nel 1758 vengono eseguiti i lavori sulla facciata, come scritto sulla stessa ancor oggi: ” ERETTA / 1758/ RESTAURATA / 1873 “
La relazione di v.p. del 1843 regista il completamento dei lavori, descrivendo l’attuale aspetto del santuario. Dalla descrizione fatta in questo documento possiamo inoltre sapere che l’attuale altare in legno e avorio è già presente.
Sul piccolo campanile presente a metà dell’edificio sulla parete est è presente la data 1852, ma non si è a conoscenza della data di smantellamento della torre campanaria preesistente.
Nel 1750 venne iniziata la mostra permanente che è allestita in un locale all’’esterno della chiesa. I più antichi risalgono alla fine del Settecento, i soggetti sono di ogni genere e la Madonna viene raffigurata principalmente come la Vergine di Loreto ma anche come Ausiliatrice, Addolorata o come la Consolata di Torino.
Testo tratto da www.vallidilanzo.to.it