Basilica Cateriniana di S. Domenico

Descrizione

Descrizione

La Basilica

Gran parte della vita mistica di Santa Caterina si è svolta tra le mura di questa stupenda Basilica che è una delle prime dedicate al suo Santo Fondatore.  Fu cominciata dai domenicani nel 1226 sul colle di Camporegio, donato all’ordine dalla famiglia Malavolti. E’ da attribuirsi a quest’epoca gran parte dell’attuale navata a pianta rettangolare con tetto a travature scoperte di stile gotico cistercense.
Nella chiesa è conservata una magnifica maestà di Guido da Siena (maestro di Duccio di Boninsegna) datata 1221. Insieme alla Chiesa furono edificati il Capitolo, la Sagrestia Vecchia, il Refettorio e il Dormitorio. Il Chiostro fu affrescato da Lippo Memmi e Lippo Vanni. All’inizio del 1300, e per molti anni si lavorò nel dirupo scosceso di Fontebranda per fondare e tirare su i muri di quella che fu detta la Chiesa nuova (cripta e transetto).
Quando Santa Caterina cominciò a frequentare San Domenico, si era già a buon punto coi lavori di ampliamento. Nella Cripta fu accolta la salma del padre della Santa. Nel transetto furono costruite sei cappelle che fanno ala all’abside.
Dopo la canonizzazione della Santa nel 1461 la Basilica accolse i più preziosi codici cateriniani e molte reliquie. (I dodici codici, che nel 1700 furono posti dietro una tela del Sodoma nell’altare della Sacrestia formavano la cosiddetta “biblioteca verginale”, oggi sono passati alla biblioteca comunale).
La reliquia più insigne, la Sacra Testa, era stata portata da Roma a Siena dal Beato Raimondo da Capua nel 1383. Messa da prima in un busto di rame fu poi collocata in un busto d’argento (a breve visibile in Basilica). Nel 1711 si pensò di renderla più visibile e fu collocata in un’urna a forma di lampione, eseguita da Giovanni Piamontini (recentemente restaurata), nella quale rimase fino al 1947, quando i domenicani decisero di collocarla nell’attuale urna in argento e smalti a forma di tempietto gotico.
Completati tutti i lavori, durati quasi due secoli, la Basilica fu dedicata interamente alla Santa. Anche su l’altissima guglia del campanile fu issata una statua di Santa Caterina.
Durante i secoli la Basilica ha subito vari danni, nel 1798 un terremoto devastò la struttura che fu prontamente restaurata, poi la Basilica fu lasciata a se stessa e restaurata anche male, finalmente si iniziarono i restauri nel 1940 che si conclusero nel 1962. Durante questi anni la Basilica fu sottoposta ad un radicale ripristino. Si consolidarono le fondamenta, fu restaurata la Cappella delle Volte dove è conservato il ritratto originale della Santa dipinto da Andrea Vanni e nella quale la Santa ha avuto varie esperienze mistiche.
Oggi la Basilica si presenta come la vollero i Padri Domenicani è diventata un centro importante per la spiritualità e i pellegrini sono accolti dai Padri Domenicani e possono pregare davanti alla reliquia della Santa.

Santa Caterina

Caterina di Giacomo Benincasa occupa un posto rilevante nella storia della letteratura italiana. Quest’umile donna del popolo, “illetterata”, ha lasciato circa 375 lettere, vergate dai discepoli sotto dettatura. Negli ultimi mesi che precedettero la sua partenza alla volta di Roma, dove sarebbe morta a soli 33 anni, aveva composto il suo libro, il Dialogo della Divina provvidenza, dettandolo nell’estasi. Sempre durante le estasi furono raccolte Le Orazioni, ossia le preghiere che indirizzava al Signore. Sono la sua composizione più breve, ma forse la più sublime per altezza di pensiero teologico. La vita di Caterina da Siena si svolge in due periodi: l’uno di nascondimento, che va dalla nascita al suo ventesimo anno, periodo che può dirsi di preparazione, tra le mura domestiche da prima, e poi in società delle umili Terziarie senesi, fino al momento in cui si sente chiamata da Dio all’attività esteriore. Non avendo tra le donne del Medioevo chi le rassomigli, se si pensa alla sua umile origine, all’educazione lontana da ogni studio, e al grado a cui salì di maestra illuminata, di scrittrice potente, oratrice incomparabile, consigliera di principi e pontefici, e quasi arbitro dei destini della Chiesa del suo tempo. Nel 1970 Papa Paolo VI la inserisce nel catalogo dei Dottori della Chiesa.

Breve storia della vita di Santa Caterina da Siena

Nata nel 1347 a Siena Gloria d’Italia e del mondo intero; trovò dolori e patì ogni sorta di disagi fino dagli stessi parenti. Consacrata fin da piccola a Dio, viene ammessa nel 1363 all’abito delle Mantellate o Terziarie Domenicane che si incontravano ogni giorno nella Basilica di San Domenico. Nel 1367 è sposata nelle nozze mistiche della fede; riceve la missione di impegnarsi nel mondo in nome di Cristo e intorno a lei comincia a formarsi una famiglia di discepoli. Il 1370 è l’anno delle grandi estasi, dello scambio del cuore con Gesù, della morte mistica e di altri doni meravigliosi (C.F.R. Legenda Maior – B.R. da Capua). Nel 1375 durante un viaggio a Pisa il 1 di Aprile riceve le stimmate, tornata a Siena converte ed assiste il condannato a morte Niccolò di Tuldo (vedi affresco del Sodoma nella Cappella della Santa). Nel 1376 si reca ad Avignone ed incoraggia il Papa a tornare in Italia. Convinto da questa piccola grande Donna il Papa Gregorio XI il 13 settembre lascia Avignone. Negli anni che vanno dal 1377 al 1380 (anno della Morte), si impegna incessantemente per la pace e l’unità all’interno della Chiesa, invia lettere a personaggi potenti spronandoli verso la retta via, termina di dettare il “Dialogo della Divina Provvidenza” una sorta di testamento spirituale. Muore giovanissima il 29 di Aprile del 1380 dopo terribili prove morali e fisiche. Nel 1461 viene canonizzata da Papa Pio II. Nel 1939 Pio XII la dichiara Patrona d’Italia insieme a San Francesco d’Assisi. Nel 1970 Papa Paolo VI la include nel catalogo dei Dottori della Chiesa. La Santa oltre al “Dialogo” ci ha lasciato ben 374 lettere, molte orazioni e ben due sono i biografi suoi contemporanei il Beato Raimondo da Capua amico e confessore della Santa ci ha lasciato “La legenda Maior” ed il domenicano Frà Tommaso da Siena detto “il Caffarini” amico di famiglia della Santa ha scritto “La legenda Minor”. Tutti i libri sono tradotti in lingua corrente e sono disponibili nel negozio della Basilica. Giovanni Paolo II la proclama Patrona d’Europa il 1 Ottobre del 1999.

La Sacra testa

Nell’ottobre del 1383 il Papa Urbano VI accordò il permesso al Beato Raimondo da Capua (allora Maestro Generale dell’Ordine) di portare una reliquia di Santa Caterina a Siena. E’ assolutamente falso affermare che i domenicani se ne impossessarono di nascosto. Il Beato Raimondo da Capua fa riferimento alla reliquia della testa nel capitolo 305 della Legenda Maior. Il Beato Raimondo da Capua affido la Sacra Reliquia a due frati Ambrogio Sansedoni e Tommaso della Fonte. (per ulteriori informazioni vi rimandiamo al suddetto capitolo).
Nella notte tra il 3 e il 4 dicembre del 1531, la Sacra Testa rischiò di essere distrutta; infatti nella chiesa di san Domenico scoppiò un violento incendio, che sembra scaturito dall’organo per poi propagarsi velocemente alla sottostante Cappella di Santa Caterina. Solo il coraggio di Frà Guglielmo da Firenze mise in salvo la reliquia, infatti il coraggioso frate si avvolse in un lenzuolo bagnato e si gettò tra le fiamme traendo in salvo la testa. Sembra che la causa dell’incendio fosse da ricercarsi nella combustione spontanea di una quantità di carbone posto a seccare sotto l’organo, secondo altri invece la causa stava nell’imprudenza di un sacrestano che aveva lasciato una candela accesa. In questa circostanza andò bruciato il corpo del beato Ambrogio Sansedoni.
Dal 1711 la Testa venne collocata in un’urna dono dell’illustrissimo Pietro Biringucci Maestro di camera del Gran Principe di Toscana Cosimo III; opera di Giuseppe Piamontini, orafo fiorentino dell’epoca fino ad allora la reliquia della Testa era custodita in un busto d’argento. Il 3 maggio del 1609 dopo la consueta processione, gli abitanti di Fontebranda, tentarono di impossessarsi della reliquia per tenerla definitivamente nel loro rione; ci furono diverse ore di tafferugli finché non intervenne il Collegio di Balia che, dopo aver ristabilito l’ordine fece riportare la Sacra Testa in San Domenico.
Nel 1796 La testa venne trasferita in Duomo e precisamente sull’altare di San Tommaso presso la libreria Piccolomini, poiché un forte terremoto aveva danneggiato la Basilica di san Domenico nella quale vi fece ritorno solo nel 1806 in occasione della domenica in Albis. La Sacra Testa venne portata in processione nel 1857 in occasione della visita di Papa Pio IX e in quella occasione si dovette effettuare un restauro ad opera del professor Gaspero Mazzi; un ulteriore lifting avvenne nel 1904 e questa volta fu affidato ai professori, Spediacci, Biondi, Bianchi e Raimondi.
Nel 1931 l’allora podestà di Siena Fabio Bargagli Petrucci, fece rompere i sigilli e aprire la teca per far valutare ai professori, Mazzi, Raimondi, Lunghetti, Londini e Gori, le reali condizioni di essa, dopo di che dettero l’autorizzazione al trasporto della reliquia da San Domenico al Duomo; in questa occasione il professor Mazzi, coadiuvato dallo scultore Trapassi, eseguì numerosi rilievi cranio metrici e fotografie per la riproduzione della testa. Il 28 aprile 1940 la Sacra Testa fu portata in cattedrale in occasione dei festeggiamenti cateriniani che quell’anno si svolsero dal 14 al 28 aprile. L’occasione fu data dall’inizio della costruzione del Portico Votivo dei Comuni d’Italia, lavori subito interrotti a causa delle vicende belliche. Il resto è storia recente.
Nell’anno del XXV della proclamazione di Santa Caterina a Dottore della Chiesa Universale (1995), la plurisecolare festa senese dell’ottavario in Albis, ha offerto alla venerazione di tutti i fedeli, con l’esposizione in cattedrale, la reliquia della Sacra Testa (l’ottavario fu predicato dal domenicano Padre Alfredo Scarciglia). In questa occasione la Santa Reliquia fu portata in Cattedrale in forma privata. Per il Giubileo del 2000,invece la Sacra Reliquia fu portata in Cattedrale a spalla dai monturati (figuranti) delle Contrade del Drago e dell’Oca, per iniziativa dell’allora Arcivescovo Gaetano Bonicelli e del Parroco Padre Alfredo Scarciglia o.p.

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