Nel cuore della Gallura interna, in posizione elevata, si erge il centro di Luogosanto, caratterizzato, come il resto dei centri storici di questa regione, da palazzine in granito a due o tre livelli, ornate di balconcini sporgenti spesso fioriti. Su una piazza centrale davanti al Palazzo Comunale, si erge la basilica della Natività di Maria, principale santuario mariano gallurese. L’edificio, che subì diversi rifacimenti, si presenta oggi con una facciata in granito a vista a salienti divisa in due livelli da una cornice marcapiano. In quello inferiore si aprono tre portali con timpani finestrati di scarico sormontati da una lunetta al centro e due oculi ai lati, mentre quello superiore è caratterizzato da un rosone cieco e due volute sistemate subito sotto i salienti. L’interno è a tre navate, divise in quattro campate da pilastri reggenti arcate e volte a vela. In fondo all’aula si apre il presbiterio a pianta quadrata sormontato da una volta a crociera con gemma pendula, mentre dietro l’altare l’edificio è chiuso da un’ampia abside emiciclica.
L’interno è interamente decorato da pitture murali realizzate subito dopo la Seconda Guerra Mondiale da un soldato milanese per un voto fatto alla Madonnina protettrice del capoluogo lombardo, raffigurata nella prima cappella a destra.
La fondazione della basilica, secondo quanto riporta il cosiddetto Condaghe di Luogosanto, (o meglio un frammento trascritto nel 1500 di un pseudo condaghe), sarebbe stata fondata nel 1217 o 1227 da tre frati francescani, in seguito ad una apparizione della Vergine avuta a Gerusalemme. Secondo il testo, infatti, Maria ordinò ai tre monaci di recarsi in Gallura, dove in un bosco avrebbero trovato le spoglie dei santi anacoreti Nicola e Trano. Una volta rinvenuti avrebbero dovuto edificare tre chiese: una a lei dedicata per ringraziamento e altre due sui rispettivi luoghi di rinvenimento delle reliquie. I frati si recarono sul posto, rinvennero le reliquie ed edificarono le tre chiese, delle quali oggi avanza quella, appunto, della Natività della Vergine, consacrata da un certo cardinale Giovanni di Avignone, e di San Trano, appena fuori paese. In effetti il testo, redatto nella prima parte e nell’ultima in spagnolo, mentre in quella centrale in sardo, desta non pochi problemi interpretativi, soprattutto nella parte in sardo, là dove si dice che i fatti avvennero sotto il pontificato di papa Onorio II, che visse circa un secolo prima (1124-1130), ma soprattutto che i frati erano “membri dell’Ospedale di San Giovanni Battista di Gerusalemme” e non Francescani. L’incongruenza è spiegabile con il fatto che si tratta della copia di uno scomparso documento più antico redatta dal vescovo francescano Luis Gonzáles (1513-38), che interpretò il frammento che gli era giunto nell’unico modo immaginabile, ossia che i tre “fradres” fossero del suo ordine, non tenendo conto che nel XII secolo non era nemmeno nato San Francesco.
L’interpretazione filologicamente più verosimile del documento (emendato delle parti scritte dal Gonzáles, cioè quelle in spagnolo che lo aprono e chiudono) è che i tre monaci fossero Cavalieri dell’Ordine dell’Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme, noti poi come Cavalieri di Rodi e in seguito come Cavalieri di Malta. Una conferma in tal senso (oltre la perfetta coincidenza cronologica) sarebbe lo stesso cardinale Giovanni, che andrebbe identificato con Giovanni Vitale, creato proprio da Onorio II nel concistoro del dicembre 1126 e morto a Pisa nel 1133. I tre monaci, quindi, partirono dalla Terra Santa (ecco spiegato, a mio avviso anche il toponimo) e passando per la Puglia, dove presero alcune reliquie di San Nicola di Trani il pellegrino (Stiri 1075, Trani 1094), che poi nella tradizione popolare sarebbe stato sdoppiato in Nicola e Trano, giunsero in Sardegna.
Fondata e consacrata la basilica l’affidarono direttamente all’Ospedale gerosolimitano (così come riporta il condaghe), che nel 1187 era già stato spostato a Margat nel Principato di Tiro, fatto quest’ultimo che conferma in maniera definitiva tale lettura.
Ammesso e non concesso, infatti, che dei frati francescani un secolo dopo abbiano fondato il santuario, risulta inverosimile che lo avessero affidato ad uno stabilimento monastico scomparso da almeno 50 anni e per giunta di un altro ordine.
La basilica di Luogosanto sarebbe quindi un santuario mariano fondato dai Gerosolimitani provenienti dalla Terra Santa, che portarono con loro le reliquie del veneratissimo San Nicola di Trani, tra il 1126, data di creazione del cardinale Giovanni, e il 1130, data di morte di papa Onorio II.
A cura di Luigi Agus
NOSTRA SIGNORA DI LUOGOSANTO, REGINA DELLA GALLURA
Il Papa elevò in seguito la chiesa al rango di Basilica minore dotandola della Porta Santa.
Ogni sette anni aperta e poi murata, attualmente essa è in bronzo (Luca Luchetti) e narra in tre quadri la storia della chiesa.
Essa, al suo interno nella navata di sinistra, custodisce una Madonna lignea settecentesca che ha suscitato particolare devozione: è la Regina di Gallura, incoronata patrona della regione, giunta a Luogosanto dopo essere stata ritrovata su una spiaggia di Arzachena. Il poeta Petru Pirina ce lo racconta: “La Madonna arrivò su un carro – così dice la storia – e a Luogosanto si fermò – per venerarla nella gloria. – Dal primo all’ultimo mese – ricordiamola sempre – tutti quanti noi – la Madonna e i Santi.” (trad. d. R.).
Dichiarata Città Mariana nel 2008, Luogosanto prepara una “festa manna” in onore della Vergine l’8 settembre, giorno della sua Natività.
La Basilica accoglie però altri due pellegrinaggi ogni anno: uno agli inizi di maggio, dedicato agli infermi, e l’altro alla fine del mese mariano, il più impressionante perché si dipana la notte lungo un suggestivo percorso a piedi di circa venti chilometri, da Calangianus fino a Luogosanto.
La Regina di Gallura, patrona di questi luoghi, è aurora, nascita: venuta dal mare, come la vita sulla Terra, è a lei che la devozione dei galluresi si appella per sentirsi al sicuro, per domandare una grazia.
La processione notturna della fine di maggio, la fatica del cammino dal buio verso la luce della nascita del giorno, sono la grande sacra rappresentazione della rinascita ciclica la cui memoria si perde nella preistoria e nel culto della grande Dea tellurica.
Chissà se è proprio alla Dea che bisogna risalire per comprendere fino in fondo la straordinaria venerazione per la Madonna ovunque in Sardegna per la quale è figura materna protettrice della Vita e della Pace, dell’Accoglienza e della Salute, della Difesa, del Buon Accordo e delle Grazie.
L’invocazione di Melchiorre Murenu, poeta dell’Ottocento sardo, può forse esprimere il sentimento dei sardi verso Maria in questi versi potenti di preghiera: “Consola sos affligidos, cura sos disaurados, mira sos isconsolados, rimedia sos tuglidos chi a tie tottus unidos invocan che mamma amada.” (Consola gli afflitti, cura i disgraziati, guarda agli sconsolati, guarisci gli storpi che ti invocano insieme come loro madre amata. Traduzione)
790ª Festa Manna di Gaddura