Mese Mariano: la storia delle apparizioni e la devozione al Santuario della MADONNA DI PINE' di Montagnaga (TN)

Mag 02 2021

Mese Mariano: la storia delle apparizioni e la devozione al Santuario della MADONNA DI PINE’ di Montagnaga (TN)

Il Santuario della Madonna di Caravaggio in Pinè costituisce la più importante mèta di pellegrinaggio nell’Arcidiocesi di Trento. Il complesso, che consta di diversi edifici e luoghi sacri, sorge a Montagnaga, una piccola frazione del comune di Baselga di Pinè, e da tre secoli è meta di pellegrinaggi provenienti soprattutto dalle zone del Triveneto ed in generale dal Nord Italia.
Nel Santuario vero e proprio si venera una preziosa immagine dipinta su tela (ritenuta miracolosa dalla tradizione popolare) che raffigura la  Madonna di Caravaggio, la cui storia si intreccia con quella di cinque apparizioni della Santa Vergine alla veggente Domenica Targa, originaria del luogo, avvenute tra il 1729 e il 1730.
Oltre al Santuario, e non molto distante da esso, si trova la suggestiva conca della “Comparsa” con il monumento bronzeo che ricorda l’episodio della prima apparizione. E’ un luogo molto visitato in ogni stagione dell’anno, suggestivo sia per il bosco che lo circonda, sia per il clima di silenzio e di pace che vi si respira.
Qui convergono i Pellegrinaggi più numerosi, qui si svolgono le Celebrazioni ​più partecipate dalla primavera all’autunno.

Poco prima, sul colle, si erge imponente  il monumento al Redentore che custodisce copia fedele della Scala Santa, venerata a Roma nei pressi di S. Giovanni in Laterano; ognuno dei suoi gradini è impreziosito da delle teche contenenti terriccio o pietre  provenienti dai luoghi della Storia della Salvezza. ​I pellegrini la salgono in ginocchio, meditando la Passione del Signore.

STORIA DELLE APPARIZIONI

La 1ª apparizione, 14 maggio 1729
Un certo Giacomo Moser, pio contadino di Montagnaga, al principio del secolo XVIII si era recato più volte al santuario della Madonna di Caravaggio, e da uno dei suoi viaggi aveva portato un’Immagine della Madonna che esponeva su un altare della chiesa di Montagnaga – dedicata a S. Anna – il 26 maggio di ogni anno. Il racconto delle grazie e delle feste di Caravaggio suscitava in molti il desiderio di recarsi nel celebre santuario bergamasco. Fra gli altri c’era anche una giovane di nome Domenica Targa (9 agosto 1699 – 24 ottobre 1764), nata in un paesino vicino a Montagnaga chiamato Guardia. Le era però difficile ottenere il consenso dei genitori.
Verso il mezzogiorno del sabato 14 maggio 1729, domenica stava con i suoi armenti nella conca del “Palustel” (oggi detta “Comparsa”). A un tratto, tutte le bestie, come colte da terrore, si mettono a fuggire disorientate. Domenica, che stava recitando il rosario, esce in un’esclamazione: “Gesù, Maria, aiutatemi!”. Appena pronunciata l’invocazione, vide davanti a se una bellissima Signora in vesti candide come la neve. “Figlia mia, che fai?” le chiese. “Recito il rosario”, rispose domenica. La Signora la lodò e, dopo averle fatto esprimere l’ardente desiderio di recarsi a Caravaggio, soggiunse: “Ubbidisci a me. Non andare a Caravaggio. Invece, la sera della festa dell’Ascensione, (quell’anno era il 26 maggio) recati nella chiesa di S. Anna, dove sarà esposto il quadro della Beata Vergine di Caravaggio. Tu inginocchiati sul primo gradino dell’altare: vedrai una cosa bellissima”.
“Chissà se i miei genitori mi permetteranno di andare a Montagnaga a quell’ora!” osservò la fanciulla. “Non temere, te lo permetteranno di sicuro!” soggiunse la bella Signora, e scomparve».
La 2ª apparizione, 26 maggio 1729
«Venne il 26 maggio 1729, festa dell’Ascensione. Senza eccessive difficoltà, domenica poté intervenire alla funzione nella chiesa di Montagnaga. Si cantavano, quel giorno, anche le litanie dei Santi, per ottenere il dono della pioggia. All’invocazione “Omnes sancti Martyres” Domenica Targa si piegò sul fianco destro, e rimase in quella posizione, come estranea a quanto succedeva intorno, finchè la funzione fu finita. Quando i sacerdoti, uscendo dalla sacrestia, la richiamarono alla realtà, si lamentò di essere stata tolta da una dolce visione: vedeva la Vergine Santissima con il Bambino in braccio; nella destra aveva il rosario e stava invitandola a manifestare la sua apparizione a tutto il popolo presente. Naturalmente, ci furono anche gli scettici: specialmente tra il clero. Ma la pia giovane, prima di tornare a casa, fu costretta da una forza interiore a proclamare, per tre volte, le meraviglie della Vergine Maria e la sua presenza.
Intanto, pur tra vari commenti e contrasti, cominciò a svilupparsi una particolare devozione per la Vergine Santissima di Caravaggio anche sull’altare della chiesa di S. Anna in Montagnaga. Lo zelante Giacomo Moser fece preparare dalla pittrice trentina Elena Zambaiti un nuovo e più grande quadro della apparizione della Madonna alla veggente Giovanetta Varoli, testimone delle apparizioni che furono all’origine del celebre Santuario nel Bergamasco. E’ la sacra Immagine che tuttora veneriamo a Montagnaga di Pinè, mentre il canonico mons. Girolamo conte Bucelleni, fece ricostruire l’altare nella forma in cui lo vediamo oggi. Tutto fu preparato con tanto zelo e rapidità, che già l’ 8 settembre dello stesso anno 1729 si poté procedere alla benedizione del nuovo altare. Era stato predisposto un rito solenne con la partecipazione del pievano di Pinè».
La 3ª apparizione, 8 settembre 1729
«Già la gente di Montagnaga si trovava raccolta in chiesa, e si sentivano arrivare le invocazioni del popolo che veniva processionalmente da Baselga, quando la Vergine SS. apparve alla Veggente con il Bambino sulle braccia, ma questa volta ferito e sanguinante, ed era seguita dai santi Gioacchino, Anna e S. Giuseppe. La SS. Vergine stessa benedisse il quadro, e poi – dopo aver imposto a Domenica di gridare per tre volte “viene la Beatissima Vergine” – assicurò che quello sarebbe stato il luogo nel quale avrebbe accolto le preghiere dei suoi devoti. Mostrando, poi, le ferite del suo divin Bambino, spiegò che esse erano causate dai peccati, ed esortò a pregare molto per la conversione dei peccatori. Naturalmente, anche questa volta, Domenica Targa incontrò scetticismo, specialmente da parte del pievano di Baselga».
La 4ª apparizione, 10 settembre 1729
«La SS. Vergine, quasi a consolare Domenica, le apparve due giorni dopo per la quarta volta, nella località detta “Pralongo”, e la esortò a esporre tutto al suo confessore, don Michele Bernardi, che l’avrebbe aiutata. Difatti fu così. L’Autorità diocesana promosse un regolare processo canonico, che durò più anni, e che si concluse con l’autorizzazione a celebrare solennemente la festa dell’apparizione di Maria in Montagnaga nel giorno 26 maggio».
Il Processo ecclesiastico
«Con rescritto del Vicario generale capitolare della nostra diocesi, dato il 17 maggio 1730, il sacerdote Antonio Flamacino, esaminatore prosinodale ed economo della Camera vescovile, venne deputato a procedere all’esame dei fatti straordinari avvenuti nel paesello di Montagnaga. Il processo incominciò il 20 maggio 1730 nel castello del Buon Consiglio in Trento, fino al 23 dello stesso mese, e il 22 agosto dello stesso anno fu ripreso nel paese di Montagnaga, ove s’era portato a tal uopo il delegato Flamacino. In Trento, durante l’interrogatorio del 22 e 23 maggio, la buona pastora narrò per filo e per segno, la storia delle quattro apparizioni ond’era stata favorita dalla Madonna e che furono narrate fin qui in compendio dietro la scorta degli atti originali del processo: e in Montagnaga, allorché, questo venne colà ripreso, ella confermò le deposizioni fatte in Trento, senza punto contraddirsi. Se non che durante l’interrogatorio subìto in Montagnaga, la Targa poté narrare anche un’ulteriore apparizione della Madonna avvenuta dopo la chiusura del processo di Trento (quinta apparizione), della quale si dirà subito brevemente, osservando che questo nuovo fatto meraviglioso ci venne fatto conoscere per la prima volta soltanto dagli atti originali del processo venuti in luce sul finire dell’anno 1893».
La 5ª apparizione, 26 maggio 1730
«La Vergine comparve un’ultima volta a Domenica Targa nella chiesa di S. Anna in Montagnaga, il 26 maggio 1730. Avvolta da una luce fulgidissima, e circondata da uno stuolo di vergini, la Madonna invocò la benedizione del Signore sopra la moltitudine dei presenti, operò alcune guarigioni, manifestò a domenica la sua soddisfazione, e, salutandola amabilmente, s’allontanò per sempre. L’incontro successivo sarebbe avvenuto in cielo, il 24 ottobre 1764».
 Quali le conclusioni della Chiesa?
I cosiddetti “processi”, che qui sono stati semplicemente riassunti secondo la narrazione stilata dal rettore don Giuseppe Zanotelli, videro coinvolti non solo Domenica Targa ma anche altri testimoni convocati a deporre riguardo alle apparizioni. Non vi fu contraddizione con quanto dichiarato dalla veggente, né vi fu nelle deposizioni di quest’ultima, se pure distanziate nel tempo.
Tuttavia, ad onor del vero, una dichiarazione ufficiale da parte della Chiesa sui fatti di Montagnaga non vi fu mai, né pro né contro. Se in parte questa “mancanza” si spiega con il fatto che a Montagnaga si iniziò a venerare la “Madonna di Caravaggio” (il cui culto era già stato riconosciuto e approvato dall’autorità ecclesiastica), in parte tuttavia lascia sorpresi. Il che, peraltro, non pare motivo sufficiente per concludere, come da parte di qualcuno, che la tradizione di Pinè ha per oggetto una Madonna senza “comparse”. E’ preferibile procedere con cautela allorchè si tratta di un passato che non ha a suo carico quella documentazione sufficientemente completa che si vorrebbe, ma rivendica invece – a ragione o a torto – una qualche “interferenza”, non più verificabile ormai, con il soprannaturale.
Del resto, quella di una dichiarazione ecclesiastica conclusiva è comunque una mancanza più formale che reale. L’ampliamento della chiesa di Montagnaga e la sua ricca decorazione, la solenne incoronazione dell’immagine mariana che vi si venera, la costruzione del Tempio al Redentore con la Scala santa, nonché il monumento in simil bronzo che ricorda la prima apparizione alla “Comparsa”: niente di tutto ciò si sarebbe potuto realizzare senza l’esplicito consenso e l’incoraggiamento dell’autorità ecclesiastica, vale a dire del Vescovo diocesano, cui compete di norma la prima e decisiva valutazione sui fatti. Il che ha tutto l’effetto di un riconoscimento, se non esplicito e formale, certamente implicito e reale.
Ecco alcune espressioni desunte da documenti vescovili al riguardo:
“…Ci corre il dovere di rendere grazie alla Vergine santa perchè s’è degnata di darsi a vedere su uno dei nostri monti, ed ivi Ella stessa dichiarò di voler essere venerata in particolar modo. …Per farci sentire la presenza assidua della sua materna provvidenza usa darsi a vedere tra i suoi popoli nei luoghi ch’Ella sceglie dove accettare di preferenza gli omaggi dei suoi fedeli e piovere più largamente i frutti della sua potente intercessione. Uno di codesti luoghi fortunati abbiamo anche noi sur una vetta dei colli di Pinè; onde siamo tenuti a rendere grazie alla Vergine che si degnò di lasciare tra noi un segno di affetto speciale…”: così il Vescovo Eugenio Carlo Valussi nell’annunciare alla Diocesi l’incoronazione della “Madonna di Caravaggio in Pinè” in data 13 luglio 1894.
Lo stesso Vescovo aveva accompagnato la richiesta di consenso a tale atto – indirizzata al Capitolo della Basilica di San Pietro in Roma – con una relazione sui fatti di Montagnaga che iniziava con queste parole: “In Montagnaga di Pinè si venera un’ Imagine della gloriosa Madre di Dio sotto il titolo di Madonna di Cara­vaggio. Sull’ origine e relativo culto di questa taumaturga Imagine abbiamo notizie desunte da un antico mano­scritto dettato dalla fortunata Pastorella, cui apparve la beata Vergine, e dal processo istituito dalla R.ma Curia di Trento, che in seguito a questo sino dall’anno 1730 accordava il permesso di celebrare con distinta solennità la festa dell’Apparizione il 26 Maggio, e più tardi estendeva lo stesso permesso al 14 Maggio d’ ogni anno”. (A questo punto informava per sommi capi sulle apparizioni avvenute).
Più tardi, allorchè nel 1929 si presentò l’occasione di celebrare solennemente il secondo centenario delle apparizioni, il Vescovo Celestino Endrici dedicò la sua lettera pastorale di Quaresima ad esortare il popolo a quella stessa conversione cui anche la Madonna avrebbe esortato nelle sue apparizioni a Montagnaga: il riferimento ad esse, come a un dato di fatto ormai certo, consente a quella nobile figura di Pastore di richiamarle in totale spontaneità.
                                                                                                               * * *
Sono trascorsi ormai quasi tre secoli dai fatti (veri o presunti) localizzati a Montagnaga. Moltitudini di pellegrini d’ogni età, ceto sociale e provenienza, hanno calcato le strade e i sentieri che vi conducono, motivati dalle ragioni più diverse, ma allo stesso tempo incoraggiati dalle numerosissime testimonianze di “grazie” ottenute per l’intercessione della Madonna. E’ luogo comune tra i colti (anche in questo caso veri o presunti) valutare con sussiego, se non con disprezzo, ogni forma di “pietà popolare”, quasi che le categorie culturali in loro possesso offrissero parametri più che esaustivi per ogni genere di discernimento.
Il Magistero della Chiesa ha un suo ruolo ben preciso nel definire l’autenticità, e quindi l’affidabilità, dei fenomeni religiosi (quali, appunto, le apparizioni). Ma un ruolo non meno importante spetta alla Chiesa tutta, vale a dire al Popolo di Dio: peregrinando con frequenza e regolarità a certi luoghi divenuti particolarmente “attraenti” (e immuni da qualsiasi sospetto di falsificazione o interesse), conferma perciò stesso l’attendibilità di quanto la tradizione vi attribuisce. Cos’altro può voler significare il riconoscimento del valore della “pietà popolare” da parte del Magistero della Chiesa, se non proprio anche questo?
Per non dire che, anche a prescindere da ciò che può esservi all’origine, l’ininterrotto afflusso di pellegrini costituisce di per sé un certo qual prezioso deposito di fede, di penitenza e di grazia, cui attingere e al quale, nello stesso tempo, contribuire.
Bernadette Soubirous ebbe a dire, a proposito degli eventi di Lourdes: “La Signora non  mi ha incaricato di farvelo credere… ma solo di dirvelo: basta che veniate”. Forse, nella sua disarmante semplicità, è un’affermazione da tener presente non solo a Lourdes ma anche in molti altri Santuari e mete di pellegrinaggio. Compreso Pinè.
Non sarà comunque superfluo tornare a rimarcare quanto già detto in precedenza: nessuna rivelazione privata, anche se riconosciuta dalla Chiesa, può obbligare i credenti a un’adesione di fede.
Chi giunge a Montagnaga da pellegrino e ne accetta la tradizione di apparizioni mariane in tutta semplicità, ne rimane sicuramente edificato.
Chi vi arriva da turista, scettico su quanto riguarda fenomeni religiosi straordinari, non se ne faccia problema: la visita ai luoghi impregnati dalla fede di moltitudini di pellegrini lascerà comunque anche in lui gradevoli sensazioni di serenità e di pace interiore.
Pinè fa bene a tutti. Fa bene al cuore.
Il complesso sacro consta di tre ambiti particolarmente venerati a partire dai fatti del 1729 – 1730: la Chiesa parrocchiale del paese, la conca della “Comparsa”, il Monumento al Redentore con la Scala Santa.
Oltre a questi, come si dirà di seguito, possono costituire occasione di riflessione e di preghiera i complessi monumentali dei Misteri Gaudiosi (lungo la via che conduce alla Conca della Comparsa), il luogo della IV° Comparsa e l’umile dimora di Domenica Targa.
LA CHIESA-SANTUARIO IN PAESE
Fino al 1730 era una piccola e semplice chiesetta di paese, sufficiente a una Comunità che non contava più di una ventina di nuclei familiari. Era (ed è rimasta anche dopo i successivi ampliamenti) dedicata S. Anna, madre della Vergine Maria.
 Due ampliamenti in un secolo e mezzo
Dopo le apparizioni della Vergine a Domenica Targa (1729 e 1730), attorno all’immagine della Madonna la devozione popolare crebbe con tale rapidità e misura, che qualche tempo dopo quella chiesetta divenne insufficiente a contenere i devoti ed i pellegrini che vi accorrevano. Fu necessario pensare ad una chiesa più vasta; i lavori, iniziati nel 1730, durarono una decina d’anni.
Il 26 maggio 1751 il nuovo tempio venne consacrato dal principe vescovo di Trento mons. Leopoldo Ernesto Firmian (un suo ritratto nell’attuale sacrestia ne ricorda l’evento).
Oltre un secolo dopo, dal 1880 al 1887, il rettore del Santuario don Francesco Maria Setti promosse un nuovo ampliamento, su disegno dell’architetto Luigi Liberi; la lunghezza venne portata a trentadue metri e la larghezza a venticinque, in tal modo la chiesa assunse la forma che vediamo attualmente.
Il santuario venne solennemente riconsacrato il 16 ottobre 1881 dal Principe Vescovo di Trento GianGiacomo della Bona (anche di questo evento esiste ricordo in sacrestia in forma di ritratto).
Altri lavori vennero eseguiti nel 1929, per il secondo centenario delle apparizioni; da notare la calotta dell’abside, affrescata dal veneziano Duilio Corompai, che rappresenta la prima apparizione della Madonna nel bosco della Comparsa e l’accorrere di pellegrini di ogni condizione in compagnia di ecclesiastici del tempo (il Patriarca di Venezia, Lafontaine, il Principe Vescovo di trento, Celestino Endrici, il Rettore del Santuario di allora).
L’altare maggiore in marmo policromo è dedicato a sant’Anna. Sullo sfondo dell’abside si ammira la pala della Santa, pregevole opera di Francesco Unterperger di Cavalese (1706- 1776) datata 1747.
Nel transetto destro, rivolto verso oriente, vi è l’altare con l’immagine taumaturga della Vergine Maria nella sua apparizione a Caravaggio; secondo la tradizione sarebbero stati richiesti dalla Madonna a Domenica Targa durante la seconda apparizione (26 maggio 1729) e, sempre stando alla tradizione, la Vergine stessa li avrebbe benedetti nel contesto della sua apparizione successiva  (8 settembre 1729).
Nel braccio sinistro è collocato il terzo altare, dedicato alla Madonna del Carmine e a S. Antonio. Nel punto dove i due bracci si incrociano, si innalza la cupola, terminata nel 1737, la cui copertura in rame fu asportata dal governo austriaco durante la guerra 1914-1918. L’interno della chiesa è decorato da 16 grandi tele racchiuse in cornici lavorate a stucco, opera di vari autori del sec. XVII, XVIII e XIX. La maggior parte di esse rappresentano momenti della vita di Maria, desunti sia dai vangeli canonici che dagli apocrifi, e offrono un interessante itinerario di catechesi illustrata sul ruolo della Vergine nella Storia della salvezza e nella vita dei cristiani.
Nella penitenzieria, luogo riservato alle confessioni sul fianco Ovest della chiesa, c’è l’altare in legno dell’Addolorata. Oltre che dal crocifisso, le pareti sono ornate da una Via Crucis di ottima fattura. Nella sala degli ex-voto (sul lato Est) sono conservate moltissime testimonianze dell’amore provvidenziale della Madonna verso i suoi figli. Gli ex voto più antichi risalgono al XVIII secolo; nel corso di 280 anni di storia, il Santuario di Pinè ne ha raccolti oltre 7.000. Qui è conservato anche il quadro originale della Madonna di Caravaggio, portato a Montagnaga da Giacomo Moser in uno dei suoi pellegrinaggi al celebre santuario lombardo.
 
L’incoronazione della Madonna di Caravaggio in Pinè (11 agosto 1894)

Nell’agosto 1893 il Principe Vescovo di Trento Eugenio Carlo Valussi (1886/1903), venuto in visita a Montagnaga, decise di richiedere da Roma la facoltà necessaria per incoronare solennemente l’immagine miracolosa della Madonna di Pinè. In questo modo si sarebbe dato “un novello tributo di riconoscenza alla Vergine” per le numerose grazie e guarigioni. Tradizionalmente il Capitolo della Basilica di S. Pietro in Vaticano accorda solo a due immagini di Maria ogni anno in tutto il mondo l’onore dell’Incoronazione. La supplica del Vescovo di Trento, alla quale fu allegata anche una breve e fedele narrazione sull’origine e sull’incremento del Santuario di Pinè, fu esaudita. Così l’11 agosto 1894 L’immagine della Madonna venne incoronata dal suddetto Pastore diocesano, in concelebrazione con altri quattro vescovi. La corona, pregiato lavoro dell’orafo trentino Giacomo Piller, contiene 4 grossi brillanti, 204 diamanti, 4 turchesi, 16 topazi, 10 ametiste, 69 almandini, 1086 perle. In quell’occasione papa Leone XIII (1878-1903) donò al santuario di Pinè un prezioso reliquiario e la chiesa si arricchì di un ottimo organo. Nelle solennità viene esposto all’altare della Madonna il paliotto fatto eseguire nel 1894 per la festa dell’incoronazione: dei cinque quadri che lo compongono, rappresentanti le apparizioni della Vergine a Domenica Targa, i tre centrali (che ricordano quelle avvenute in chiesa) sono ricamati, mentre gli altri due (che rappresentano le apparizioni avvenute nel bosco) sono dipinti su seta. Un grande quadro ad olio in sacrestia riporta i ritratti dei vescovi che presero parte ai cinque giorni di feste per l’incoronazione.
La corona oggi presente normalmente sul quadro rappresenta una semplice copia lignea dorata mentre quella originale viene custodita in un caveau ed è esposta per l’incoronazione del quadro, solamente in speciali occasioni commemorative di anniversari e festeggiamenti.

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