Sul finire del 1800, i Frati Minori Lombardi, dopo aver subito, come tutti gli altri ordini religiosi, due successive soppressioni, desideravano ristabilire in Milano una loro presenza. Ci riuscirono con uno stratagemma quando – il 1° dicembre 1870 – padre Giancrisostomo Taramelli da Bergamo, Commissario di Terra Santa a Roma, otteneva dalla Santa Sede e dal Governo dell’Ordine l’autorizzazione ad erigere, appena fuori dalle mura cittadine, una casa che fungesse da “ospizio” per i francescani della Custodia di Terra Santa, Ente riconosciuto anche dal neo-costituito Regno d’Italia.
Nel 1871 si acquistò un terreno “fuori Porta Tenaglia” (poi Porta Volta), tra le vie Farini e Maroncelli e su questo venne edificato il piccolo ospizio che qualche anno dopo già veniva riconosciuto come convento “regolare” e anche casa di noviziato alle dipendenze dei francescani della Provincia Veneta.
Nel frattempo, il 17 luglio 1873 era stato aperto un piccolo oratorio e il 2 maggio 1875 si poneva la prima pietra di una chiesetta dedicata a Maria Immacolata (la prima chiesa sorta in Milano sotto questo titolo), aperta sulla Via Quadrio (allora Via Mazzini) e che venne consacrata il 1° giugno dell’anno successivo.
Una grossa novità sopraggiunse il 28 ottobre del 1898 quando nasceva, su nuove basi, la “Provincia dei Frati Minori di Lombardia”, posta sotto la protezione di San Carlo Borromeo: il conventino fuori “Porta Tenaglia” fu scelto come sede della Curia della neonata Provincia. Nel 1902 si ampliò la parte prospiciente via Maroncelli e si aggiunsero due piccole ali su Via Quadrio e Via Farini, mentre l’8 dicembre del medesimo anno si poneva la prima pietra della nuova chiesa che sarebbe stata dedicata a sant’Antonio di Padova. Il progetto fu affidato all’arch. Luigi Cesa Bianchi. Dopo soli quattro anni, il 12 giugno 1906, il beato cardinale Andrea Ferrari, arcivescovo di Milano, ne compiva la solenne consacrazione.
Altri interventi – e non piccoli – si succedettero nel tempo:
nel 1926 si alzò di un piano l’ala del convento su via Maroncelli
tra il 1932 e il 1937 il santuario fu ampliato (aggiungendo all’unica navata due “spazi laterali” sui quali furono appoggiate tre cappelle per lato) e fu edificato il campanile.
nel 1964 fu demolita una parte, ormai fatiscente, del vecchio conventino e fu edificato, su progetto dell’arch. Luigi Caccia Dominioni, il nuovo fabbricato prospiciente via Farini. Infine, tra il 1987 e il 1994, si procedette a un generale intervento di ripristino conservativo e di ristrutturazione della parte superstite dell’antico convento che potè così tornare ad ospitare – come era stato agli inizi della sua storia – gli uffici della Curia provinciale e dare nuovo incremento alle attività che da sempre lo caratterizzavano: l’animazione missionaria e le opere di carità sorte nel nome del santo di Padova (attenzione ai fratelli poveri con centro d’ascolto, guardaroba e mensa).
Il Santuario di Sant’Antonio da Padova è una chiesa veramente singolare. Realizzata ai primi del ventesimo secolo, è caratterizzata da un miscuglio di stili diversi.
L’unica altra chiesa milanese con la quale può risultare confrontabile è forse la coeva e mai terminata Basilica del Corpus Domini. In quest’ultima, però, gli stili presenti (neoromanico, neobizantino, liberty) risultano molto più amalgamati fra loro.
Nel caso del Santuario di Sant’Antonio di Padova, invece, si ha da una parte una facciata (e un esterno) gradevole e che imita in maniera quasi perfetta, ma anche senza molta creatività, le facciate delle chiese tardorinascimentali alla soglia delle prime fasi del barocco (si noti la somiglianza, ad esempio, con la facciata della Chiesa di San Fedele). Dall’altra si ha un interno (la parte più originale e meglio riuscita della chiesa a parere di chi scrive) in stile eclettico con forti elementi liberty, ricco di colori, anche se con la prevalenza di toni spenti e scuri.
Al tutto si aggiunge un campanile dalle linee in effetti assai contorte e dall’aspetto poco armonico, specie se osservato da lontano, e che stilisticamente non lega minimamente con il resto dell’edificio.
In ultimo è presente una nota di gigantismo, con due enormi statue di Sant’Antonio di Padova, una sull’altare maggiore e una sulla punta del campanile.
Progettata dall’architetto Luigi Cesa Bianchi, la chiesa di Sant’Antonio di Padova venne completata nel 1904.
Essa è posizionata fra due vie convergenti. Per assecondare l’andamento delle strade fra le quali si trova, l’edificio si restringe verso la facciata. Questo fa sì che all’interno sia presente una sola vera navata, ma con affiancati ad essa due spazi longitudinali, sorta di pseudonavate laterali, che si restringono fino a quasi annullarsi in corrispondenza della controfacciata. Su tali spazi si aprono le cappelle laterali, tre per lato.
Sia la facciata che l’interno sono a due ordini.
L’elaborata facciata, divisa in tre parti da lesene, comprende tre ingressi ed è sovrastata da un grande frontone triangolare in cui è rappresentato Sant’Antonio, con nelle braccia Gesù bambino e circondato da una folla di devoti. Sui lati del frontone sono presenti quattro statue, forse raffiguranti le quattro virtù cardinali.
Un altro elemento caratterizzante la facciata è il finto balcone al centro. Sorretto da due colonne, esso funge anche da protiro.
L’interno è scandito da semicolonne. Il secondo ordine corrisponde al matroneo, ovvero ad una tribuna che si affaccia sulla navata per tutta la lunghezza della chiesa.
Nel complesso la chiesa appare assai buia, poiché la luce proviene principalmente dalle finestre sulla facciata e dagli oculi non molto grandi posti poco sotto al soffitto, uno fra ogni coppia di semicolonne (sono presenti anche alcune finestre sulle pareti laterali, ma solo in prossimità dell’ingresso).
In questo modo diventa purtroppo difficile apprezzare le ricche decorazioni pittoriche presenti sia sulle pareti, sia sul soffitto a cassettoni e nell’abside, tanto più che prevalgono toni scuri e spenti, come spesso accadeva nel liberty.
I numerosi putti e angioletti con festoni alle pareti sono riconoscibili solo guardando con attenzione. Meglio riconoscibili sono le decorazioni pittoriche del soffitto a cassettoni, opera di Attilio Andreoli e raffiguranti episodi della vita di Sant’Antonio.
Per quanto riguarda le belle decorazioni dell’abside, rappresentanti la morte e la glorificazione del santo e anche esse dell’Andreoli, la situazione è ancora peggiore ed è veramente difficile riconoscere qualcosa fra le tenebre! Esse risultano meglio visibili in foto, in assenza di un’illuminazione artificiale dedicata.
L’abside è caratterizzato anche dalla presenza di due piccole logge poggianti ciascuna su tre possenti colonne e ornate con trifore che fanno da legame tra i matronei della navata e il deambulatorio absidale. Associate alle due logge, otto statue di santi francescani.
Nell’abside è presente la grande statua di sant’Antonio, al centro di quello che era un tempo l’altar maggiore. Quest’ultimo è opera dello scultore Battista De Giorgi, mentre la statua del santo – posto al centro di un tempietto semicircolare e ritratto mentre, poggiato su una nuvola e circondato da dodici angeli, reca tra le braccia il piccolo Gesù – proviene dalla bottega milanese di Giuseppe Nardini.
Merita poi di venire menzionato anche il coro ligneo a quarantadue posti sul fondo dell’abside.
Per quanto riguarda le cappelle laterali, segnaliamo in particolare quella dedicata a San Francesco, contenente una statua in marmo dello scultore Michele Vedani al centro di un mosaico a fondo oro, e quella dell’Immacolata, anche essa ricca di mosaici e ori e contenente una statua della Madonna proveniente dall’oratorio che per alcuni anni aveva preceduto l’attuale chiesa.
Ricordiamo poi infine la fontana collocata nel 1932 nello slargo al congiungimento delle due vie fra le quali si trova la chiesa. Opera dello scultore Giuseppe Maretto (1908-1984), essa raffigura sant’Antonio nell’atto di predicare ai pesci.
Le foto, a corredo della pagina, sono del fotografo: Enrico Engelmann, http://www.milanofotografo.it/
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