San Giovanni Battista al Calandrone

Descrizione

Descrizione

Il Santuario di san Giovanni Battista apparteneva, fin dall’antichità, alla Pieve di Bariano intitolata a Santa Eufemia. Era sicuramente molto antica perché il nome della Pieve appare su una pergamena dell’anno 885 in occasione di una permuta di immobili situati presso Rossate di Lavagna tra Gerardo Vescovo di Lodi e Pietro, abate del monastero di Sant’Ambrogio. In questi anni la chiesa dedicata a San Giovanni Battista doveva essere già presente sul territorio, anche se non abbiamo notizie certe.

La prima notizia assodata che abbiamo sul santuario del “Calandrone” (piccolo corso d’acqua che una volta lambiva il santuario) è su un documento dell’anno 1261, noto come la taglia del notaio Guala.

Guala era il nome del legato pontificio che impose al clero della Diocesi di Lodi una tassazione per finanziare la crociata contro Manfredi di Svevia, voluta dal Pontefice Urbano IV. La tassa è commisurata all’entità dei beni immobili posseduti o dalle loro entrate. Facevano parte della Pieve di Bariano 13 istituzioni religiose la Chiesa di Merlino, la Chiesa di Vaiano, e appunto, la Chiesa di San Giovanni al Calandrone che fu costretta a pagare 3 denari e mezzo.

Dal 1261 devono passare due secoli per avere ancora notizie sul tempio dedicato a San Giovanni Battista. A offrircele è Antonio Maria Pozzoli, Parroco di Merlino dal 1698 al 1703. Il sacerdote ricorda di aver visto, su un pilastro esterno della chiesa la data 1466 accompagnata dall’immagine di San Bernardino da Siena. Sotto il dipinto si intravedeva un precedente strato di calcina “pitturata” che lascia intendere che la chiesa era stata restaurata e ridipinta e che in tale occasione l’immagine originale del santo venne sostituita dal nuovo affresco, presumibilmente nella seconda metà del quattrocento.

Nel 1564 il Vescovo di Lodi, Giovanni Antonio Capizucco, durante la visita pastorale trova l’edificio in rovina con la conseguente indicazione di sistemarlo al più presto.

Nel 1573 il Vescovo di Lodi, Antonio Scarampo, certifica che l’ordine di restauro è rimasto lettera morta infatti si obbliga il parroco e la comunità di Merlino a riparare entro tre mesi l’intero edificio.

Nel 1744 il Vescovo di Lodi, Giuseppe Gallerati, scrive un a lunga relazione e piena di dettagli soprattutto sulla gran quantità di Grazie Ricevute appese alle pareti del santuario, segno di una forte devozione e di molte guarigioni dovute alla preghiera e all’intercessione del santo.

I GIORNI NOSTRI

Negli anni ’50 del ‘900 don Paolo Tinelli, coadiutore di Merlino diede un particolare risveglio di pietà e devozione al santuario. Durante questo periodo il Vescovo di Lodi, Tarcisio Vincenzo Benedetti, molto devo al santuario, avoca a sé la carica di rettore del santuario contribuendo così a rivalutare e riaffermare l’importanza del santuario. I parroci che si sono succeduti nel ‘900 hanno apportato diverse modifiche che hanno reso il santuario così come lo conosciamo.

IL CARDINAL MONTINI

Devotissimo al Santuario del calandrone fu Giovanni Battista Montini, cardinale di Milano e futuro Papa Paolo VI. Una volta al mese, a sera inoltrata, da Milano raggiungeva il santuario e rimaneva in ginocchio, per un’ora, davanti alla porta chiusa, in preghiera, in ringraziamento per il bene ricevuto.

Paolo VI fu anche un benefattore: nel 1972, già Papa, donò al parroco don Felice Marzatico la considerevole somma di un milione di lire per contribuire al restauro del Santuario.

LE DUE VASCHE STORICHE

Sono due vasche poste ai lati della chiesa: una sana e integra e una crepata, spezzata in cinque punti. Alla prima accorrono in molti per attingere l’acqua miracolosa che fuoriesce dal rubinetto. Sopra questa vasca si trova un’antica lapide con la scritta: “di San Giovanni il fonte ha due Palme/lava il morbo alle membra e il vizio all’alme”

La seconda vasca, quella crepata, è la vasca storica per eccellenza, dalla quale sarebbe scaturita la prima fonte. È sicuramente la più famosa tra le due perché sulla lapide si può leggere questa frase: “è una delle due antiche vasche. Secondo la tradizione un cacciatore vi portò il suo cane malato dicendo: O san Giuan, se te fè guarì i cristian fa guarì anca el me can. (O san Giovanni se fai guarire i cristiani, fa guarire anche il mio cane). Appena vi immerse il cane la vasca si spaccò.”

Un cacciatore, avendo il suo cane ammalato, pensò bene di calarlo nell’acqua della vasca pronunciando la frase “incriminata” e all’istante la vasca si crepò facendo fuoriuscire l’acqua prosciugando per sempre la fonte e, probabilmente, lasciando il cane ammalato. Così narra la leggenda.

Ancora oggi il santuario è meta di pellegrinaggi per la devozione dei fedeli che arrivano dal lodigiano, dal cremasco e dal milanese. Il santuario apre ogni anno il lunedì di Pasqua e rimane aperto fino alla seconda domenica di settembre. Le sante Messe vengono celebrate il martedì alle 21.00 e la domenica alle 18.00.

La festa si svolge il 24 giugno, giorno della nascita di San Giovanni, e vengono celebrate le sante Messe alle ore 5.00, 6.30, 8.30, 10.30, 18.00 (celebrata dal Vescovo), e alle 21.00.

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