Grande partecipazione di fedeli agli Esercizi Spirituali che si sono tenuti nel Pontificio Santuario della Beata Vergine del Rosario di Pompei (NA) dal 28 febbraio al 1° marzo. Tema: "Solo la carità è credibile". Relatori: don Leonardo Lepore, don Antonio Landi e la prof.ssa Filomena Sacco.

Mar 05 2024

Grande partecipazione di fedeli agli Esercizi Spirituali che si sono tenuti nel Pontificio Santuario della Beata Vergine del Rosario di Pompei (NA) dal 28 febbraio al 1° marzo. Tema: “Solo la carità è credibile”. Relatori: don Leonardo Lepore, don Antonio Landi e la prof.ssa Filomena Sacco.

Grande partecipazione di fedeli agli esercizi spirituali per tutti, che il Santuario di Pompei ha proposto da mercoledì 28 febbraio a venerdì 1° marzo. I tre giorni di approfondimento e meditazione sono stati, in particolare, dedicati al tema “Solo la carità è credibile”, un argomento legato al carisma del beato Bartolo Longo, fondatore della Basilica mariana e delle Opere sociali che, ancora oggi, curano le ferite dell’umanità più fragile.
Il primo dei relatori è stato il biblista don Leonardo Lepore, sacerdote dell’arcidiocesi di Benevento, docente di Filologia ed esegesi dell’Antico Testamento alla sezione San Luigi della Facoltà teologica dell’Italia Meridionale di Napoli, che si è soffermato sul brano del Levitico, uno dei libri dell’Antico Testamento, nel quale si esorta ad amare il prossimo come se stessi. È una sollecitazione che, nella società di oggi sempre più egocentrica e divisa, sembra di difficile applicazione. «La competizione esasperata e senza limitazione di sorta – ha rimarcato il sacerdote – si inizia a sviluppare fin dalle prime fasi della vita, fin da quando i bambini sono accompagnati a scuola. Ognuno deve eccellere e diventare il numero uno». Nel testo sacro si esorta invece a non odiare, a non vendicarsi, a non serbare rancore. Si deve, al contrario, amare gli altri, riversando su di loro «quell’amore di cui egli ha piena contezza e perfetta consapevolezza». Resta però una domanda: l’uomo sa davvero amare sé stesso? «Molte volte – considera don Lepore – l’uomo non è capace di dare cose buone alla propria vita: si impastoia in situazioni gravi e difficili da cui fatica ad uscire». L’uomo deve acquisire la capacità di amare, anche sé stesso, «deve mettersi alla scuola del vero bene, acquisirlo nel proprio cuore per poi poterlo donare e offrire al fratello». L’amore per sé e per gli altri non ha una misura unica, ma ha la capacità di crescere e si riversa su un’altra persona che, per sua natura, non sarà capace di un amore perfetto e totalizzante (che si ha invece in Dio). Infine – ha sottolineato il sacerdote – il passo del Levitico «invita ad amare “come te”, ossia com’è possibile. Non si tratta di amare il fratello come lo ha fatto un altro; oppure come lo hanno fatto gli uomini giusti della storia: di più o di meno rispetto a qualche persona che noi conosciamo; il testo dice di amare l’altro semplicemente secondo le capacità di ciascuno, senza gareggiare e senza competere con chicchessia».
Giovedì 29 febbraio è, invece, intervenuto il biblista don Antonio Landi, sacerdote dell’arcidiocesi di Amalfi-Cava de’ Tirreni, professore di filologia ed esegesi del Nuovo Testamento alla Pontificia Università Urbaniana di Roma. Il docente si è soffermato sulle parole di Gesù, pronunciate durante l’Ultima Cena dopo aver lavato i piedi agli apostoli: «Vi ho dato l’esempio». «Chinandosi a lavare i piedi dei suoi discepoli – ha spiegato – Gesù ha compiuto un gesto che esprime la sua umiltà non per essere lodato o apprezzato, ma imitato. La vera beatitudine non consiste nell’esercitare il potere servendosi degli altri, ma nel servire gli altri, improntando la propria vita sull’esempio di colui che, per amore, ha donato se stesso». Don Landi ha confrontato la Pasqua di Gesù, che arriva a spogliarsi di ogni cosa per gli altri e a morire in croce, a quella di Giuda nel cui animo prevale la venalità e la premura di «conservare la sua esistenza». Nella sua figura «si condensa l’esperienza vertiginosa della libertà umana e il condizionamento che essa può subire dalle lusinghe del maligno». Anche Pietro si stupisce del gesto di Gesù che lava i piedi agli apostoli, anzi inizialmente respinge il fatto stesso che Gesù «si umili a tal punto». Ma Pietro, ancora di più, rigetta anche la possibilità che il Maestro possa soffrire e morire. Don Landi ha parlato di “pedagogia della carità”, di stile da imitare e non tanto di una dottrina: «Il Maestro non chiede che essi lavino i suoi piedi come atto di sottomissione, ma i piedi gli uni degli altri, in segno di reciproca donazione».
Infine, venerdì 1° marzo, la professoressa Filomena Sacco, docente di teologia morale all’Accademia Alfonsiana di Roma e alla sezione San Luigi della Facoltà teologica dell’Italia Meridionale, si è soffermata sulla parabola del buon samaritano che «offre interessanti spunti non solo per i credenti, ma per l’intera umanità che, a prescindere dal credo professato, intende operare un sensibile miglioramento delle attuali condizioni di vita». Un dottore della Legge chiese a Gesù cosa dovesse fare per avere la vita eterna. La risposta è amare Dio con tutto il cuore, tutta l’anima, la forza, la mente. Ma amare anche il prossimo “come te stesso”. Il samaritano, di per sé nemico dei giudei, si mosse a compassione per un uomo che, venendo da Gerusalemme a Gerico, incappò nei briganti che lo ridussero in fin di vita. Avendo compassione per lui, se ne prese cura e compì una serie di azioni concrete: «Si avvicina, fascia le ferite, versa olio e vino, carica su un giumento (…) estrae due denari, paga l’albergatore affinché si prenda cura di lui in sua assenza». L’amore si fa concreto e non è amore per un amico, ma Gesù insegna l’amore per chi non appartiene al proprio gruppo. È un messaggio potente anche per l’uomo di oggi in un mondo dominato da quella che Papa Francesco ha tante volte definito “cultura dello scarto” che trova le proprie vittime nei giovani, negli anziani, nei malati, nelle donne, nei migranti. «Una fede autentica – ha detto ancora la teologa – implica sempre un profondo desiderio di cambiare il mondo, di trasmettere valori, di lasciare qualcosa di migliore dopo il nostro passaggio su questa terra». Cosa fare? Vivere la solidarietà autentica e cioè «restituire al povero ciò che gli corrisponde. I più favoriti devono rinunciare ad alcuni dei loro diritti, per mettere con maggiore liberalità i loro beni a servizio degli altri».
I testi integrali delle relazioni sono stati inseriti in un sussidio, che il Santuario ha proposto come strumento per continuare la propria meditazione e il proprio approfondimento.
 
Giuseppe Pecorelli

 

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2 Commenti

  • GUIDO FRANCHINI 6 Marzo 2024 at 6:02

    gran bella iniziativa, quella di fare gli Esercizi Spirituali in un Santuari aperto a tutti.

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    • Padre Mario 6 Marzo 2024 at 12:13

      Gentile signor Guido, la ringraziamo per il suo feedback alle iniziative degli Esercizi Spirituali nei Santuari. Sono ormai anni che alcuni Santuari portano avanti questa iniziativa per aiutare i fedeli e pellegrini ad un cammino più profondo ed intenso nella vita spirituale. Cordiali saluti. La segreteria del CNS

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