Quell’alba radiosa spuntò, dopo tredici secoli, la notte del 15 settembre 1602. La causa strumentale scelta da “Colui che tutto muove” è un giovane di 23 anni: Gabriele Mattei, nato a Lenola nel 1579. Orfano di genitori, vive con un’unica sorella: è un giovane bello, aitante, di carattere orgoglioso e licenzioso. Il pomeriggio del 14 settembre 1602, insieme con altri due suoi amici, si reca sul colle di Santa Croce, dove un tempo venivano crocifissi i condannati a morte (da qui il nome di Santa Croce).
Su quel colle, quando Lenola era colonia romana della tribù Emilia, nel 319 a.C. avevano innalzato un tempio pagano, che dopo l’avvento del Cristianesimo, nel 313 d.C., venne dedicato alla Santissima Croce. È in quella Chiesa, rimaneggiata nella sua costruzione, dotata di un ricco patrimonio, come dimostrano i registri del 1400, esistenti nell’archivio del Santuario del Colle, che il giorno 14 settembre, festa liturgica della Santissima Croce, si stavano celebrando i Vespri solenni.
Gabriele e i suoi due amici, sul sagrato della Chiesa, si misero a disturbare la funzione; un anziano signore uscì e li redarguì fortemente. Il terzetto teppistico si allontanò imprecando e inveendo contro colui che aveva osato riprenderli. Il fatto non fini lì, perché i tre maldestri decisero di ammazzarlo nella notte. Compiere l’omicidio toccò a Gabriele. Lasciati gli amici, Gabriele rientra in casa, è nervoso, litiga con la sorella, non cena, va a dormire, ma non prende sonno, è agitato.
A notte inoltrata si alza, prende il suo amato calascione (chitarra) di cui era valente suonatore, esce di casa e si avvia per un piccolo sentiero alle porte del paese, illuminato dalla luna. Si siede su di una pietra e incomincia a toccare le corde della chitarra, con la speranza che il suono armonioso dello strumento gli avrebbe arrecato pace e serenità interiore. Ma tocca e ritocca, le corde non emettono nessuna modulazione armonica.
Prova ad accordarlo e non vi riesce, il suono che emette lo strumento è stridulo e disarmonico, come disarmonico era il suo spirito. Innervosito e disperato bestemmia, getta via la chitarra e invoca il genio del male, il diavolo.
A raccontarlo prima agli amici, e poi al Vescovo Giambattista Comparini è lo stesso Gabriele:
“Alla mia invocazione é apparsa davanti a me una mostruosa figura infernale; spaventato ho fatto il segno della croce e ho invocato l’aiuto della Madonna, stavo per fuggire, quando da una luce splendente, una voce celestiale mi disse: «Fermati, non temere, tu mi hai chiamata! Convertiti, sali questo Colle, troverai la mia Immagine; voglio che tu mi costruisca un tempio, e il giorno della Consacrazione farò risplendere un prodigio che nei secoli testimonierà la mia presenza nel tuo paese»”.
Il ghignoso Gabriele, divenuto mite agnello, non rientra in casa; defilato va alla chiesa parrocchiale di San Giovanni Evangelista che trova chiusa, siede sull’uscio, ne aspetta l’apertura e va a pregare davanti all’immagine della Madonna. La sua presenza in chiesa, a quell’ora mattutina, suscita meraviglia tra i fedeli. Terminata la preghiera andò dal parroco a chiedere la sua rinascita spirituale mediante la confessione.