Santa Maria delle Fratte

Descrizione

Descrizione
La fondazione della chiesa di S. Maria delle Fratte si fa generalmente risalire al 1137, anno nel quale sarebbe stato rinvenuto il quadro della Vergine negli anfratti di una collinetta, prospiciente il Vallone S. Rocco. Questa data è frutto della non corretta o almeno non chiara interpretazione del documento del 1136, che ne fece Padre Serafino Montorio e delle illazioni fatte dagli autori successivi.
Tutti gli storici di Castelbaronia riprendono il racconto del suo miracoloso rinvenimento, spiegando perchè la chiesetta fu edificata proprio in quel luogo.
Il primo a raccogliere la vecchia tradizione orale sull’origine della chiesa fu Gian Giacomo Giordano, scrivendo le Croniche di Montevergine, stampato a Napoli nel 1649. Egli riferì che uno dei monaci inviati da Montevergine ad ufficiare la chiesa di S. Giovanni di Acquara, era solito ritirarsi in meditazione presso una collinetta dei dintorni, in una grotta, in cui aveva infisso ad una pianta l’immagine rappresentante la Madonna che mostra il Divino Figliuolo. Quando il monaco morì la spelonca rimase abbandonata e fu coperta dalla vegetazione, fino a che non la scoprì un uomo del Casale che aveva smarrito un toro, che trovò inginocchiato davanti alla sacra effigie.
Riferito il fatto al Vescovo di Trevico, questi la fece trasportare nella chiesa di S. Euplio in Acquara, ma la mattina successiva l’effigie non fu più rinvenuta.
” Per il che sospettarono a primo che indi fusse stata rubata da qualcuno; e però (….) alla fine alcuni, ispirati da Dio, andarono alla spelonca, e quivi la ritrovarono posta in quell’istesso modo, come stava prima. Da questo fatto così miracoloso conchiusero tutti unitamente, che Iddio voleva fusse adorata quella sacra Immagine in quel medesimo luogo, ove fu ritrovata, e prò in breve tempo vi edificarono una piccola Cappella “.
Padre Serafino Montorio, facendo proprio il testo di una relazione fattagli pervenire dal Vescovo Simone Viglini, nel 1715, ripetè la storia che abbiamo riportato.
Padre Arcangelo da Montesarchio , G. Coppola , A.M. Iannacchini , P. Bardaro , V. Frano ne ripeterono successivamente il racconto, arricchendolo di particolari più o meno interessanti, ma tutti privi di documentazione storica.
In proposito, tuttavia, c’è da osservare che era passato troppo poco tempo tra l’insediamento dei Benedettini ad Acquara ( 1136) ed il rinvenimento del quadro (1137), appena nove mesi, per pensare ad un loro intervento nel trasporto del quadro in Baronia. E’ plausibile pensare che essi furono tra i primi a venerare la sacra immagine, ed a diffonderne il culto, tanto più che la stessa richiamava e richiama quella di Montevergine, detta Madonna di S. Guglielmo.
Attraverso i secoli il primitivo tempio fu ingrandito ed abbellito dalla pietà dei fedeli, che non lesinavano offerte, e dalla munificenza dei feudatari del paese.
Le fu dato “il titolo di S. Maria delle Fratte, dal luogo di sterpi, bronchi e piante selvatiche ove era stata ritrovata “.Non abbiamo notizie sulle caratteristiche dell’antica chiesa, che subì le traversie di tutti gli edifici pubblici della zona, sconvolta periodicamente dai terremoti.
A seguito del terremoto del 1694 restò in piedi solo la Cappella della Vergine, che cadde nel successivo sismo del marzo 1702; restò in piedi solo l’Altare Maggiore su cui era stata precedentemente collocata l’Immagine di Maria SS.
Nel 1856, rivelatasi inadeguata ad accogliere i fedeli , moltissimi dei quali forestieri, fu quasi completamente ristrutturata. Tuttavia sarebbe restata incompleta se non fosse intervenuto P. S. Mancini che fece stanziare cospicue somme dal Governo Nazionale.
La restaurata ed ampliata chiesa venne consacrata il 28 ottobre 1867 da Monsignor Maiorsini, Vescovo di Lacedonia, e da D. Vincenzo Salvatore, Abate Parroco di Carife, futuro Vescovo di Gravina. La cerimonia di dedicazione ( ai S. Martiri Clemente, Fruttuoso e Severino) si svolse il 19 ottobre dello stesso anno. L’edificio era a tre navate, ciascuna della lunghezza di 33 ml. e della larghezza di 16 m., cui si accedeva per mezzo di tre differenti porte. Una quarta navata era a servizio della Arciconfraternita del Santuario. Contava al suo interno sei altari di marmo pregiato; sul Maggiore, lavorato in oro zecchino, era sistemato il trono della Vergine. Il soffitto, costruito a botte, era adornato con pregiati lavori in stucco. A sud del tempio si trovavano il Palazzo Vescovile ed il campanile alto 17 m.
” Il primo tempio, più volte danneggiato dai terremoti e sempre risorto per la pietà dei fedeli, fu completamente distrutto dal terremoto del 23 luglio 1930. Riedificato dalla munificenza della Santa Sede e del Governo Nazionale, fu riaperto al culto nel 1933.
Nel 1937 il campanile fu ricostruito con il contributo concesso dal comm. Michele Aufiero, di Sturno, come risulta da una lapide apposta sui muri perimetrali.
I terremoti dell’agosto 1962 e del novembre 1980, sebbene abbiano danneggiato l’edificio, non ne hanno compromesso la stabilità, per cui i danni si son potuto facilmente riparare. Nel 1980 i maggiori danni si ebbero alle volte, costruite con struttura lignea con sovrapposizione di canne rivestite da intonaco. Il campanile, già deteriorato nelle parti di intonaco e nelle strutture dei solai, è stato adeguatamente riparato. In genere, la riparazione della chiesa ha comportato lavori di ripristino e di rafforzamento di tutti gli elementi strutturali in muratura, con iniezione di cemento atto a consolidare gli elementi murari, e la demolizione parziale delle volte, la cui struttura lignea è stata sostituita con una metallica. Inoltre, si è proceduto all’adeguamento funzionale dell’edificio, mediante la costruzione di un locale Sacrestia, con annessi servizi, collegato alla chiesa vera e propria attraverso un disimpegno che va nel Presbiterio, e con ingresso dalla parte del giardino preesistente al lato Sud- Ovest.

( i brani riportati provengono da “La chiesa e il culto di Santa Maria delle Fratte di Castelbaronia” e sono stati utilizzati per gentile concessione della dott. Antonietta Scaperrotta)

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