Descrizione
Sorge il Santuario all’estremità nord del piccolo ma grazioso centro cittadino, a metà costa del monte “La Torre o Monte Creta Rossa” circondato da boschi di faggio e di licustri e dalle vecchie case della parte più antica del paese.È questo il luogo che il Santo santifica con opere meravigliose: il tempo e lo spazio vi hanno impresso un raggio della divina potenza; la nostra storia lo ha reso famoso con l’impronta del soprannaturale che qui si opera. È il luogo dove la memoria dei grandi avvenimenti si conserva viva, e venerata, dove fede e pietà si alimentano al fuoco delle più belle tradizioni, mormorando le voci del passato alle nuove generazioni che incalzano.Qui il poema di Cataldo, Vescovo di Dio e della Chiesa risuona potente e glorioso e oltrepassando la ristretta cerchia di questi monti superbi ritrova le “nostre genti disperse” e le riunisce “in un popolo solo”.Questo è il luogo dei grandi incontri dello spirito!Maggio accedende appena le sue albe rosate sulle nostre vette lepine ed ecco folle di pellegrini partire dai lontani paesi: da Terracina, la fedele, alla devota Segni; da Anagni vetusta a Veroli, Sora, Alatri a Ceprano, a cento altri centri per una zona di territorio che abbraccia paesi di diverse provincie, e dirigersi cantando a “Supino fortunato” di avere presso Dio un sì grande Avvocato.Ogni anno i prodigi si rinnovano numerosissimi: ed è per se solo un grande prodigio – e il più segnalato – l’affollamento dei pellegrini e supinesi intorno alla Mensa Eucaristica. Son adusti marinai e pescatori delle spiaggie del Circeo; sono i forti lavoratori della terra e delle industrie; sono pastori dispersi fra le giogaie dei nostri monti; e sono anche operai, commercianti, professionisti, uomini di ogni età e condizione i quali sentono il bisogno di ritemprare qui il loro spirito alla fiamma di carità che emana dall’Augusto Sacramento. Così S. Cataldo prosegue la Sua opera di Pastore buono in mezzo al popolo devoto.Dalla piazza antistante la chiesa di S. Pietro – ove è sistemato il Santuario di S. Cataldo – un paesaggio stupendo si abbraccia in tutta la sua estensione dalla gola dei Monti di Bellegra (i Prenestini) fino all’Abbazia di Montecassino, che si proietta come una massa bianca sul monte Cairo.E tal punto di osservazione quasi testimonia la congiunzione fra la bellezza naturale spaziante nei boschi, nei colli, nel piano e nei paesi e nelle case disseminate armoniosamene nei campi e sulle cime montuose e la bellezza spirituale regnante sovrana silenziosamente nella chiesa e dalla chiesa penetrante nei cuori e nelle menti, estasiate dinnanzi a tale e così complessa munificenza di Dio, della quale il Santuario appare come un baluardo di osservazione e di difesa.Ed è proprio in questo luogo che i supinesi amano soffermarsi per godere di tanta avvenenza ed è in esso che i pellegrini terminano il 10 maggio il loro lungo cammino di devozione, ansiosi di prostrarsi dinanzi al Santo.Soffermiamoci anche noi, a contemplare con calma questa diletta chiesa, che è fonte di tanta ascesi religiosa e di tanto palpitare di cuori. Spesso vi siamo venuti, ma forse sempre in fretta, resi irrequieti dall’incalzare vorticoso della vita, incapaci di trovare nel piccolo centro ciociaro un’opera che si afferma anche per la sua arte ormai secolare.A prima vista, la chiesa s’impone per la sua armonia costruttiva, la sua esteticità di linee, la sua equilibrata proporzione fra base ed altezza, per la sua grazia espressa da tutto l’insieme e soprattutto dalla facciata rivestita di travertino e abbellita da un artistico mosaico, ideato ed eseguito nel 1966 dal mosaicista Ugo Santurri, rappresentante S. Pietro e S.Cataldo in atto di implorazione e di protezione del paesaggio e delle opere dei Supinesi. Il silenzio, che avvolge all’intorno il sagrato, rende mistica questa ammirazione.È bene precisare subito che mai è stata innalzata una chiesa propria dedicata a S.Cataldo, ma – forse per un maggior senso di onore – il suo culto è stato abbinato a quello verso S. Pietro, principe degli Apostoli. Da tale abbinamento è sorta la necessità di costruire, nell’interno della chiesa, un degno altare in un’apposita cappella, che nell’insieme costituisse il Santuario del Santo.L’attuale chiesa di S. Pietro – divenuta quindi Santuario di S. Cataldo – risale alla metà del 1700. Nel 1786, per ultimare i lavori, fu stipulato un mutuo di mille scudi d’oro col Marchese Tani di Ferentino. Di tale mutuo si conserva ancora l’atto costitutivo redatto dal notaro Michele Angelo Pace di Ferentino in data 31 agosto. Dal medesimo atto notarile aprendiamo che fu costruita perchè la precedente chiesa arcipretale di S. Pietro nella terra di Supino “minacciava rovina per ogni dove” e che era situata “in luogo assai umido ed incomodo da non potersi officiare, senza iattura della sanità dell’arciprete e dei beneficiati della medesima chiesa” e quindi si decideva di “farla di nuovo in altro sito più proprio e più comodo, non meno all’arciprete e beneficiati che ai parrocchiani”. Sempre dall’atto notarile è specificato che la costruzione doveva proseguire celermente col denaro trovato dal quell’Arciprete, oltre altro denaro che in soma di scudi cento all’anno doveva apportare la Ven. Confraternita dello Spirito Santo di Supino. Di tutto veniva dato atto col compiacimento e il consenso dell’allora vescovo di Ferentino, il quale “solennemente vestito di Sacri Pontificali Paramenti vi pose, premesse le solite benedizioni e cerimonie, la prima pietra”.Come era, sin d’allora, fortemente sentita la devozione di S. Cataldo fra i Supinesi, le autorità ecclesiastiche e civili! In mezzo ad una generale povertà la fede fa scaturire i mezzi finanziari, anche a costo di sacrifici e di impegni da parte di persone e di istituzioni. L’esempio dei Padri è sempre stimolante poichè tutti i rinnovamenti e i miglioramenti apportati alla chiesa nel corso del tempo e soprattutto recentemente sono stati effettuati grazie alla volontaria contribuzione dei supinesi e degli emigrati supinesi, nonchè dei pellegrini. Il che significa che la devozione a S. Cataldo, unita a quella verso il Principe degli Apostoli, non accusa alcun logoramento ma è sempre giovane e sempre più vigorosa.L’architettura della chiesa risente di quella fastosità e grandiosità, proprie dell’arte romana del tempo. È di stile neo-classico baroccheggiante a forma poligonale (12 facce) centrale sostenuta da sei pilastri egualmente poligonali, che sorreggono la grande volta centrale a cupola. All’interno, nella convergenza fra le colonne centrali e le pareti laterali, dodici lesene sorreggono altrettante piccole volte a cupola, sei delle quali – le più grandi – sovrastano gli altari laterali e l’ingresso. Sembra sia unico esemplare del genere in tutta la zona della Ciociaria. L’area che occupa è di 450 mq.La Chiesa ha il titolo di “Matrice e Arcipretale”, tale dichiarata dal Vescovo Fabrizio Borgia di Ferentino nel 1734, quegli stesso che pose la prima pietra della nuova costruzione. Nel 1836, Papa Gregorio XVI, con propria Bolla, eresse la Collegiata di Supino e in essa si legge che Supino era posta sotto la protezione di S. Lorenzo e anche del patrocinio di S. Cataldo Vescovo e che delle tre parrocchie esistenti (S. Pietro, S. Maria, e S.Nicola) la principale, la arcipresbiteriale, era quella di San Pietro.A titolo di cronaca, ma anche per giusta e meritata memoria, precisiamo che gli Arcipreti di S. Pietro che si susseguirono durante il periodo della costruzione della nuova chiesa e che tanto si adoperarono per la medesima, furono: D. Lino di Stefano e successivamente D. G. B. Cerilli, Giovanni Merlini, sacerdoti certamente infaticabili e appassionati della loro missione e di amore per il loro paese. La volta centrale è occupata tutta da ricche decorazioni e i suoi riquadri contengono sei belle tele raffiguranti S. Pietro e S. Paolo, S. Giovanni, S. Matteo, S. Luca e S. Marco. Le tele sono di pregevole fattura e, senza aver la pretesa di capolavori d’arte pittorica, si presentano con decoro e si ammirano piacevolmente.La cupola antistante l’altare maggiore, nei pennacchi, è adornata da quatto affreschi (sec. XVIII) raffiguranti i quattro santi dottori della chiesa Greco-Romana: S. Agostino, S. Ambrogio, S. Gerolamo e S. Giovanni Crisostomo. Sono lavori finissimi.Il catino dell’abside dell’Altare Maggiore racchiude tre affreschi della fine del settecento, raffiguranti episodi della vita di S.Pietro: la pesca miracolosa, la guarigione dello storpio alla porta del tempio, il miracolo di Simon Mago.La chiesa tutta, decorata dal Monicelli nel 1890 per iniziativa dell’arc. D. Francesco Schietroma, in seguito, nel 1942, fu nuovamente decorata da Silvio Pavon e dal pietrista romano Gaetano Errighi, sotto la reggenza dell’arciprete D. Igino Aversa.L’abside contiene un gran coro monastico in legno, opera di artigianato artistico locale.Il pavimento della chiesa è stato rifatto nel 1960 in marmi e piastrelle: è dono della popolazione di Supino e degli emigrati supinesi; contiene incisioni in marmo incastonate nel pavimento medesimo.Sulla parete di fondo dell’Altare Maggiore è una grande bellissima tela, attribuita a Sebastiano Conca (1680-1764), rappresentante la “Consegna delle chiavi a S. Pietro”. Il coro è chiuso da un prezioso altare in marmi policromi, di grandezza proporzionale alle dimensioni di tutta la chiesa e perciò grazioso e nello stesso tempo solenne. È un vero monumento architettonico. Al centro è internato il tabernacolo – anchesso in marmi preziosi – nel quale è conservata l’Eucarestia. La relativa balaustra in marmo, costituita da una piacevole fuga di colonne lavorate con gusto e con fine tecnica, è stata eseguita dallo scalpellino Ramoni Adrasto di Roma su ordine dell’Arciprete del tempo Don Francesco Schietroma.Ed eccoci alla Cappella di S. Cataldo col relativo altare, che è il Santuario vero e proprio in senso stretto. Le pareti sono di finto marmo lucido, la decorazione della volta e l’attraente affresco centrale della medesima, rappresentante la “Gloria di S.Cataldo”, sono tra le opere migliori del Monicelli, che ha svolto notevole attività a Supino. L’altare è un’opera preziosa tutto di marmi policromi. Nella nicchia che sovrasta l’altare si conserva l’artistica e venerata Statua del Santo.Rilevanti sono inoltre: L’altare di S. Andrea, soppresso con i recenti restauri: la “pala” di fondo che rappresenta il Martirio di S. Andrea Apostolo è opera del Monicelli. L’altare di S.Giovanni con una tela, di autore ignoto del 1600, tecnicamente perfetta ed ispirante riflessioni spirituali, rappresenta S. Giovanni Evangelista in estasi, con la visione dell’Immacolata.Infine l’altare dell’Immacolata, con una tela, opera pure del Monicellli, raffigurante un soggetto devozionale della effige dell’Immacolata delle Figlie di Maria: riflette spiritualità ed ha una deliziosa estetica.Sulla parete interna della Chiesa, sovrastante il portone centrale è collocato l’antico Organo Classico, opera di Joannes Conradus Werle, costruito a Roma nel 1764. Lo strumento è eccellente ed unico nel suo genere in tutta la plaga della Ciociaria. Il costruttore, di origine tedesca, fù tra i più illustri organari operanti In Italia nel 1700. È stato restaurato completamente e meccanizzato nel 1967.Nè possiamo omettere che nella chiesa esiste anche un piccolo ma significativo tesoro di S. Cataldo che attende una definita e decorosa sistemazione. Escludiamo dal Tesoro gli innumerevoli ex-voto d’argento e di oro che i pellegrini e i devoti offono continuamente ma specialmente nella giornata del 10 maggio in segno di grazie ricevute o da ottenere. Elenchiamo soltanto quelli che hanno un indiscusso valore artistico.
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