L’orientamento del culto e della devozione mariana.
Già Paolo VI ha formulato in brevi parole i fini della devozione mariana, e fino ad oggi questa linea e mantenuta nei documenti ufficiali della Chiesa, ma non sempre nella pratica pastorale o nella devozione personale dei fedeli:
lo scopo ultimo del culto alla Beata Vergine è di glorificare Dio e di impegnare i cristiani ad una vita del tutto conforme alla sua volontà (Marialis cultus 39)
Cristo è la sola via al Padre (cfr Gv 14,4–11). Cristo è il modello supremo al quale il discepolo deve conformare la propria condotta (cfr Gv 13,15), fino ad avere gli stessi suoi sentimenti (cfr Fil 2,5), vivere della sua vita e possedere il suo Spirito (cfr Gal 2,20; Rm 8,10-11): questo la Chiesa ha insegnato in ogni tempo e nulla, nell’azione pastorale, deve oscurare questa dottrina. Ma la Chiesa, edotta dallo Spirito e ammaestrata da una secolare esperienza, riconosce che anche la pietà verso la Beata Vergine, subordinatamente alla pietà verso il Divin Salvatore ed in connessione con essa, ha una grande efficacia pastorale e costituisce una forza rinnovatrice del costume cristiano. La ragione di tale efficacia è facilmente intuibile.
Infatti la molteplice missione di Maria verso il Popolo di Dio è realtà soprannaturale operante e feconda nell’organismo ecclesiale. E rallegra considerare i singoli aspetti di tale missione e vedere come essi siano orientati, ciascuno con propria efficacia, verso il medesimo fine: riprodurre nei figli i lineamenti spirituali del Figlio primogenito. Vogliamo dire che la materna intercessione della Vergine, la sua santità esemplare, la grazia divina, che è in lei, diventano per il genere umano argomento di speranze superne.
(…)
La pietà verso la Madre del Signore diviene per il fedele occasione di crescita nella grazia divina: scopo ultimo, questo, di ogni azione pastorale. Perché è impossibile onorare la Piena di grazia senza onorare in se stessi lo stato di grazia, cioè l’amicizia con Dio, la comunione con lui, l’inabitazione dello Spirito (Marialis cultus 57).
Ci sono allora due orientamenti importanti della pietà e devozione mariana:
1) adorare e glorificare Dio come ha fatto Maria
2) trasformare e configurare la propria vita quotidiana perché sia conforme all’esempio lasciato da Gesù.
Questo vuol dire che chi è veramente devoto a Maria vuole imitarla non solo per essere più simile a lei, ma per essere conforme all’insegnamento di Gesù. Quindi nella predicazione di carattere mariano deve essere sempre presente la relazione di Maria con Gesù e la volontà di Dio Padre. Non si può mai fermare solamente sulla figura di Maria a se stante.
Paolo VI identifica inoltre, e condanna nello stesso tempo, due modi della devozione mariana sbagliati:
1. la vana credulità che il serio impegno sostituisce il facile affidamento a pratiche solo esteriori
2. lo sterile e fugace moto del sentimento così alieno dallo stile del Vangelo, che esige opera perseverante e concreta.
Non si ferma solamente al condannare, ma invita al rinnovamento della devozione mariana che possa in maniera naturale e spontanea condurre i fedeli alla scoperta dei sacramenti. Perciò cha spiegato il bisogno del rinnovamento degli esercizi della pietà mariana prendendo in considerazione quattro note: trinitaria, cristocentrica, pneumatologica ed ecclesiale. Tutto ciò poi deve aiutare a capire che chi è devoto a Maria, cerca di imitarla non perché vuole essere come lei, ma perché come lei vuole avere la vita eterna, come lei vuole compiere la
volontà di Dio. Maria così diventa l’ispirazione per la vita, ma la grazia non viene concessa da Maria direttamente, ma dallo Spirito Santo che è unico capace di offrire al uomo la grazia e la forza per realizzare i buoni propositi e le ispirazioni spirituali. L’autentica devozione mariana suscita anche l’amore verso la Chiesa, perché aiuta a vedere in essa prolungamento della missione di Maria verso i figli di Dio. Penso che quest’ultima direzione della pietà mariana è oggi da riscoprire e sottolineare perché chi è devoto o si ritiene credente non può nello stesso tempo rifiutare la Chiesa, pensando che riesce fare da solo i conti con Iddio.
Necessità di rinnovamento dei esercizi della devozione mariana richiede l’attenzione ai quattro orientamenti fondamentali che devono essere presenti nei diversi esercizi della pietà mariana:
a. un impronta biblica
b. armonizzare con la liturgia
c. dove ce ne bisogno accordamento ecumenico
e. esaltare il carattere antropologico (rendere più accessibile all’uomo contemporaneo con linguaggio verbale e non verbale).
In ogni modo i pii esercizi per condurre qualcuno al vero culto liturgico non devono essere uniti alla liturgia. I pii esercizi non devono mai assomigliare o imitare la liturgia, devono invece sempre mantenere il loro carattere popolare, la loro prossimità e semplicità che sia attraente alla gente. Paolo VI constata:
A questo proposito, vogliamo accennare a due atteggiamenti che potrebbero render vana nella prassi pastorale la norma del Concilio Vaticano II: innanzitutto, l’atteggiamento di alcuni che si occupano di cura d’anime, i quali disprezzando a priori i pii esercizi, che pure, nelle debite forme, sono raccomandati dal Magistero, li tralasciano e creano un vuoto che non provvedono a colmare; essi dimenticano che il Concilio ha detto di armonizzare i pii esercizi con la Liturgia, non di sopprimerli.
In secondo luogo, l’atteggiamento di altri che, al di fuori di un sano criterio liturgico e pastorale, uniscono insieme pii esercizi e atti liturgici in celebrazioni ibride. Avviene talora che nella stessa celebrazione del Sacrificio Eucaristico vengano inseriti elementi propri di novene o altre pie pratiche, col pericolo che il memoriale del Signore non costituisca il momento culminante dell’incontro della comunità cristiana, ma quasi occasione per qualche pratica devozionale. A quanti agiscono così vorremmo ricordare che la norma conciliare prescrive di armonizzare i pii esercizi con la liturgia, non di confonderli con essa. Una azione pastorale illuminata deve da una parte distinguere e sottolineare la natura propria degli atti liturgici, dall’altra valorizzare i pii esercizi, per adeguarli alle necessità delle singole comunità ecclesiali e renderli ausiliari preziosi della Liturgia (Marialis cultus 31).