SS. Crocifisso

Descrizione

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La Leggenda

Il Santissimo Crocifisso che si venera in questo Santuario, fu lavorato nella Città di Brindisi da un eccellente artefice per un certo Castellano di Spagna. Compiuto il lavoro, fuorchè la testa, non perfezionata, né congiunta al corpo, pose egli tutto in una cassa per portarla seco a Napoli, e di là spedirla alla volta di Barcellona, patria del nominato Castellano. Partito dunque da Brindisi il lodato artefice venne a passare da Rutigliano; dove giunto, per la via estramurale si diresse con la sua vettura alla volta di Bari, ma gli animali, che portavalo giunti alla imboccatura della vecchia strada che tuttora mena al Convento di questi Padri Cappuccini, si fermarono, e non vi fu modo che si fossero spinti innanzi. Allora l’artefice restò come fuori di sé pel fatto nuovo che gli accadeva, e permettendo, a quelle bestie di prendere la via che loro piacesse, vide che prestamente, volgendosi dalla parte della vecchia strada nominata, presero la volta del Convento. Ivi giunta la vettura, di bel nuovo si fermarono gli animali e, per quante sferzate avessero ricevute, non vi fu verso di far proseguire loro il cammino. Pensò allora l’artefice soffermarsi quivi per quella notte, essendo già sera. Chiese ricovero al Superiore del Convento, e l’ottenne, depositando la cassa ben chiusa nella Chiesa dello stesso monastero. La mattina del giorno seguente, avendo esternato quei Frati il desiderio di vedere l’opera dall’artefice riferita, si portarono tutti in Chiesa. Nell’aprirsi la cassa videsi perfezionata in modo eccellentissimo la testa del Crocifisso, tanto che lo stesso artefice comprendendo non essere stata opera sua, (e certi vogliono che si fosse pur trovata congiunta al busto; cosa che non aveva ancor fatta l’autore), videsi il medesimo artefice cadere per terra privo di sensi. I Frati ammirando pure il meraviglioso lavoro, non si sapevano spiegare l’accaduto, fino a tanto che quesgli si fu riavuto, ed ebbe loro raccontata la novità della cosa. Fu allora che egli stesso per tanti segni ricevuti volle donare quel Crocifisso al nostro Convento dei Cappuccini, non senza però tenere informato il Signor Castellano di Barcellona, il quale avendo inteso l’accaduto, anch’egli divotamente scrisse che per suo dono fosse restata in Rutigliano la detta meravigliosa immagine.

Non sono state rinvenute notizie precise sull’arrivo del Crocifisso a Rutigliano. Dai documenti a nostra disposizione possiamo collocare l’arrivo della Miracolosa Immagine tra il 1630 e il 1709. Ad oggi non è possibile esser più precisi.

Il 30 settembre 1574 il rutiglianese Giannantonio Del Vecchio faceva proprie le sue volontà testamentarie affinché con la somma di mille ducati si costruissero “le celle per i monaci cappuccini”, a fianco dell’erigenda chiesa rurale di Santa Maria delle Grazie (circa 1577). La cosa, ebbe un esito diverso – forse perché non corrispondente ai canoni stilistici sanciti nelle Costituzioni dell’Ordine del 1536 – poiché il convento e la relativa chiesa furono edificati attorno al 1612 in un’altra zona della città, in prossimità di una più antica cappella dedicata a San Michele Arcangelo, la cui intitolazione passò alla nuova chiesa mendicante. Come attestano alcuni documenti archivistici del 1630 e del 1634, i lavori della fabbrica religiosa non erano ancora ultimati.

Il complesso conventuale rutiglianese, dunque, fin da principio dovette rispettare alcune caratteristiche architettoniche e decorative comuni a tutti i conventi dell’Ordine, specialmente di quelli pugliesi, che si edificarono tra Cinque e Seicento: la facciata della chiesa, semplice e disadorna, prevedeva un timpano triangolare o un frontone curvilineo (come nel nostro caso), in linea con la sottostante finestra e con il portale d’ingresso; l’interno, di forma rettangolare e a navata unica, terminava con il coro; la volta era a botte e nella parete sinistra si aprivano una serie di cappelle.

Questo impianto rimase sostanzialmente inalterato per almeno un secolo, come certifica la veduta esterna dell’edificio, riportato in una tempera murale del 1736. Una fase di rinnovata veste decorativa interessò la chiesa e il convento cappuccino nella prima metà del XVIII secolo; un’altra, non proprio ottimale, si ebbe attorno agli anni finali del XIX secolo con il rifacimento dell’attuale facciata e la dolorosa perdita di alcuni corpi edilizi (refettorio, chiostro) passati nella proprietà dell’adiacente Istituto Monte dei Poveri (Ospedale). Altre pesanti modificazioni furono perpetrate all’interno della chiesa negli anni Cinquanta del Novecento.

Testo a cura di Giovanni Boraccesi

 

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