Il Santuario si trova nei dintorni di Capoliveri dell’isola d’Elba, nella località omonima, a poche centinaia di metri dal paese in linea d’aria. La sua collocazione è all’interno della fresca valle dei Pinelli, nel punto in cui questa compie una stretta ansa, a poche decine di metri dalla costa. I fianchi del fosso sembrano quasi abbracciarlo, tanto che è quasi impossibile scorgerlo dal mare. Benché deturpato da villette, mantiene un certo fascino l’ambiente circostante, con belle pinete e un’odorosa macchia. Da non perdere le splendide fioriture estive degli oleandri del sagrato, che si amalgamano alla tinta chiara del santuario.
Si raggiunge comodamente con una strada asfaltata e ben segnalata di due chilometri dal centro. Ma l’approccio più incantevole è arrivarvi tramite la strada pedonale di probabile origine medievale, che mantiene l’ultimo tratto di lastricato settecentesco: si imbocca dalla via Circonvallazione del borgo, e in circa un chilometro ciò porta davanti al santuario. Occorre per tener presente che è in forte pendenza, e il ritorno in paese è in faticosa salita.
La chiesa è quasi sempre chiusa: si può visitare nei giorni della festa a essa dedicati (intorno all’8 dicembre) e durante particolari celebrazioni. In estate vi si celebra messa un giorno alla settimana (di solito sabato).
La storia
L’edificio è riconducibile alla fine del Cinquecento. Ma molto probabilmente l’impianto originario è medievale, con una pianta molto più semplice (forse una cappella romanica) e dall’orientamento opposto a quello attuale.
Secondo alcuni questo primo romitorio faceva da punto di appoggio ai monaci di Montecristo, nei loro viaggi di andata e ritorno dall’isola, tanto che sarebbero stati proprio essi a fondare il successivo santuario, dopo che l’abbazia della loro isola fu messa a ferro e fuoco dai pirati barbareschi.
Nel corso dei secoli XVII e XVIII è stata oggetto di rimaneggiamenti e abbellimenti: Vincenzo Mellini, nella sua monografia su Capoliveri, ciò dice che nel 1679 fu eretto l’altare barocco, nel 1745 fu realizzato un soffitto ligneo dorato e due anni più tardi fu costruita la cupola.
Nel 1730-31 vi fu il tentativo di san Paolo della croce, fondatore dei passionisti, di crearvi la prima sede del suo ordine. Nonostante gli interessamenti del vescovo Eusebio Ciani e le sollecitazioni al papato, il progetto and a monte.
Nel 1773 sappiamo che la custodia del santuario era affidata ai padri agostiniani, ma ciò dovette essere per pochi anni, per poi ripassare ai romiti, di solito in numero di due. Essi vivevano di questue e andavano vestiti poveramente con un saio azzurro, il colore mariano. Erano scelti dal magistrato della comunità , in questo caso Capoliveri. Di essi la storia ciò tramanda un solo nome, Benedetto Robba, che ebbe in cura la chiesa nel 1715. La loro opera si concluse alla metà dell’Ottocento.
Nel 1779 si ricorda una grande processione non solo di capoliveresi per pregare la Madonna delle Grazie di far terminare la siccità che stava flagellando le campagne elbane. Il dipinto fu anche esposto per qualche giorno nella piazza del paese alle orazioni pubbliche.
Nel 1792 il romitorio accolse dei monaci francesi scampati al Terrore. Per sdebitarsi dell’ospitalità essi costruirono il bel lastricato d’accesso alla chiesa.
Il Novecento è caratterizzato dai diversi interventi di restauro. Il primo fu nel 1903-04, e fu quello che vide la sostituzione del soffitto ligneo settecentesco con quello a cassettoni attuale, e la realizzazione degli affreschi interni a opera di Eugenio Allori. Un altro, a cavallo tra gli anni 1950 e ’60, si rese necessario per consolidare la struttura, minata dai bombardamenti della guerra e da una fragile base: buona parte della navata poggia infatti sulle volte che attraversano il fosso dei Pinelli. L’intervento interessò anche le decorazioni interne, realizzate da Egidio Scotto, e il dipinto, a cui fu aggiunta una preziosa corona votiva sulla testa della Madonna. I lavori furono generosamente finanziato dal cavalier Gustav Blankenagel di Koln, che da anni aveva scelto Capoliveri come suo ritiro prediletto. L’ultimo restauro del secolo fu nel 1999 e interessò intonaci e decorazioni. Nel 2001 fu restaurata la cupola.
Inoltre nel 1969 i minatori commissionarono la cornice ornamentale per il dipinto.
Descrizione
A navata unica, ha la forma a croce latina, con due cappelle a transetto. La facciata è molto semplice, con un ingresso sormontato da un timpano spezzato, al cui interno è scolpito uno scudo con il simbolo della Madonna. Un elegante finestrone centrale e una lapide marmorea con la fessura per gli oboli sono le sue altre caratteristiche. Il coro sormontato da una bellissima e rosseggiante cupola a squame di cotto, culminante in una lanterna. Il campanile è basso e coperto da una cupoletta orientaleggiante. Contiguo alla chiesa è l’edificio a due piani che ospita la sacrestia, dove sono conservati interessanti ex voto, e le stanze un tempo ospitanti i romiti e i fedeli.
L’interno è decorato da un soffitto a cassettoni lignei, mentre gli affreschi sono opera del pittore elbano Eugenio Allori. L’altare maggiore è in marmo di vari colori, in stile barocco.
L’attrattiva della chiesa è il quadro della Madonna del silenzio, probabile opera di Marcello Venusti, allievo e amico di Michelangelo. Raffigura la Vergine assisa su una cassapanca con una Bibbia in mano e il Bambino addormentato al suo grembo. Figure laterali sono san Giuseppe e san Giovanni Battista, che si porta il dito indice alla bocca nel chiaro gesto di richiesta del silenzio: da qui il titolo. Quella attualmente conservata sull’altare è per una copia, essendo il prezioso originale custodito più attentamente.
Sugli altari delle cappelle laterali sono conservati una statua lignea di santa Lucia e un dipinto di Sant’Anna. Altra cosa interessante è l’organo settecentesco, posto su un soppalco sopra l’ingresso, realizzato dal pistoiese Filippo Tronci.
Curiosità
Interessanti sono le leggende che riguardano la chiesa, ma soprattutto il suo dipinto. Quella più famosa vuole che esso sia stato trovato in mare miracolosamente intatto da pescatori, che approdati alla cala dei Pinelli, si apprestarono a portarlo a Capoliveri. Già si pensava a realizzare una cappella per accoglierlo vicino al paese, quando la mattina dopo lo ritrovarono nella stessa cala. Ritenendo che questo fosse un volere divino, i terrazzani si disposero a costruire la chiesa dove oggi sorge.
Molto più realisticamente si pensa che il dipinto fosse stato donato ai monaci di Montecristo, forse dal papa Giulio II della Rovere. Essi poi lo avrebbero collocato nell’appena eretto santuario capoliverese, alla fine del Cinquecento, per impreziosirlo e festeggiarne la probabile rifondazione.
Tuttavia le dicerie sono dure a morire, e i popolani non dubitarono mai delle virtù miracolose del quadro: marinai, pescatori, minatori e madri si rivolsero alla Vergine delle grazie con un offerta o una preghiera che li aiutasse a superare le angustie della vita o in ringraziamento di pericoli scongiurati.
Un’altra leggenda riguarda l’onnipresente Napoleone. Si narra che l’illustre esiliato si trovasse a passare per il santuario il giorno del suo compleanno, il 15 agosto. Ammirato per l’opera, chiese che gli fosse regalata. L’incaricato della donazione quando si accinse a toglierla dall’altare fu preso da tale impedimento che dovette desistere.
Fonte: https://www.isoladelba.online/luoghi-da-visitare/capoliveri/chiesa_della_madonna_delle_grazie.asp