SS. Crocifisso di Bilici

Descrizione

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La storia del Santuario e del Crocifisso

Il Santuario di Castel Belice si manifesta, pienamente, come luogo di pellegrinaggio, in devozione al SS. Crocifisso, nel XVII secolo, dopo che i monaci del Convento dei Frati Minori di Petralia, nel 1638, donarono alla Duchessa Maria Fernanda Alvarez, al tempo proprietaria del feudo di Castel Belice, un crocifisso ligneo policromo, di grandezza naturale, e di raffinata fattura, raffigurato nell’atto di rivolgersi a Dio Padre, prima di esalare l’ultimo respiro.
Il Crocifisso di Castel Belice è opera di Frate Innocenzo da Petralia, insigne scultore, vissuto dal 1591 al 1648. Egli fu discepolo del celebre Frate Umile Pintorno.
La Chiesa, in cui è esposto il Crocifisso, ad unica navata, ricostruita nel 1871, è inserita nella parte anteriore del Castello, che si erge su un’altura delimitata da erti pendii.
Ancora oggi, si rileva la presenza di alcuni elementi compositivi strutturali, significativi dell’esistenza del castello feudale, che risalirebbe al XII secolo.
Nella parte posteriore del Castello, a qualche centinaio di metri di distanza, si erge la statua di Cristo Redentore, monumento eretto a cura dell’Arciprete di Marianopoli, Padre Leonardo Mancuso, nel 1995, in ricordo del 350° anno da quando, nel 1645, il SS. Crocifisso venne esposto alla venerazione dei fedeli nella chiesetta di Castel Belice, poi ricostruita nel 1871, come sopra detto.
Nel XVII secolo, l’antico castello ospitò una comunità di Francescani, provenienti dal Convento di Santa Maria di Gesù di Petralia Soprana, che avevano, anche, il compito di prestare assistenza spirituale ai tanti contadini del feudo.
Andato in degrado, il castello, nel 1918, proprietario il Principe di Trabia e di Butera, Don Pietro Lanza Branciforti, venne acquistato, per spirito religioso, ed al fine della perpetuazione del culto del SS. Crocifisso, da sei cittadini di Marianopoli, con rogito del 7 novembre di quell’anno, e, da allora, viene trasferito da padre in figlio, sino ad arrivare, in atto, ad oltre 50 comproprietari, che, vieppiù, andranno, sempre, ad aumentare, a mano a mano che avverranno le successioni.
Gli adempimenti riguardanti l’organizzazione e lo svolgimento delle attività connesse all’esercizio del culto, in collaborazione con la Curia Vescovile di Caltanissetta, vengono effettuati da un comitato di eletti, che, con l’assistenza spirituale dell’Arciprete di Marianopoli, alla scadenza di ciascun triennio, viene rinnovato.
Il Santuario di Castel Belice, in Italia e nella Regione Sicilia, si trova a poco più di un’ora di strada, a piedi, dall’abitato di Marianopoli, provincia di Caltanissetta, e, in automobile, a 15 minuti circa dal medesimo Comune, il quale, sorto nei primi decenni del XVIII secolo, è collocato a 720 metri sul livello del mare, alle pendici del Monte Mimiani. Nelle vicinanze dell’abitato, sono di interesse naturalistico gli ex feudi “Manchi”, “Dilena” e “Scala”, che conservano, ancora, la selvaggia bellezza dei paesaggi tipici dell’entroterra isolano. Sul versante opposto del Monte Mimiani, si estende l’omonimo “bosco”, anch’esso di grande valenza naturalistica. Di non minore interesse sono le zone archeologiche di Castellazzo, Balate, Valle Oscura, i cui reperti, per la maggior parte, si trovano esposti nel Museo Archeologico di Marianopoli. Vicino al Santuario vi sono i Comuni di Villalba e di Vallelunga Pratameno, i quali, in uno con Marianopoli, Resuttano e Santa Caterina Villarmosa, da molti anni, costituiscono il “Consorzio delle Cinque Valli”, la cui economia è, essenzialmente, basata sulla pastorizia e sull’agricoltura, con riguardo alla coltivazione cerearicola ed a quella del mandorlo, dell’ulivo e dell’uva, ed è dedita, particolarmente nella “Piana” tra Marianopoli, Villalba e Vallelunga Pratameno, alla coltivazione del “pomodoro siccagno” e della “lenticchia di Villalba”, prodotto, quest’ultimo, che si distingue per le particolari caratteristiche organolettiche, l’alto contenuto in ferro e la brevità del tempo di cottura.
Il pomodoro siccagno e la lenticchia di Villalba sono presidi “slow food”.
Il territorio in cui insiste Castel Belice, che ospita il Santuario, appartiene a Petralia Sottana, centro nel cuore del Parco delle Madonie, con il quale da sempre la comunità di Marianopoli e quelle dei Comuni delle Cinque Valli intrattengono rapporti, sociali, economici e culturali ben oltre quelli di mero carattere amministrativo.
Incantevole il paesaggio circostante il Santuario. Sono tanti i pellegrini che, ancor oggi, soprattutto nelle giornate domenicali, dal 25 aprile alla fine di ottobre, ed in quelle di maggior afflusso, dal 1° al 3 maggio, giornata, quest’ultima, in cui culminano i festeggiamenti annuali, arrivano a piedi scalzi, per invocare aiuto o rendere grazie al SS. Crocifisso.

La festa del 3 Maggio e le giornate di apertura del Santuario durante l’anno

L’apertura stagionale del Santuario avviene il 25 aprile, in coincidenza della “Festa della Liberazione” (in Italia). Dopo detta giornata, il Santuario è aperto nel pomeriggio di tutte le giornate domenicali, sino ad ottobre. E’ compresa la giornata del 15 agosto, festa della Madonna Assunta, ed è esclusa la domenica in cui ricade la festa del Corpus Domini. In tutte dette giornate, la S. Messa viene celebrata alle ore 17,30.
La data dei festeggiamenti principali, per l’intera giornata, preceduta da quelle, pure per le intere giornate, del 1° maggio e del successivo giorno 2, rispettivamente antivigilia e vigilia della Festa, è quella del 3 maggio, in cui si perpetua la ricorrenza del 3 maggio 1645, data in cui il SS. Crocifisso venne esposto, per la prima volta, alla venerazione dei fedeli, nella chiesetta di Castel Belice, poi ricostruita nel 1871.
Nel pomeriggio della vigilia, alle ore 18, prima della Messa, vengono celebrati i Vespri solenni.
Nella suddetta giornata del 3 maggio vengono celebrate diverse Messe, sia di mattina che di pomeriggio, e una di esse, con inizio alle ore 11.30, è officiata, in maniere solenne, dal Vescovo della diocesi di Caltanissetta.
Alla fine della Funzione, il SS. Crocifisso, sulla “vara” portata a spalla dai più giovani, con la banda musicale e con tanti fedeli al seguito, è portato in processione sino alla statua di Cristo Redentore, su una piccola altura ad alcune centinaia di metri dalla Chiesa, ove detta processione fa rientro.

dal sito internet: https://www.santuariocastelbelice.it/

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