Descrizione
San Giovanni d’Andorno è uno dei pochissimi Santuari dedicati a San Giovanni Battista in Italia (e forse in Europa). Il più antico documento risale al 1512 e si riferisce a San Giovanni Battista della balma (grotta, caverna, spelonca), dove tuttora è conservata la statua lignea del Santo, ma il culto di San Giovanni ha origini più remote; si tramanda che la statua del Precursore fosse stata più volte dai pastori spostata agli alti pascoli e che ritornasse sempre nella grotta. Diversi tentativi analoghi ebbero, secondo la leggenda, lo stesso esito: così i fedeli riconobbero il carattere sacro e miracoloso della grotta e costruirono attorno ad essa una prima modesta cappella.
La sua realizzazione, nelle forme attuali, avviata a partire dai primi anni del Seicento e proseguita fino ai primi decenni del Novecento, è il risultato del lavoro di generazioni di valligiani, della generosità di molte persone abbienti che legarono all’Ospizio parte delle loro fortune e dell’intuizione di coloro che, confidando nei valori della solidarietà, dell’istruzione e dell’unione tra gli abitanti, ne fecero il luogo di riferimento morale e civile per tutta la popolazione e per le stesse istituzioni pubbliche della Valle.
Tra il 1602 ed il 1606 si diede inizio alla costruzione della chiesa, sull’antico e preesistente sacello del Precursore, ampliata nella sacrestia e nel coro su disegno dell’architetto Bernardo Vittone e sopralzata nel 1742, contemporaneamente al fabbricato della rettoria. Fra il 1608 ed il 1776 sorsero gli edifici attorno al piazzale: alloggi per i pellegrini, bar, ristorante, albergo, negozio ed il fabbricato della scuola. Nel 1625 furono costruite le cinque cappelle (in origine erano sei) costituenti il Sacro Monte e dedicate ai Santi eremiti e penitenti, disposte lungo la pedonale “Ortüsc” da Campiglia Cervo.
Il piazzale superiore è del 1740, poi risistemato nel 1890 con la gradinata e il piazzale inferiore. In adiacenza sono poi sorte nei secoli passati le altre costruzioni, fino a creare l’attuale impianto planimetrico a schema aperto, con affaccio sul fondovalle. Nel 1608 furono realizzate la rettoria e in posizione contrapposta l’hosteria (attuale ristorante). Nel 1680 Carlo Emilio San Martino di Parella, marchese di Andorno, fece costruire il grande fabbricato, posto sul lato orientale di accesso all’Ospizio, che nel 1713, grazie alla munificenza del notaio Giovanni Battista Accati, divenne sede delle scuole unificate della Valle e poi collegio maschile, chiuso nel 1935. Nel 1718, su progetto dell’impresario Tommaso Romano, fu ampliata l’hosteria con un nuovo fabbricato adibito a palazzo dei religiosi e utilizzato per i pellegrini e gli esercizi spirituali. Nel 1766 si completò la saldatura sul lato nord tra gli edifici per l’ospitalità e la chiesa, con la creazione dell’ala dei pellegrini.
Alla fine dell’Ottocento fu avviato un lavoro di sbancamento del piazzale inferiore, che fino ad allora presentava una pendenza pressoché costante, dal portone di accesso al sagrato della chiesa e furono realizzati lo scalone e i due livelli attuali.
Solo nel 1934, quando ormai l’attività della scuola e del collegio si avviavano alla chiusura definitiva, con il lascito di Roberto Martinazzi di Quittengo fu costruita la palestra e ampliato nelle forme odierne il piazzale inferiore.
La caratteristica fontana con vasca a pianta ottagonale (burnel), con pila centrale, già realizzata nella prima metà del Seicento,fu rifatta nel 1789 e spostata nella posizione attuale quando, nel 1934, si ampliò il piazzale.
Il campanile, ubicato nella faggeta e in posizione isolata, da dove la sua voce si sente in quasi tutti i cantoni dell’Alta Valle, possiede probabilmente la più grande e pesante campana del Biellese (da cui “Campanun”), fusa sul posto nel 1764 da una precedente campana. A valle del campanile il cimitero edificato nel 1842 e il Parco della Rimembranza realizzato negli anni ’20 del Novecento.
LA CHIESA
Della chiesa si hanno notizie dalla Visita Pastorale del 1602 che la descrive a semplice navata con tre altari dedicati al Battista e con una statua lignea del Santo che battezza Gesù. In quegli anni si diede corso al nuovo edificio, la cui facciata a frontone in pietra locale presenta l’architrave del portale, la statua del Santo e un doppio cordolo orizzontale, attraversante l’intero prospetto con libere parafrasi latine di passi evangelici che richiamano San Giovanni Battista; sono in marmo bianco della cava del Mazzucco in Val Sorba.
Dal 1742 al 1747 la basilica venne completamente riprogettata dall’architetto Bernardo Vittone, coadiuvato dall’ingegner Mazzone, che la arricchì delle sacrestie e del coro, e la elevò con la nuova volta e il tetto dalle possenti capriate. Sono di questo periodo le balaustre delle due tribune, il rifacimento dell’intera navata, la pavimentazione del coro in lastre bianche di marmo del Mazzucco alternate ad altre scure, i sepolcri interrati dei religiosi e dei benefattori, il credenzone della sacrestia e i confessionali scolpiti e intarsiati di scuola valsesiana. Di epoca precedente, del tardo Cinquecento o dei primi del Seicento, sono invece la scultura lignea dipinta del Battesimo di Cristo, già sull’altare maggiore della prima chiesa, e le due statue di legno dipinto e dorato raffiguranti la Madonna e San Giovanni Evangelista, poste con un antico crocifisso sull’altare maggiore e facente parte del gruppo scultoreo del Battesimo di Cristo.
La chiesa, in stile barocco a unica navata, con volte a botte, ha due cappelle su ogni lato unite l’una all’altra da un breve corridoio. Oltrepassata la porta esterna, si trovano, sulla destra, le cappelle di San Zaccaria, padre del Precursore, e di San Giuseppe, padre putativo di Gesù, e sulla sinistra quelle di Santa Elisabetta, madre del Precursore, e di Maria Santissima Immacolata, madre di Gesù. La copertura è formata da vele e cupola e contiene opere pregevoli di alcuni tra i maggiori artisti e artigiani biellesi e valsesiani settecenteschi: quella sopra l’altare, con le figure dei quattro evangelisti, fu affrescata dai Fratelli Galliari di Andorno. Le tele che ornano la chiesa testimoniano la rilevanza avuta dagli artisti locali. Giovanni Antonio Cucchi della borgata Gliondini di Campiglia Cervo dipinse le tele poste sui due altari di sinistra, tra cui la pregevole pala con lo Sposalizio mistico di Santa Caterina. Tra gli altri artisti presenti gli ebanisti Carlo Francesco Auregio e Pietro Antonio Serpentiero. Oltre alla pietra locale si fece molto uso di marmo bianco proveniente dalla cava del Mazzucco in territorio di Rassa (Valsesia); sono di questo materiale gli architravi, i pavimenti del coro e le pile dell’acqua santa, una delle quali datata 1585.
Sempre sulla sinistra, all’interno della Cappella di Santa Elisabetta, in una nicchia, è ricavata la vasca battesimale. Sull’altare della sacrestia, con ancona in legno, scolpito nel 1736 da Carlo Gaspare Serpentiero di Sagliano, e sul contraltare dipinto nel 1782 dal pittore Lace di Andorno, vi è una tela seicentesca raffigurante la deposizione dalla Croce, attribuita a Bernardino Galliari. Sulla parete lato sud, entro una nicchia, si trova un artistico lavamani in pietra, opera di uno scalpellino di Favaro.
LA GROTTA DEL SANTO
La grotta scavata nella pietra decomposta che scende dal versante orientale della borgata Bussetti costituisce l’originario luogo di preghiera, di epoca più antica, ma non definibile temporalmente. Contenente una statua lignea di San Giovanni Battista del Cinquecento, costituisce ancor oggi un sacro sacello, posto all’interno del santuario in una cappella che si apre sulla destra all’inizio della navata.
La grotta e la statua evocano il leggendario ritrovamento che subito guadagnò fama al sito per le qualità taumaturgiche attribuite all’acqua che filtra dalle pareti della grotta (ritenuta miracolosa soprattutto per le malattie della vista).
La tradizione di devozione popolare è testimoniata da un’interessante collezione di ex voto realizzati a partire dall’inizio del Settecento. La prima costruzione del santuario, avvenuta grazie alle donazioni dei tanti fedeli, si completò nel 1605: essa è testimoniata dalla data che compare in un’iscrizione posta sul frontone del portale d’ingresso (HUMILES NON ELATI REPLEBUNT TEMPLUM DXX. M. IV 1605). L’afflusso dei fedeli che si recavano in processione al Santuario in virtù dei poteri miracolosi attribuiti al Santo sacello fu subito assai nutrito, tanto che si rese presto necessario provvedere alla costruzione dei primi edifici, attigui alla chiesa, destinati all’ospitalità dei pellegrini.
Nella seconda metà del Seicento vennero edificate anche, nei pressi della chiesa, alcune cappelle. La grotta originaria è stata compresa nelle varie chiese che, a partire dal Cinquecento, si sono succedute ed è accessibile dalla basilica subito dopo l’ingresso di destra, oltre che da un breve passaggio dall’attigua cappella di San Zaccaria. Le condizioni di semioscurità dell’ambiente, la pavimentazione in lastre di pietra grezza e le stesse pareti con la volta irregolare, anche se parzialmente modificate nel tempo con materiali e colorazioni che ne hanno in parte compromesso il carattere naturale originario, la rendono un luogo di raccoglimento suggestivo che invita alla preghiera e alla meditazione.
fonte: http://santuariosangiovanni.it/la-storia/
foto di Cinzia Tasso
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