Descrizione
La “Chiesa Madre”, nonché Parrocchia di San Giorgio Martire in San Giorgio del Sannio, il 29 gennaio 2022, nel CXXIX anniversario della beatificazione di San Gerardo Maiella, è stata elevata, per le mani di S. Ecc. Mons. Felice Accrocca, Arcivescovo Metropolita di Benevento, alla presenza del Parroco Mons. Aurelio Capone, del popolo devoto e delle autorità cittadine di San Giorgio del Sannio, al titolo di “Santuario Diocesano per il culto in onore di San Gerardo Maiella Taumaturgo”.
Il Santuario è detto “Chiesa Madre” perché è la principale del paese e perché più di mille anni fa, quando era ubicata in collina, là dove ora sono il cimitero, ampliato nel 1934 e la cappella del SS. Rosario, diede origine all’antico borgo sannita, che fino al 1929 si chiamò San Giorgio la Montagna (di Montefusco).
Risale, infatti, all’epoca longobarda, precisamente al 991/992 la più antica notizia riguardante San Giorgio, o meglio l’omonima chiesa «con le sue pertinenze», attorno a cui il lento aggiungersi di casa a casa formò un villaggio di «sette piccoli casali». Il quale solo agli inizi del 1700 cominciò ad espandersi ai piedi della collina verso le già esistenti contrade di Sant’Agnese e di Ginestra.
Fu nel X secolo che la «ecclesia Sancti Georgi de loco Vico» venne donata e confermata al monastero benedettino di San Modesto in Benevento dal principe longobardo Pandolfo II e suo figlio Landolfo V. E, come essi dichiararono nell’atto di concessione, la offrirono a Dio «per la salvezza dell’anima nostra e della nostra patria».
Nel 1505, versando in abbandono l’abbazia di San Modesto, il papa Giulio II l’assegnò con tutti i suoi beni e diritti alla Congregazione dei Canonici Regolari Lateranensi, e la stessa sorte toccò alla chiesa di San Giorgio. La cui giurisdizione «nullius dioecesis» e direttamente soggetta alla Santa Sede, fu più volte contesa dall’arcivescovo di Benevento, fino a quando, nel 1637, Roma non appurò definitivamente la sua proclamata indipendenza. […] l’antica chiesa di San Giorgio, rovinata dal terremoto del 1688, come lo sarà ancora dal sisma del 1702 e irreparabilmente da quello del 1732, «non solum restaurata et basilice reaptata fuit, sed magnificae etiam ornata» dal munifico abate-curato don Andrea Vollari (1692-1729), che vi spese del suo ben 600 ducati; e il 1° aprile del 1698 fu solennemente consacrata dal cardinale Orsini. Al quale il principe del luogo, Carlo III Spinelli (1678-1742), chiese ed ottenne, il 1° marzo 1721, che quella chiesa fosse eretta, a sue spese, in «insigne collegiata», con un abate, un arciprete e quattro canonici per la recita quotidiana della divina salmodia, e la celebrazione della messa conventuale.
Nella prima decade del Settecento, aumentando il numero degli abitanti, che tuttavia non arrivava a 130 famiglie e 700 anime, il principe Carlo, che si era già fatto costruire un palazzo più grande in località Casalnuovo, pensò di affiancarvi una nuova chiesa (e anche un monastero per le discendenti del suo casato), la cui prima pietra fu posta il 29 settembre del 1721. Ma, pur funzionando da alcuni anni, la consacrazione della chiesa avvenne soltanto 15 anni dopo, per mano del cardinale Serafino Cenci, il 30 aprile 1737.
Nella primavera del 1729, in uno dei due soggiorni a Benevento, papa Orsini si portò anche a San Giorgio per osservare il nuovo tempio, che «invesère atque collaudare dignatus est». Trent’anni dopo, nell’autunno del 1760, vi fu anche Sant’Alfonso Maria de Liguori, di passaggio da Sant’Angelo a Cupolo ad Avellino, e nella primavera precedente vi svolsero una missione popolare i suoi primi compagni Redentoristi.
Primo abate della settecentesca chiesa collegiata (ma già lo era da 1729, quando funzionava ancora la vecchia chiesa in collina) fu don Tommaso Rossi, nato e morto a San Giorgio (1673-1743), teologo e filosofo, che Giambattista Vico stimava «degno della più famosa Università dell’Europa».
Nel 1931, a due secoli dalla fondazione, l’arciprete don Alberto Cozzi (1911-1932), «dal popolo sovvenuto, questa chiesa per vetustà e terremoto pericolante, decorando abbellì». Risistemò gli altari, tra i quali uno del 1907 dedicato a San Gerardo Maiella – la cui statua (voluta da Michele De Spirito e Cristoforo Bottiglieri) e del 1904 – vi aggiunse altre tre nicchie a muro e fece dipingere dai fratelli Girolamo e Vincenzo Liguori di Mercato San Severino (SA) nell’abside le allegorie della Speranza, Fede e Carità, e nella cupola centrale i quattro Evangelisti e otto angeli, ciascuno in diverso atteggiamento.
Nel 1982, da una dimenticata botola al centro della chiesa, dove nel 1799 era stato sepolto, accanto alla nonna Maria Teresa Caracciolo, moglie di Carlo III Spinelli, e due sorelline, il giovane Principe Carlo IV, ucciso a San Giorgio in uno scontro tra rivoluzionari e insorgenti, furono estratti i loro resti mortali e traslati nell’ossario del cimitero.
Strepitosi miracoli, attuati per intercessione del glorioso San Gerardo Maiella, si verificarono proprio a San Giorgio del Sannio, in particolare nell’agosto del 1867 e nel dicembre del 1901. Il primo riguardò il dodicenne Lorenzo Riola (1857-1920), il quale, colpito da grave tubercolosi meseraica, che in breve tempo lo portò in fin di vita, recitò una novena all’allora Venerabile Gerardo Maiella, ottenendo in sogno ciò che la medicina non esitò a dichiarare “miracolosa guarigione” (tale prodigio è stato riconosciuto dalla Santa Sede nel processo di beatificazione del Santo). Il secondo miracolo, invece, venne attuato a beneficio di Michele De Spirito (1864-1938), un pio uomo di fede che, agli inizi del secolo scorso, venne colpito dalla tisi (lo stesso male di cui soffrì San Gerardo). Anche lui, ridotto in fin di vita, invocando l’aiuto e la protezione del Beato Gerardo Maiella vide, in sogno, apparire nella sua camera da letto il giovane redentorista che, dopo avergli scoperto il petto e fatto baciare il Crocifisso, lo guarì miracolosamente. La devozione verso San Gerardo crebbe sempre di più e numerosi sono ancora oggi i devoti che arrivano ai piedi del prodigioso simulacro dove, in una preziosa urna d’argento, è custodita la fascia che l’infermo indossava al momento del miracolo, ora esposta alla pubblica venerazione. All’interno del Santuario, in un altare marmoreo policromo, è custodito il prezioso e prodigioso simulacro del Santo. Esso, risalente al 1904 (anno della sua canonizzazione), è stato realizzato con il contributo dei sangiorgesi emigrati in America e ogni anno, il giorno 16 ottobre, dopo una solenne novena, viene portato trionfalmente in processione per le strade della cittadina.
I solenni festeggiamenti in onore del glorioso taumaturgo S. Gerardo Maiella sono organizzati nel segno della tradizione. La novena di S. Gerardo, che ha inizio il giorno 7 ottobre, vede la partecipazione di molti pellegrini, che diventano sempre più numerosi in occasione del sacro triduo, momento di meditazione sulla sua vita, stimolata dalle riflessioni di un predicatore quasi sempre redentorista.
A conclusione della novena, il giorno 15 ottobre, oltre alla consueta benedizione del pane, ha luogo anche la benedizione delle gestanti e dei bambini che ogni anno ricorrono all’intercessione di San Gerardo, quale loro particolare Protettore.
Come in passato il giorno precedente la sua festa prendeva avvio una lunga veglia che si protraeva fino alle prime ore del giorno successivo, annualmente si celebra un momento di preghiera per commemorare gli ultimi istanti della sua vita terrena. La giornata del 16 ottobre, invece, vede l’affluenza di numerosi pellegrini alle sante messe ed alla processione pomeridiana.
In Santuario, il giorno 16 di ogni mese, viene celebrata una solenne messa in memoria della nascita al cielo del Santo, animata dalla storica Associazione Gerardina, mentre un sacro triduo con la solenne ostensione della sacra reliquia ex ossibus del Santo, viene celebrato nei tre giorni che precedono l’anniversario dell’elevazione della suddetta Chiesa a Santuario Diocesano (29 gennaio).