Madonna della Provvidenza (Santuario Parrocchia)

Descrizione

Descrizione

Il Santuario della Beata Vergine della Provvidenza

 Origine del culto

“A tre chilometri circa, cioè a poco più di un miglio dal Castello di Piumazzo, la strada che da esso conduce a Bologna, si dipartisce mediante la via detta del Porretto.
Nell’angolo formato da queste due strade vi è un podere, di cui era proprietario il sig. Francesco Canelli, ed ora posseduto dai suoi eredi…
Circondato da un siepe il detto podere aveva nell’angolo suindicato un olmo vegeto e robusto il quale coi suoi frondosi e spessi rami piegatasi a foggia di padiglione sotto cui si vedeva una piccola e rozza immagine, ma devota e cara, di Maria Santissima in terra cotta, quale soglionsi comunemente vedere negli sbocchi delle vie, ivi poste dalla pietà dei fedeli a scampo e difesa dei viaggiatori.
Da quanto tempo ivi si trovasse l’immagine e chi l’avesse collocata non si ha memoria alcuna; quindi bisogna dire che ciò fosse avvenuto da molti anni.
Il culto che essa riscuoteva sino all’anno 1817 nulla aveva di speciale ma era quello comune che dai fedeli si presta a tutte indistintamente le immagini di Maria.
Nel detto anno avvenne cosa che scosse il popolo ad una speciale devozione, ad un culto straordinario verso la medesima: ed ecco in quale modo.
Sotto questa parrocchia di Piumazzo in una possessione del sig. Gabriele Monesi, segnata con il numero civico 907 abitava una famiglia ognomi nata Marcheselli.
Una povera donna di nome Annunziata Landuzzi di anni 32 affetta da un morbo reumatico e da febbre giaceva da due mesi immobile in un letto fra continui gemiti per il grande spasimo che provava alle gambe e alle ossa le quali parevale ardere in mezzo al fuoco.
Ora la misera non trovando alcun giovamento nelle cure umane, sentissi ispirata di ricorrere a Maria; perciò stabilì di visitare per tre volte la detta Immagine posta a distanza di oltre un chilometro da casa sua.
Impiegò nel viaggio molte ore e con enormi sforzi, sull’appoggio di stampelle, si trascinò sino alla sacra Immagine.
Quivi con gran fervore lungamente pregò e le parve di sentirsi alquanto sollevata dai suoi dolori.
Intanto essendosi sparsa la voce intorno di quel miglioramento, molti erano venuti all’Immagine per ottenere ciascuno anche per sé grazie e favori. Vi tornò piena di fiducia la seconda volta e parimenti, dopo lunga e fervorosa preghiera, provò un maggiore sollievo, il ché le fece concepire una forma di speranza di ottenere la terza volta una completa guarigione.
Ed ecco si vede arrivare con grande stento e fatica per la terza volta la povera Annunziata.
Allora tutti gli occhi degli astanti si rivolsero sopra di lei la quale giunta ai piè dell’olmo, come meglio poté s’inginocchiò e ringraziando Maria del notabile sollievo ricevuto, la pregò di  non lasciare dimezzata la sua grazia.
Vi fu un momento si silenzio universale e non si udiva che qualche voce di compianto e di preghiera, finché tutto ad un tratto, quella povera donna si alzò in piedi, si lasciò cadere le stampelle e gridò: “Sono guarita”.
La felice Annunziata lasciò appese all’albero le stampelle e lieta se ne tornò a casa dove poté intraprendere di nuovo i suoi lavori ed anche le fatiche della campagna non essendole rimasto che per qualche tempo un po’ di gonfiore ad una gamba”
Il fatto avvenne il 19 luglio 1817 come risulta da una lettera dell’allora arciprete don Giuseppe Cantelli, conservato nell’archivio parrocchiale, con la quale fu fatta debita relazione la Cardinal Opizzoni Arcivescovo di Bologna.

 

Erezione dell’oratorio

La fama dell’Immagine si sparse rapidamente nel circondario e vi fu tanto accorrere di gente stimolata dal ricambio di favori che sembrava concedere e si rafforzò ulteriormente a seguito del fatto che si riporta così come ci è stato tramandato.
“Tre disgraziati giovinastri, che si crede fossero giocatori, si fermarono nottetempo sotto l’albero a cui era appesa l’Immagine di Maria.
Invasati da furore infernale presero a scagliarle contro le più orrende bestemmie e uno di essi, non sapendo in qual modo sfogare la sua rabbia, prese un sasso e furibondo lo scagliò contro la sacra Immagine che, così colpita, cadde in sull’istante spezzata al suolo.
All’apparire del giorno cominciò il solito concorso di devoti e videro qua e là sparsi i frantumi della loro tanto venerata Immagine.
Giudicando fosse opera di mano sacrilega si diedero tosto a raccoglierli, piangendo, con diligenza i quali furono portati al sig. Francesco Canelli, che si recò immediatamente a Bologna da quelli che erano dell’arte e li fece connettere a perfezione finché venne di nuovo esposta alla comune venerazione”.
Da quel giorno in poi il colono Natalini tutte le sere la portava seco in casa ad affinché non avesse più a ripetersi un fatto tanto deplorevole il sig. Canelli si assunse di erigere a sue spese un oratorio nel luogo stesso dove sorgeva l’olmo.
L’oratorio venne inaugurato il 2 dicembre dello stesso anno 1817 e risultò non molto grande ma elegante nella sua semplice architettura che ricorda le volte a vela dell’ordine toscano.
L’anno seguente vi si aggiunge un elegante campanile sul quale furono collocate tre buone campane del peso complessivo di 366 libbre che costarono scudi romani 103,14.

Le grazie ricevute e il solenne Ottavario

In breve tempo il Santuario andò colmandosi di testimonianze e di grazie ricevute molte delle quali furono raccolte e conservate in disparte dopo la costruzione della nuova chiesa.
Sono numerose le tavolette in legno su cui appaiono, dipinti con tecnica spontanea e sincera ispirazione, episodi in cui si manifestò la benevolenza della Madonna verso persone sofferenti. Appaiono così ammalati che pregano dal loro letto di sofferenze, fedeli prostrati in ginocchio nel Santuario, cadute da cavallo o dalla carrozza ed altri eventi certamente spaventosi agli occhi di gente semplice di metà ottocento. Questi piccoli capolavori, espressione di un’arte veramente popolare, ci mostrano con tutta naturalezza squarci di vita passata, tratti di paesaggio, interni di abitazione, compresi gli arredi, che ci lasciano intendere il profondo sentimento che animava la mano degli esecutori.
Riemerge in tal modo l’intensa vita di fede che si svolse in quell’angolo pacifico della campagna di Piumazzo divenuto meta di pellegrinaggi da una vasta zona del circondario bolognese, in particolare da S. Giovanni in Persiceto, Calcara, Bazzano, Anzola, dalla vicina collina e da altre località oltre l’allora confine col territorio modenese.
Ei primi anni di vita del Santuario vennero istituite numerose feste che, ad onta della generale devozione, ebbero però breve vita.
Per questo motivo suscitò molta perplessità la proposta di istituire, partendo dall’anno 1874, un Ottavario solenne consistente nel trasportare processionalmente l’Immagine nella chiesa di Piumazzo all’alba della prima domenica di giugno per lasciarvela esposta fino al vespro della domenica seguente. L’Ottavario smentì ogni pessimistica previsione e divenne ben presto una delle feste più importanti della zona con grande affluenza di fedeli. Nel 1911 don Vancini scriveva: “…mentre il suono delle campane echeggiante d’ogni intorno per la rigogliosa pianura risponde festosamente ai sacri canti ed al concerto di religiose armonie una moltitudine sterminata procede ed accompagna in devoto corteggio, col cero acceso nelle mani, la rozza immagine della Beata Vergine che, levata dal proprio modesto oratorio, viene portata, come in un trionfo, per il percorso di circa tre chilometri al tempio parrocchiale.”
Momento centrale dell’Ottavario, il mercoledì è giorno di Cresime, della solenne processione per le strade del paese, della Benedizione di Maria Santissima e della festa serale che si conclude con i tradizionali fuochi artificiali.
Ancora oggi, seppur in parte mutato dal passare del tempo, l’Ottavario rimane una festa che ha conservato nell’essenza la struttura originale di un tempo, con cerimonie solenni, processioni affollate e rappresenta per la parrocchia di Piumazzo il momento di vita spirituale tra i più intensi dell’anno liturgico.

La casa per il custode, poi canonica

“dolorosamente ammaestrati i Piumazzesi del rinnovarsi troppo frequente di sacrileghi attentati e più ancora dal recentissimo trafugamento della S. Immagine come si imponesse la sollecita erezione di una casa contigua all’oratorio, a dimora abituale del custode, in difesa della medesima Immagine, dei doni tutti e delle sacre suppellettili, ne decisero finalmente la costruzione, tante volte dinanzi vagheggiata. Matteo Aureli, devotissimo della Vergine Maria, col concorso di generose persone e dei coloni che si prestarono gratuitamente per i carreggi, in pochi mesi sorsi la bella fabbrica, iniziata nell’estate del 1882, sicché, nell’ottobre dell’anno seguente, il sacerdote custode dell’oratorio si trasferiva dalla misera precaria abitazione nella nuova decorosa residenza.”

La nuova chiesa

La costruzione della nuova chiesa fu tenacemente perseguita da don Antonio Righetti che, nominato Rettore nel 1913, la resse per cinquant’anni.
All’inizio la principale difficoltà fu, come al solito, il reperimento dei fondi tanto più che da poco era stata ultimata la costruzione della chiesa parrocchiale di Piumazzo che aveva fortemente impegnato le risorse e le energie del paese.
Un contributo fondamentale venne dal sig. Beniamino Ferrarini compianto Compatrono del Santuario che, datone l’assenso, assicurò il suo appoggio e concorso e dall’ingegner Carlo Baietti che fornì il progetto e la direzione lavori.
Furono poi gli abitanti del luogo che, racimolando preziose offerte e fornendo gratuitamente manodopera e materiali, permisero di proseguire l’erezione del nuovo tempio con rapidità, come se un nuovo miracolo si avverasse in quel luogo santo.
Il 25 marzo dell’anno successivo la chiesa fu aperta al culto nella sua svelta ed armoniosa composizione neoromanica, un alternarsi di luminose tinte e perfette decorazioni in laterizio, eseguite maestosamente dal capomastro Ercole Zirotti e dal mastro muratore Valentino Tartarini.Il 25 marzo 1927 fu posta la prima pietra e fu sotterrata sotto la prima colonna del presbiterio una lettera che riporta la data e i nomi dei promotori, benedetta dall’allora arciprete di Piumazzo don Ulisse Turilli.
Qui fu trasportata l’Immagine, all’interno di una semplice ma graziosa edicola marmorea,  mentre la nicchia del vecchio Oratorio venne arricchita da un prezioso mosaico raffigurante il Sacro Cuore di Gesù, opera del maestro veneziano Costerman.

di Stefano Tampieri

Fonte: https://www.parrocchiapiumazzo.com/santuario-m-d-provvidenza/la-storia-del-santuario/

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